Ecommerce diretto – IVA e fatturazione in Italia da parte di operatore UE

L’Ecommerce diretto ha per oggetto lo scambio di beni immateriali o digitalizzati, in cui l’intera transazione commerciale, inclusa la produzione e la consegna del bene, avviene per via telematica. Le norme comunitarie ne propongono una casistica esemplificativa contenuta nell’Allegato II (1) della Direttiva 2006/112/CE e successive modifiche ed integrazioni.

In base all’art. 56, lettera K, della Direttiva 2006/112/CE il luogo delle prestazioni di servizi prestati per via elettronica, segnatamente quelli di cui Allegato II alla stessa Direttiva (1) , forniti a destinatari stabiliti fuori della Comunità o a soggetti passivi stabiliti nella Comunità ma fuori del paese del prestatore, è quello in cui il destinatario ha stabilito la sede della sua attività economica o dispone di una stabile organizzazione per la quale è stata resa la prestazione di servizi o, in mancanza di tale sede o stabile organizzazione, il luogo del suo domicilio o della sua residenza abituale.

L’articolo 7, paragrafo 1, del Reg. UE 282/2011 del 15 marzo 2011 stabilisce che i «servizi prestati tramite mezzi elettronici», di cui alla direttiva 2006/112/CE, comprendono i servizi forniti attraverso Internet o una rete elettronica e la cui natura rende la prestazione essenzialmente automatizzata, corredata di un intervento umano minimo e impossibile da garantire in assenza della tecnologia dell’informazione.
Sono espressamente esclusi dall’Ecommerce diretto le tipologie di servizio elencate dall’articolo 7, paragrafo 3, Reg. UE 282/2011 del 15 marzo 2011 ed i servizi di tele-radio diffusione e telecomunicazione
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Il principio generale di tassazione è quello per cui l’IVA deve essere scontata nel Paese di destinazione dei beni immateriali, non assume alcun rilievo la distinzione tra committente soggetto passivo (B2B) piuttosto che privato (B2C) e neanche la residenza, all’interno della UE o extra UE.

Le pratiche operative con cui viene assolta l’imposta nel Paese di residenza del committente variano in base dello status giuridico rivestito: imprenditore o privato.

Nel caso in cui il committente è un soggetto passivo l’imposta sarà da questo assolta tramite il meccanismo del reverse charge .

Per i committenti privati sarà lo stesso prestatore a dover assolvere l’imposta tramite l’identificazione diretta, la nomina del rappresentate fiscale oppure il regime del MOSS (Mini One Stop Shop o Mini Sportello Unico).

Le transazioni relative al commercio elettronico diretto, non godono dell’esonero dall’obbligo di emissione della fattura, previsto per il commercio elettronico indiretto B2C,  ai sensi dell’art. 22 D.P.R. n. 633/1972, e dunque, ove territorialmente rilevanti ai fini IVA in Italia, sono soggette all’obbligo di fatturazione, nei termini di cui all’art. 6, comma 3, del D.P.R. n. 633/1972, ossia avuto riguardo al momento del pagamento del corrispettivo.

Nella risposta all’interrogazione parlamentare n. 5-03615 del 24.09.2014, l’Agenzia delle Entrate ha ribadito che le operazioni di commercio elettronico “diretto” (cd. “servizi di e-commerce”), ove territorialmente rilevanti ai fini IVA in Italia, sono soggette all’obbligo di fatturazione, nei termini di cui all’art. 6, comma 3, del D.P.R. n. 633/1972, ossia avuto riguardo al momento del pagamento del corrispettivo.

In relazione alle novità in vigore dal 01.01.2015, nella “Relazione della Commissione al Consiglio relativa alla Direttiva n. 2008/8/CE, ha raccomandato agli Stati membri di esonerare dall’obbligo di emissione della fattura le prestazioni di servizi relative al commercio elettronico diretto rientranti nell’ambito di applicazione del MOSS (Mini One Stop Shop).

In linea con questa raccomandazione, nel Decreto Legislativo 31 marzo 2015, n. 42 (Attuazione della direttiva 2008/8/CE) all’art. 2, comma 2, è stato previsto espressamente l’esonero dagli obblighi di cui al Titolo II del D.P.R. n. 633/1972 (fatturazione, registrazione, ecc.) per le imprese che aderiscono al MOSS.

Nessuna deroga è, invece, prevista per i servizi digitali resi nei rapporti “B2B”, che restano soggetti all’obbligo di emissione della fattura (art. 21, comma 6-bis, del D.P.R. n. 633/1972).

Nel caso di nomina di un rappresentante fiscale, il rappresentante fiscale del soggetto cedente UE è tenuto a fatturare l’operazione al soggetto privato italiano applicando Iva italiana.

Da un punto di vista della fatturazione del rappresentante fiscale, questi emetterà fattura imponibile IVA, e la registrerà nel proprio sezionale di vendita italiano.

Il cedente UE, non avendo stabile organizzazione in Italia, farà concorrere quella fattura alla determinazione del reddito nel proprio Paese di residenza.

Ecommerce indiretto B2C – IVA e fatturazione in Italia da parte di operatore UE

Nell’Ecommerce indiretto si attua uno scambio di beni.

A seconda della soggettività del cessionario possiamo avere:

  • B2B, nel caso di soggetto imprenditore (Business to Business);
  • B2C, nel caso di soggetto privato (Business to Consumer).

Nell’Ecommerce indiretto B2C le cessioni (beni mobili eseguite nei confronti di privati consumatori) sono assoggettate ad IVA nel Paese di residenza del cedente se non sono superate le soglie di fatturato su base annua stabilite dai vari Paesi UE.

Le Soglie annuali di vendita a distanza dell’UE sono:

Austria € 35.000
Belgio € 35.000
Bulgaria BGN 70.000
Croazia 270.000 HRK
Cipro € 35.000
Repubblica Ceca 1.140.000 CZK
Danimarca 280.000 DKK
Estonia € 35.000
Finlandia € 35.000
Francia € 35.000
Germania € 100.000
Grecia € 35.000
Ungheria 8.800.000 HUF
Irlanda € 35.000
Italia € 35.000
Lettonia € 35.000
Lituania € 35.000
Lussemburgo € 100.000
Malta € 35.000
Olanda € 100.000
Norvegia N / A
Polonia 160.000 PLN
Portogallo € 35.000
Romania RON 118.000
Slovacchia € 35.000
Slovenia € 35.000
Spagna € 35.000
Svezia 320.000 SEK
Svizzera N / A
Regno Unito £ 70.000

 

Quindi nel caso di B2C verso consumatori privati italiani, superata la soglia di € 35.000, le cessioni sono assoggettate ad Iva in Italia ed il il venditore comunitario si troverà a dover adempiere l’obbligazione tributaria tramite l’identificazione diretta oppure la nomina del rappresentate fiscale.

La disciplina del rappresentante fiscale è dettata dall’articolo 17 D.P.R. n. 633/1972, comma 3: “[…] Nel caso in cui gli obblighi o i diritti derivanti dalla applicazione delle norme in materia di imposta sul valore aggiunto sono previsti a carico ovvero a favore di soggetti non residenti e senza stabile organizzazione nel territorio dello Stato, i medesimi sono adempiuti od esercitati, nei modi ordinari, dagli stessi soggetti direttamente, se identificati ai sensi dell’articolo 35-ter, ovvero tramite un loro rappresentante residente nel territorio dello Stato […]”

Il rappresentante fiscale e’ soggetto a tutti gli obblighi previsti dalla normativa IVA per i soggetti residenti e gode dei medesimi doveri e diritti: fatturazione, liquidazione, versamento, detrazione, dichiarazione annuale, etc.

In questo caso la cessione è rilevante ai fini IVA in  Italia e va trattata come una cessione interna e, secondo noi, dal punto di vista pratico, ai fini Iva vanno applicate le relative norme interne anche in tema di fatturazione.

Il commercio elettronico “indiretto”, ai fini Iva, rappresenta una cessione di beni. In particolare, tale tipologia di commercio, a differenza del commercio elettronico diretto, è assimilato alle vendite per corrispondenza, di conseguenza, ai fini della fatturazione vale la regola stabilita dall’articolo 22, comma 1, n. 1) D.P.R. 633/1972, secondo cui, l’emissione della fattura non è obbligatoria, se non è richiesta dal cliente non oltre il momento di effettuazione dell’operazione.

Quindi nel caso la fattura non sia richiesta dal cliente italiano il rappresentante fiscale del soggetto cedente UE:

  • non è obbligato ad emettere fattura;
  • trovano applicazione anche le disposizioni di cui all’articolo 2, comma 1, lettera oo) D.P.R. 696/1996, secondo cui per tali operazioni, qualificabili ai fini Iva come interne, non sussiste nemmeno obbligo di emettere ricevuta/scontrino fiscale.

Rimane obbligatoria:

  • l’annotazione dell’operazione di vendita sul registro dei corrispettivi;
  • l’istituzione, insieme al registro dei corrispettivi, del registro delle fatture emesse di cui all’articolo 23 D.P.R. 633/1972 nel caso in cui sia stata emessa fattura;
  • l’obbligo di accompagnare la merce venduta con documento di trasporto (DDT).

L’Agenzia delle entrate con la risoluzione 274/E/2009 ha evidenziato che, seppur non sussista obbligo di fatturazione, chi esercita l’attività di vendita di beni online deve tener conto della possibilità che il contribuente restituisca la merce ricevuta (c.d. resi). Mancando la fattura, il venditore non può emettere la nota di variazione (articolo 26 D.P.R. 633/1972) poiché manca la fattura di riferimento da rettificare. In tale ipotesi, secondo quanto indicato in tale documento di prassi, per poter procedere con il “recupero” dell’Iva derivante dal reso del bene ceduto mediante commercio elettronico indiretto, il soggetto cedente deve fornire la documentazione che consenta di individuare gli elementi necessari a correlare la restituzione al medesimo bene risultante dal documento, che la società è tenuta a conservare, probante l’acquisto originario, quali:

  • le generalità del soggetto acquirente;
  • l’ammontare del prezzo rimborsato;
  • il “codice” dell’articolo oggetto di restituzione;
  • il “codice di reso” (quest’ultimo deve essere riportato su ogni documento emesso per certificare il rimborso).

Tuttavia, sotto il profilo operativo, la nota di variazione può essere emessa solo a fronte di cessione di beni per le quali si stata emessa la fattura, mentre per le operazioni soggette al rilascio dello scontrino/ricevuta fiscale è necessario rinviare alle disposizioni di cui all’articolo 12 D.M. 23.03.1983, che prevede, tra l’altro, l’indicazione nello scontrino fiscale di “eventuali rimborsi per restituzione di vendite o imballaggi cauzionati” (risoluzione 86/E/2007).

La stessa Agenzia delle entrate, con la risoluzione 219/E/2003, ha chiarito che oltre agli adempimenti Iva è necessario che dalle risultanze delle scritture ausiliare di magazzino, correttamente tenute, sia possibile verificare la movimentazione fisica del bene reinserito nel circuito di vendita.

Nel caso la fattura sia richiesta dal cliente italiano il rappresentante fiscale del soggetto cedente UE è tenuto a fatturare l’operazione al soggetto privato italiano applicando Iva italiana.

Da un punto di vista della fatturazione del rappresentante fiscale, questi emetterà fattura imponibile IVA, e la registrerà nel proprio sezionale di vendita italiano.

Il cedente UE, non avendo stabile organizzazione in Italia, farà concorrere quella fattura alla determinazione del reddito nel proprio Paese di residenza.

Poniamo il caso che la merce venga preventivamente introdotta in Italia per esigenze del cedente UE.

Siamo in presenza di un passaggio della merce dal cedente Ue alla sua rappresentanza fiscale italiana.

Si tratta di una cessione intracomunitaria tra operatore UE cedente ed il proprio rappresentante fiscale.

Il Rappresentante fiscale riceve fattura dal proprio cedente UE, sulla quale deve operare in reverse charge.

Questo al fine di effettuare gli adempimenti legati alla disciplina IVA.

In questo caso, però, sarà doveroso esaminare anche, di volta in volta (in base alla disponibilità di un magazzino, alle modalità di gestione dell’attività in Italia, ecc.),   se siamo in presenza di una stabile organizzazione.