Tassazione degli utili rinvenienti da un GEIE (Gruppo Europeo di Interesse Economico) non residente

L‘art. 40 del Regolamento (CEE) n. 2137/85 del Consiglio del 25 luglio 1985 relativo all’istituzione di un gruppo europeo di interesse economico (GEIE) recita: “Il risultato delle attività del gruppo è soggetto ad imposta soltanto tramite imposizione a carico dei singoli membri”.

La disciplina fiscale del GEIE, quindi,  è ispirata al principio di trasparenza. Il risultato dell’attività del GEIE , sotto il profilo tributario, non rileva quale reddito del GEIE, bensì quale reddito dei singoli partecipanti, venendo, di conseguenza, tassato in campo agli stessi.

A conferma, l‘art. 21 del Regolamento (CEE) n. 2137/85 dispone: “Il profitti risultanti dalle attività del gruppo sono considerati come profitti dei membri e ripartiti tra questi ultimi secondo la proporzione prevista nel contratto di gruppo o, nel silenzio del contratto, in parti uguali.”

L’art. 11 del Decreto legislativo del 23/07/1991 n. 240 (Norme per l’applicazione del regolamento n. 85/2137/CEE, relativo all’istituzione di un gruppo europeo di interesse economico Geie, ai sensi dell’art. 17 della L. 29 dicembre 1990, n. 428. Pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 182 del 5 agosto 1991) recita:
“1. Il GEIE non e’ soggetto all’imposta sul reddito delle persone fisiche, all’imposta sul reddito delle persone giuridiche e all’imposta locale sui redditi.
2. Il GEIE residente nel territorio dello Stato e quello non residente
avente nello Stato una stabile organizzazione debbono presentare la
dichiarazione dei redditi agli effetti dell’imposta sul reddito delle
persone fisiche, dell’imposta sul reddito delle persone giuridiche e
dell’imposta locale sui redditi dovute dai membri del Gruppo, secondo le disposizioni contenute nel titolo I del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, etenere le scritture contabili prescritte nel titolo II del decreto stesso.
3. Il GEIE e’ obbligato altresi’ ad effettuare le ritenute previste nel
titolo III del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ed a presentare la
dichiarazione di cui all’art. 7 del decreto stesso.
4. I redditi e le perdite del GEIE, determinati secondo le disposizioni del Testo Unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre1986, n. 917, sono imputati a ciascun membro, agli effetti delle imposte ivi indicate, indipendentemente dall’effettiva percezione, nella proporzione prevista nel rispettivo contratto di gruppo o, in mancanza, in parti uguali.  Ai fini dell’applicazione della imposte nei confronti dei soggetti non residenti nel territorio dello Stato si considerano prodotti nel territorio stesso i redditi e le perdite imputati ai membri non residenti.
5. Le ritenute subite dal GEIE sono comunque a titolo di acconto e si
scomputano dall’imposta personale dovuta da ciascun membro.
6. La quota di reddito o di perdita derivante ai soggetti residenti dalla partecipazione in un GEIE non residente nel territorio dello Stato concorre alla formazione del reddito complessivo ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche o del reddito delle persone giuridiche. Si applicano le disposizioni degli articoli 15 e 92 del Testo Unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.”

Come si vede l’art. 11 del Dlgs. n. 240 del 1991 conferma “la trasparenza fiscale” del GEIE.

In base al comma 6 la quota di reddito o di perdita derivante ai soggetti residenti dalla partecipazione in un GEIE estero concorre, ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche o del reddito delle persone giuridiche, alla formazione del reddito complessivo.

Più complesso è l’esame dell’aspetto dichiarativo dei redditi derivanti dalla partecipazione ad un GEIE non residente nel territorio dello Stato.

Avuto riguardo al Modello REDDITI Persone Fisiche 2019,
Periodo d’imposta 2018, le istruzioni al Quadro RH,  Redditi di partecipazione in società di persone e assimilate, dispongono che:  il Quadro RH deve essere utilizzato dalle persone fisiche, membri di Gruppi Europei di Interesse Economico (GEIE) residenti nel territorio dello stato o, se non residenti, con stabile organizzazione nel territorio dello Stato. I redditi o le perdite sono imputati a ciascuno dei membri del Gruppo Europeo di Interesse Economico (GEIE) nella proporzione prevista dal contratto di gruppo o, in mancanza, in parti uguali.

Le istruzioni al Modello REDDITI Persone Fisiche non considerano esplicitamente in nessun punto il caso di redditi rinvenienti da GEIE no residenti in Italia e privi di stabile organizzazione nel territorio dello Stato.

Le istruzioni alla Sez. I-A – Redditi di capitale – dispongono che: “la prima sezione deve essere utilizzata per la dichiarazione degli utili che concorrono a formare il reddito complessivo del contribuentederivanti dalla partecipazione al capitale di società ed enti esteri di ogni tipo percepiti nel 2018, senza avere riguardo al momento in cui è sorto il diritto a percepirli.

Le istruzioni alla Sez. I-A del Quadro RL considerano gli utili che concorrono a formare il reddito complessivo del contribuente sono  in accordo con il comma 6 dell’art. 11 del Dlgs. n. 240 del 1991 che dispone che la quota di reddito o di perdita derivante ai soggetti residenti dalla partecipazione in un GEIE non residente nel territorio dello Stato concorre alla formazione del reddito complessivo ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche o del reddito delle persone giuridiche.

Invece c’è un’evidente contraddizione considerando  il momento impositivo.

L’art. 11 del Dlgs. n. 240 del 1991  dispone che i redditi e le perdite del GEIE sono imputati a ciascun membro, indipendentemente dall’effettiva percezione, nella proporzione prevista nel rispettivo contratto di gruppo o, in mancanza, in parti uguali,  invece le  istruzioni alla Sez. I-A, considerano gli utili percepiti, senza avere riguardo al momento in cui è sorto il diritto a percepirli.

Quindi ricomprendere i considerati redditi tra quelli di cui alla Sez. I-A  porterebbe ad un’evidente disparità di trattamento, al riguardo del momento impositivo, tra i redditi delle GEIE residenti, o non residenti, ma con stabile organizzazione in Italia, e quelli di GEIE estere prive di stabile organizzazione in Italia.

Le istruzioni alla Sez. V del quadro M – Redditi di capitale soggetti ad imposizione sostitutiva – dispongono che nella Sezione V vanno indicati i redditi di capitale di fonte estera, diversi da quelli che concorrono a formare il reddito complessivo del contribuente (che vanno dichiarati nel quadro RL, sez. I), percepiti direttamente dal contribuente senza l’intervento di intermediari residenti.

Quindi, in base ad un parere personale, l’unico Quadro del Modello Redditi Persone Fisiche che sembrerebbe rispondere al dettato del comma 6 del Dlgs. 240/1991 è il Quadro RH.

Alla medesima conclusione si potrebbe giungere considerando la “trasparenza fiscale” della GEIE dettata dall’art. 40 del Regolamento (CEE) n. 2137/85.

Per quanto attiene il reddito delle società di capitali gli utili derivanti da un GEIE non residente nel territorio dello Stato, a nostro parere, non possono essere ricompresi tra quelli di cui all’art. 89, terzo comma, del TUIR, dichiarati tra le variazioni in diminuzione del reddito al rigo 47 del quadro RF, in quanto si andrebbe contro il dettato del sesto comma dell’art. 11 del Dlgs. n. 240 del 1991 che prevede esplicitamente che la quota di reddito derivante ai soggetti residenti dalla partecipazione in un GEIE non residente nel territorio dello Stato concorre alla formazione del reddito complessivo ai fini dell’imposta sul reddito delle persone giuridiche.

Conduit companies – Tassazione degli utili provenienti da società residenti in stati a fiscalità privilegiata

Un esempio di international tax planning “elusivo”, è l’utilizzo di conduit companies (definite anche strutture-ponte)società utilizzate per convogliare flussi di reddito da Stati ad alta tassazione a Stati a bassa tassazione. Sostanzialmente una società residente in uno Stato “a” controlla una società residente nello Stato “b”, non acquistando partecipazioni, ma creando un’intermediaria ad hoc nello stato “c”, la conduit company, di solito “sfruttando” le “opportunità” che derivano dai trattati bilaterali tra i vari stati e dai diversi livelli di tassazione.

Nell’ambito delle conduit companies possiamo distinguere:

  • le direct conduits;
  • le stepping stones, nella “stepping stones structure” vengono create due società-ponte e lo “schema” prevede quattro Stati invece di tre. Di solito la prima conduit sostiene alte spese sotto forma di interessi, royalties e management fees a favore di una seconda società conduit ubicata in un altro Stato che beneficia di un regime fiscale di tassazione favorevole per queste tipologie di ricavi. In questo modo si realizza una forma di international tax planning   data dalla combinazione di una attività di formazione dei profitti ove si trova la società stepping stone e di estrazione del reddito nello Stato ove si trova la società che paga interessi, royalties e altre spese;
  • le holding structures in cui le partecipazioni societarie vengono strutturate entro soglie che consentano di “sfruttare al meglio” le norme fiscali dei vari Stati.

Poniamo che uno Stato colpisca gli utili provenienti da Stati a fiscalità privilegiata, una conduit company, posizionata in un terzo Stato a fiscalità ordinaria ,  potrebbe essere utilizzata per “convogliare” gli utili ed aggirare la norma.

A questo proposito esaminiamo l’articolo 89 del T.U.I.R..

Il comma 2  dell’articolo 89 del T.U.I.R. prevede che gli utili distribuiti, in qualsiasi forma e sotto qualsiasi denominazione,anche nei casi di cui all’articolo 47, comma 7, dalle società ed enti di cui all’articolo 73, comma 1, lettere a), b) e c) non concorrono a formare il reddito dell’esercizio in cui sono percepiti in quanto esclusi dalla formazione del reddito della società o dell’ente ricevente per il 95 per cento del loro ammontare (con la dicitura “utili distribuiti”, si prevede, ai fini IRES, l’imposizione per cassa).

Ai sensi del comma 3modificato dall’art. 5 del  Decreto legislativo del 29/11/2018 n. 142 (in vigore dal 12/01/2019), verificandosi la condizione dell’articolo 44, comma 2, lettera a), ultimo periodo,  l’esclusione da tassazione nella misura del 95%, si applica agli utili provenienti  dalle società e gli enti di ogni tipo, compresi i trust, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato, solo se:

  • diversi da quelli residenti o localizzati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato individuati in base ai criteri di cui all’articolo 47-bis, comma 1 (1)
  • o, se ivi residenti o localizzati, sia dimostrato, anche a seguito dell’esercizio dell’interpello di cui al medesimo articolo 47-bis, comma 3, il rispetto, sin dal primo periodo di possesso della partecipazione, della condizione indicata nel medesimo articolo, comma 2, lettera b).

Il  D.L. n. 223 del 4 luglio 2006, art. 36, modificando gli artt. 47 e 89 del T.U.I.R. ha introdotto in questi la dicitura “utili provenienti“.

La locuzione “provenientiriconduce a tassazione integrale anche gli utili percepiti dal soggetto residente indirettamente tramite una o più sub-holding intermedie.

Il regime di tassazione integrale è applicabile, quindi, non solo agli utili distribuiti direttamente dai soggetti residenti nei Paesi a fiscalità privilegiata ma anche a quelli generati nei Paesi a fiscalità privilegiata che giungono alla società residente in Italia tramite una o più società intermedie, qualificabili come conduit companies.

Si considerano utili provenienti dalle società e gli enti di ogni tipo, compresi i trust, con o senza personalità giuridica, residenti in Stati o territori a fiscalità privilegiata, gli utili percepiti a fronte di:

  • partecipazioni dirette, anche non di controllo;
  • partecipazioni indirette, anche non di controllo, attraverso il controllo su una società localizzata in uno Stato o territorio a regime fiscale ordinario.

Quindi, ai sensi dell’art. 89, comma 3,  , la tassazione integrale degli utili trova applicazione in relazione ai dividendi percepiti da soggetti residenti in caso di partecipazioni indirette, anche non di controllo, in società localizzate in Paesi o territori a regime fiscale privilegiato, attraverso l’esercizio del controllo su una società interposta (la conduit company) localizzata in uno Stato o territorio a regime fiscale ordinario.

La formulazione dell’art. 89  ha una spiccata finalità antielusiva, imponendo  l’individuazione della reale provenienza degli utili, percepiti da soggetti residenti in Italia, provenienti, anche indirettamente, da soggetti residenti in  Stati o territori a regime fiscale privilegiato, e, quindi, colpendo le triangolazioni che utilizzano società intermedie che operano come mere conduit companies.

La circolare n. 28/E dell’Agenzia delle Entrate del  4 agosto 2006, a proposito delle modifiche apportate agli artt. 47 e 89 del T.U.I.R . dal D.L. n. 223 del 4 luglio 2006 al paragrafo 24, si esprime come segue: “In base alla formulazione originaria della norma, la menzionata disciplina risultava applicabile in tutte le ipotesi in cui gli utili di partecipazione erano comunque “provenienti” da società residenti in Paesi c.d. black list. In altri termini, ai fini della integrale sottoposizione a tassazione degli utili distribuiti da  soggetti residenti in Stati a fiscalità privilegiata, non aveva rilievo la circostanza che le partecipazioni fossero detenute direttamente o per il tramite di altre società, quali anelli intermedi della catena partecipativa. Il c.d. correttivo IRES aveva modificato la norma in esame, prevedendo che la tassazione integrale dei predetti utili operasse con esclusivo riferimento a quelli “corrisposti” dalle partecipate residenti nei c.d paradisi fiscali. Tale modifica aveva ridotto il campo di applicazione dell’art. 47, comma 4, del TUIR, limitandolo alle sole remunerazioni corrisposte direttamente dalle partecipate che avevano fruito di regimi fiscali privilegiati residenti ed escludendo le remunerazioni comunque provenienti dalle predette società, ma distribuite tramite società intermedie (sub-holding) residenti in Stati a fiscalità ordinaria.
L’art. 36, comma 3, del decreto, per contrastare facili manovre elusive, ha ripristinato l’originaria formulazione della norma. Per effetto di tale modifica, pertanto, il regime di tassazione integrale riguarderà non solo gli utili e i proventi equiparati distribuiti direttamente dai soggetti residenti nel paradiso fiscale, ma anche quelli – da essi generati – che fluiscono tramite società intermedie. Al riguardo, si precisa che la medesima disciplina continua a rendersi applicabile sia agli utili derivanti dalla partecipazione al capitale o al patrimonio di società o enti soggetti all’imposta sul reddito delle società, sia ai proventi dei titoli e degli strumenti finanziari di cui all’articolo 44, comma 2, lettera a) del TUIR. Si ritiene, infatti, che il sintetico riferimento letterale agli “utili”, ora contenuto nel comma 4 dell’art. 47 del TUIR, debba essere interpretato – per motivi di coerenza sistematica – nella sua accezione più vasta e generale. Tale conclusione è indirettamente confermata dalla relazione illustrativa al provvedimento che valorizza, in relazione al nuovo testo normativo, la sostituzione del termine “corrisposti” con “provenienti”.
E’ appena il caso di sottolineare che la modifica in discorso trova
applicazione – per effetto del rinvio all’art. 47 del TUIR operato dal successivo art. 59 – anche relativamente agli utili e ai proventi equiparati percepiti da persone fisiche nell’esercizio di impresa e a quelli percepiti da società di persone commerciali. Inoltre, la modifica apportata all’art. 89, comma 3, del TUIR dal nuovo comma 4-bis, introdotto nel decreto dalla legge di conversione, chiarisce che il menzionato regime di integrale concorso alla formazione del reddito riguarda anche gli utili e i proventi equiparati “provenienti” da società e enti di ogni tipo residenti in Stati o territori a fiscalità privilegiata, percepiti da soggetti IRES.
In sede di applicazione della norma, con particolare riguardo alla ipotesi di partecipazioni indirette tramite sub-holding, si rende necessario individuare, nel complesso degli utili distribuiti, quelli generati dalle partecipate nel “paradiso”.
Per un corretto inquadramento del problema, occorre tenere presente che la disposizione svolge, fondamentalmente, una funzione di chiusura del sistema contro le triangolazioni sui dividendi che consentono ai soci di percepire utili provenienti dai paradisi fiscali attraverso società intermedie, sostanzialmente interposte.
Ne consegue che – in presenza di partecipazioni in società residenti in paesi a fiscalità privilegiata indirettamente detenute – il regime di integrale tassazione si rende applicabile ai soli utili che – in coerenza con il dato testuale della disposizione – si possono considerare da esse “provenienti”.
Nelle ipotesi estreme di sub-holding intermedie qualificabili come mere conduit company, l’intero utile da esse distribuito potrà infatti ritenersi generato nel paradiso fiscale in cui è localizzata la società operativa. Del pari, sarà possibile individuare – ragionevolmente – la fonte degli utili erogati da holding statiche o da società che non svolgono una effettiva attività economica, limitandosi alla mera detenzione delle partecipazioni.

La circolare 6 ottobre 2010, n. 51/E dell’Agenzia delle Entrate, al paragrafo 8, specifica che:”Come evidenziato nella circolare 4 agosto 2006, n. 28/E, par. 24,l’utilizzo del termine “provenienti” (introdotto nei menzionati articoli 47 e 89 dal citato D.L. n. 223 del 2006) risponde all’esigenza di evitare triangolazioni sui dividendi che consentano ai soci residenti in Italia di percepire utili provenienti dai paradisi fiscali attraverso società intermedie (c.d. conduit companies), sostanzialmente interposte, localizzate in Stati o territori diversi da quelli a fiscalità privilegiata.
Appare evidente l’intenzione del legislatore nazionale di comprendere
nell’ambito applicativo degli articoli 47, comma 4 e 89, comma 3, del Tuir
anche gli utili distribuiti da una società conduit europea, ma provenienti da Paesi o territori a fiscalità privilegiata.
Ciò posto, con specifico riferimento alle società, è da ritenere che il
descritto regime di imposizione integrale si applichi anche nel caso di
dividendi distribuiti da società conduit “figlie” – ai sensi della Direttiva del
Consiglio 23 luglio 1990, n. 90/435/CE (cosiddetta direttiva madri e figlie) – della società italiana che percepisce i dividendi, quando la fattispecie considerata ricade nell’ambito applicativo dell’articolo 1, comma 2, della citata direttiva.
La norma appena richiamata prevede, infatti, che la direttiva madri e
figlie “ non pregiudica l’applicazione di disposizioni nazionali o convenzionali necessarie per evitare le frodi e gli abusi”.
Al riguardo, peraltro, si ricorda che la sentenza della Corte di Giustizia
relativa alla causa C-196/04 (c.d. Cadbury-Schweppes) tende a riconoscere (punto 55) la legittimità delle norme antiabuso nazionali nei limiti in cui le stesse abbiano “lo scopo di ostacolare comportamenti consistenti nel creare costruzioni puramente artificiose, prive di effettività economica e finalizzate ad eludere la normale imposta sugli utili” societari.
Nella predetta pronuncia viene, altresì, precisato che “la constatazione
dell’esistenza di una tale costruzione, richiede (…) oltre ad un elemento
soggettivo consistente nella volontà di ottenere un vantaggio fiscale, elementi oggettivi dai quali risulti che, nonostante il rispetto formale delle condizioni previste dall’ordinamento comunitario, l’obiettivo perseguito dalla libertà distabilimento (n.d.r. vale a dire l’esercizio effettivo di un’attività economica in un altro Stato membro) non è stato raggiunto” (cfr. sentenza CadburySchweppes, punto 64).
Tale indagine non può che essere condotta caso per caso coerentemente con il consolidato orientamento giurisprudenziale comunitario
secondo il quale “per accertare se l’operazione che si intende effettuare abbia come obiettivi principali la frode o l’evasione fiscali le autorità nazionali competenti devono procedere, in ciascun caso, ad un esame globale della detta operazione” (cfr. Corte di Giustizia, sentenza Leur-Bloem del 17 luglio 1997,C-28/95, punto 48B).”

La circolare 6 ottobre 2010, n. 51/E, al paragrafo 8.1, prosegue specificando che: L’applicazione del regime di tassazione integrale degli utili black list non presenta particolari problemi operativi nell’ipotesi di holding intermedie – qualificabili come mere conduit company – che posseggono partecipazioni esclusivamente in società black list, per le quali l’intero utile distribuito è generato nel paradiso fiscale in cui sono localizzate le partecipate.
Diversamente, nell’ipotesi di holding o società conduit che detengono
partecipazioni anche in società residenti in Paesi considerati a fiscalità
ordinaria o che non si limitano alla mera detenzione di partecipazioni ma
svolgono esse stesse un’effettiva attività economica, si pone il problema di
individuare la fonte degli utili erogati.
Al riguardo, si osserva in via preliminare che ai fini in esame rilevano
solo i proventi qualificabili come utili ai sensi della legislazione fiscale interna e ciò sia con riguardo ai flussi reddituali che intercorrono tra la conduit company e il socio residente in Italia, sia in relazione ai rapporti intercorrenti tra la società intermedia e le società black list (cfr. per ulteriori dettagli la circolare 18 gennaio 2006, n. 4/E).
Ciò posto, nel caso in cui la società conduit distribuisca poste del suo
patrimonio netto formate anche con utili provenienti da partecipate non black list ovvero da utili conseguiti mediante lo svolgimento della propria attività economica, diversa dalla mera detenzione di partecipazioni, si osserva che, ai fini dell’individuazione della quota parte di utili provenienti da paradisi fiscali, nell’ordinamento tributario nazionale manca un principio di carattere generale che regoli la distribuzione, l’utilizzo, la ricostituzione o la ripartizione delle riserve.
In mancanza di un criterio espresso previsto dal legislatore, si ritiene che
la società conduit debba documentare di volta in volta la provenienza degli utili (se da Stati o territori a fiscalità privilegiata, o meno) distribuiti al socio residente. In altri termini, in base ad una ricostruzione analitica della provenienza degli utili distribuiti al socio residente dalla conduit “white”, si renderà applicabile il regime di imposizione integrale nel caso di utili di provenienza black list, ovvero di parziale imponibilità per gli utili non provenienti da territori o Stati a fiscalità privilegiata.
Resta inteso che la provenienza dell’utile percepito deve essere adeguatamente documentata dal contribuente. In mancanza di adeguato supporto documentale, si ritengono distribuiti al socio italiano, in via prioritaria e fino a concorrenza, gli utili di provenienza black list.”

Qualora il socio che detiene la partecipazione sia una persona fisica trova applicazione l’art. 47 del T.U.I.R. che, ai sensi della modifica apportata dall’art. 3 del Decreto legislativo del 14/09/2015 n. 147 (Disposizioni recanti misure per la crescita e l’internazionalizzazione delle imprese) recitava che ” … si considerano provenienti da societa’ residenti in Stati o territori a regime privilegiato gli utili relativi al possesso di partecipazioni dirette in tali societa’ o di partecipazioni di controllo anche di fatto, diretto o indiretto, in altre societa’ residenti all’estero che conseguono utili dalla partecipazione in societa’ residenti in Stati o territori a regime privilegiato e nei limiti di tali utili.”

Quindi l’art. 47, comma 4,  del T.U.I.R., come modificato dal D. Lgs. 147/2015, disponeva che

  • nel caso di una partecipazione diretta del socio residente in Italia in una società residente o localizzata in Stati o territori a fiscalità privilegiata operava la la tassazione integrale dei dividendi;
  • nel  caso di partecipazione indiretta, il socio residente doveva essere titolare di una partecipazione di controllo (ex articolo 2359 cod. civ.) detenuta nella conduit company estera percepiente gli utili da società localizzate in Stati o territori a fiscalità privilegiata.

La Circolare dell’Agenzia delle entrate n. 35/E del 4 agosto 2016, al paragrafo 3.1.1 tratta del requisito del controllo:” La nuova formulazione degli articoli 47, comma 4, e 89, comma 3, del TUIR,
distingue, quindi, tra partecipazioni dirette e partecipazioni indirette nella società che sono localizzate in Paesi a regime fiscale privilegiato.
Solo nel caso di partecipazione indiretta è richiesto il requisito del controllo delle società estere che si interpongono nella catena partecipativa.
La scelta, come si evince dalla Relazione illustrativa all’articolo 3 del decreto internazionalizzazione, si basa sul grado di conoscibilità della provenienza degli utili del socio residente in Italia. In presenza di un rapporto di controllo, infatti, al pari del caso di partecipazione diretta, il socio è artefice o almeno consapevole dell’investimento nello Stato o territorio a fiscalità privilegiata.
Peraltro, il dettato normativo fa genericamente riferimento alla sussistenza di un “controllo anche di fatto, diretto o indiretto, in altre società residenti all’estero”, senza specificare riferimenti normativi da cui ricavare una nozione più puntuale.
Nel silenzio del legislatore, si ritiene che la nozione di controllo rilevante ai fini dell’applicazione della norma sia quella dell’articolo 2359, primo e secondo comma,del codice civile.
Pertanto, assumono rilevanza sia il controllo in termini di diritti di voto,
computando anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta, sia il controllo integrato da un’influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali.
Resta inteso che il regime di integrale tassazione è, in ogni caso, subordinato a una qualche partecipazione a cui consegue la percezione di utili da parte del socio residente in Italia, a prescindere dal tipo di controllo configurabile.
In ipotesi di più società estere, il requisito del controllo deve riscontrarsi per ciascuna delle società interposte, non essendo necessario, invece, che sia integrato rispetto alla società residente nello Stato o territorio a regime fiscale privilegiato.
In altri termini, qualora il socio italiano eserciti il controllo su tutte le società intermedie e l’ultima società interposta detenga una partecipazione di minoranza in quella soggetta al regime fiscale preferenziale, i dividendi provenienti da quest’ultima
sono comunque sottoposti a tassazione integrale in Italia.

L’art. 5 del  Decreto legislativo del 29/11/2018 n. 142 ha sostituito con una nuova formulazione il comma 4 dell’art. 47 ed il comma 3 dell’art. 89 del T.U.I.R. 

Ai sensi del comma 4 dell’art. 47, così come modificato: “….concorrono integralmente alla formazione del reddito imponibile gli utili provenienti da imprese o enti residenti o localizzati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato individuati in base ai criteri di cui all’articolo 47-bis, comma 1; a tali fini, si considerano provenienti da imprese o enti residenti o localizzati in Stati o territori a regime privilegiato gli utili relativi al possesso di partecipazioni dirette in tali soggetti o di partecipazioni di controllo, ai sensi del comma 2 dell’articolo 167, in società residenti all’estero che conseguono utili dalla partecipazione in imprese o enti residenti o localizzati in Stati o territori a regime privilegiato e nei limiti di tali utili…….

Quindi, per quanto attiene al reddito delle persone fisicheconcorrono integralmente alla formazione del reddito imponibile gli utili provenienti da imprese o enti residenti o localizzati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato individuati in base ai criteri di cui all’articolo 47-bis, comma 1, relativi al possesso di partecipazioni di controllo, ai sensi del comma 2 dell’articolo 167, in società residenti all’estero che conseguono utili dalla partecipazione in imprese o enti residenti o localizzati in Stati o territori a regime privilegiato e nei limiti di tali utili.

Per quanto attiene al reddito delle persone giuridiche, riprendendo in esame l’art. 89,  ai sensi del modificato comma 3, per gli utili provenienti  dalle società e gli enti di ogni tipo, compresi i trust, con o senza personalità giuridica residenti o localizzati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato individuati in base ai criteri di cui all’articolo 47-bis, comma 1 (1)

  • l’esclusione da tassazione nella misura del 95%  si applicherà se sia dimostrato, anche a seguito dell’esercizio dell’interpello di cui al medesimo articolo 47-bis, comma 3, il rispetto, sin dal primo periodo di possesso della partecipazione,  che dalle partecipazioni non consegua l’effetto di localizzare i redditi in Stati o territori a regime fiscale privilegiato (condizione di cui all’articolo 47-bis, comma 2, lettera b))
  • non concorrono a formare il reddito dell’esercizio in cui sono percepiti in quanto esclusi dalla formazione del reddito dell’impresa o dell’ente ricevente per il 50 per cento del loro ammontare, a condizione che sia dimostrato, anche a seguito dell’esercizio dell’interpello di cui all’articolo 47-bis, comma 3,  che il soggetto non residente svolga un’attività economica effettiva, mediante l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali (condizione di cui all’articolo 47-bis, comma 2, lettera a)).
  • in mancanza del rispetto delle condizioni contemplate dalle lettere a) e b) del comma 2 dell’articolo 47-bis gli utili provenienti da soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera d),  residenti o localizzati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato individuati in base ai criteri di cui all’articolo 47-bis, comma 1, concorrono a formare il reddito dell’esercizio in cui sono percepiti  per il 100%.

L’Agenzia delle entrate con il principio di diritto n. 20 del 31.12.2018, si è pronunciata nel senso che: “Il regime di imposizione integrale dei dividendi di cui all’articolo 89, comma 3, del TUIR trova applicazione anche nei confronti degli utili distribuiti da una società conduit “figlia”, ai sensi della c.d. Direttiva madre-figlia n. 90/435/CE, ma “provenienti” da società partecipate residenti in Paesi a fiscalità privilegiata, quando la fattispecie considerata ricade
nell’ambito applicativo dell’articolo 1, paragrafi 2, 3 e 4 della citata direttiva. Ai fini della disapplicazione del citato articolo 89, comma 3, del TUIR, l’esame condotto dall’Amministrazione fiscale italiana non può essere limitato all’applicazione di criteri generali predeterminati, ma dovrà essere effettuato caso per caso. L’analisi specifica si basa
piuttosto che su semplici quantificazioni del carico fiscale subìto dagli utili percepiti dalla “madre” italiana, sulla circostanza che la partecipazione nel soggetto localizzato nel tax haven non sia detenuta tramite la società figlia allo scopo di evitare artificiosamente che i
redditi siano tassati in maniera congrua.”

(1) Art, 47 bis, comma 1, del T.U.I.R.:

1. I regimi fiscali di Stati o territori, diversi da quelli appartenenti all’Unione europea ovvero da quelli aderenti allo Spazio economico europeo con i quali l’Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni, si considerano privilegiati:

a) nel caso in cui l’impresa o l’ente non residente o non localizzato in Italia sia sottoposto a controllo ai sensi dell’articolo 167, comma 2, da parte di un partecipante residente o localizzato in Italia, laddove si verifichi la condizione di cui al comma 4, lettera a), del medesimo articolo 167

b) in mancanza del requisito del controllo di cui alla lettera a), laddove il livello nominale di tassazione risulti inferiore al 50 per cento di quello applicabile in Italia. A tali fini, tuttavia, si tiene conto anche di regimi speciali che non siano applicabili strutturalmente alla generalita’ dei soggetti svolgenti analoga attivita’ dell’impresa o dell’ente partecipato, che risultino fruibili soltanto in funzione delle specifiche caratteristiche soggettive o temporali del beneficiario e che, pur non incidendo direttamente sull’aliquota, prevedano esenzioni o altre riduzioni della base imponibile idonee a ridurre il prelievo nominale al di sotto del predetto limite e sempreche’, nel caso in cui il regime speciale riguardi solo particolari aspetti dell’attivita’ economica complessivamente svolta dal soggetto estero, l’attivita’ ricompresa nell’ambito di applicazione del regime speciale risulti prevalente, in termini di ricavi ordinari, rispetto alle altre attivita’ svolte dal citato soggetto.