Tassazione del Trading online (TOL) in presenza di un intermediario finanziario estero

Il Trading Online (TOL) ha ad oggetto le seguenti tipologie di investimento finanziario:

  • Operazioni finanziarie sul mercato Foreign Exchange Market (c.d. mercato del Forex), mercato che si basa  su piattaforme Forex Factory che permettono a vari Forex Trader la conclusione online di contratti c.d. spot e rolling spot, legati alla compravendita di valute diverse;
  • Opzioni binarie, basati su un contratto tra un venditore e un acquirente in cui si scommette sull’andamento della fluttuazione dell’attività sottostante selezionata. Le opzioni binarie non attribuiscono un diritto di acquistare (opzione call) o vendere (opzione put) a un prezzo predeterminato il titolo sottostante, lucrando eventualmente sulla differenza rispetto al prezzo di mercato incrementato del premio pagato all’apertura del contratto, piuttosto, si sostanziano in una mera scommessa sull’andamento del titolo preso a riferimento.

Nel mercato Forex le operazioni di compravendita di valuta vengono effettuate direttamente online attraverso una piattaforma dedicata. Gli intermediari finanziari (solitamente portali online non residenti), richiedono l’apertura di un conto corrente dedicato sul quale viene depositata una somma di denaro vincolata a favore dell’intermediario ( somme in giacenza sono a cauzione delle operazioni che l’intermediario svolge per conto del cliente, o che il Forex Trader stesso effettua autonomamente)  che sarà sfruttata per il trading giornaliero (le operazioni sono effettuate nel termine giornaliero (c.d. “contratti spot“). Al termine della giornata lavorativa il trader non potrà mai avere sul conto una giacenza di valuta estera, gli importi investiti in valuta al termine della giornata ritornano nella valuta di partenza.

La Circolare n. 102/E/2011 dell’Agenzia delle Entrate ha chiarito che:

occorre tener presente che l’articolo 9, comma 7, del decreto
legislativo 3 agosto 2010, n. 141
è successivamente intervenuto modificando l’articolo 1, comma 4, del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (
Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria – TUF ).
Per effetto di tale modifica è ora previsto che i contratti di acquisto e
vendita di valuta, estranei a transazioni commerciali e regolati per differenza anche mediante operazioni di rinnovo automatico (cd. “roll-over”), rientrano tra i “contratti finanziari differenziali” i quali ai sensi del medesimo testo unico sono considerati strumenti finanziari derivati.
Analogamente, sono da considerarsi strumenti finanziari riconducibili alla categoria dei contratti “differenziali” quelli di compravendita in valuta che, pur in assenza di clausole contrattuali che prevedano espressamente il rinnovo automatico, presentino caratteristiche tali da consentire di mantenere aperte overnight le posizioni a fine giornata (con conseguente trasformazione della posizione spot in una posizione a termine).
Ciò posto, considerato che l’interpretazione della disciplina fiscale delle
operazioni finanziarie non può prescindere dalle disposizioni civilistiche che regolano le medesime operazioni, è necessario tener conto della nuova qualificazione operata dal TUF.
Pertanto, si ritiene che i contratti in esame debbano essere ricondotti tra i rapporti di cui all’articolo 67, comma 1, lettera c-quater), del TUIR, i cui redditi, se percepiti da parte di un soggetto persona fisica, non esercente attività d’impresa, sono soggetti ad imposta sostitutiva a norma dell’articolo 5 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461.
Ai sensi dell’articolo 68, comma 8, del TUIR, i suddetti redditi sono
costituiti dal risultato che si ottiene facendo la somma algebrica dei differenziali positivi o negativi nonché degli altri proventi od oneri, percepiti o sostenuti, in relazione a ciascuno dei rapporti.
Alla luce di quanto sopra esposto, i chiarimenti forniti con la risoluzione n. 67/E del 6 luglio 2010 devono ritenersi non più attuali a decorrere dal
19 settembre 2010 (data di entrata in vigore dell’articolo 9, comma 7, del citato decreto legislativo n. 141 del 2010)“.

L’articolo 67, comma 1-ter del TUIR dispone che:

Le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di valute estere rivenienti da depositi e conti correnti concorrono a formare il reddito a condizione che nel periodo d’imposta la giacenza dei depositi e conti correnti complessivamente intrattenuti dal contribuente, calcolata secondo il cambio vigente all’inizio del periodo di riferimento sia superiore a cento milioni di lire (€. 51.645,69) per almeno sette giorni lavorativi continui“.

Per il calcolo della giacenza complessiva devono essere sommati tutti i controvalori dei depositi e conti intrattenuti anche di valute diverse e su diversi intermediari.

La Risoluzione N. 71/E del 1 settembre 2016 dell’Agenzia delle Entrate si è espressa riguardo ai contratti conclusi sul mercato Forex:

“con la risoluzione 25 ottobre 2011, n. 102/E è stato chiarito che tali contratti devono essere ricondotti tra i rapporti di cui all’articolo 67, comma 1, lettera c-quater), del testo unico delle imposte sui redditi approvato con d.P.R 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), i cui redditi, se percepiti da parte di un soggetto persona fisica, non esercente
attività d’impresa, sono soggetti ad imposta sostitutiva – attualmente prevista nella misura del 26 per cento – a norma dell’articolo 5 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461″.

La Risoluzione N. 71/E del 1 settembre 2016 dell’Agenzia delle Entrate si esprime al riguardo delle opzioni binarie:

si ritiene che anche i redditi derivanti dalle opzioni binarie
rientrino nelle fattispecie di cui all’articolo 67, comma 1, lettera c-quater), del TUIR, i cui redditi, se percepiti da parte di un soggetto persona fisica, non esercente attività d’impresa, sono soggetti anch’essi ad imposta sostitutiva nella misura del 26 per cento“.

Qualora il trader operi con l’utilizzo di un intermediario finanziario italiano l’imposta sostitutiva è direttamente applicata dall’intermediario che trattiene il 26% delle plusvalenze incassate nell’anno dal trader.

Siamo, quindi, in presenza di una tassazione alla fonte delle plusvalenze che determina l’esonero dall’obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi per questo specifico reddito finanziario.

La presenza più diffusa sul mercato è sicuramente quella di un intermediario finanziario estero.

Con la Risoluzione N. 71/E del 1 settembre 2016 l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che:

tenuto conto che i broker esteri non sono uno dei soggetti previsti dalla norma che possono agire come sostituti d’imposta in Italia, si ritiene che il contribuente debba indicare i redditi diversi derivanti dai rapporti in oggetto nel quadro RT – denominato “Plusvalenze di natura finanziaria” – sezione II, righi da RT 21 a RT 30, di Unico PF 2016 per la cui compilazione si rinvia alle relative istruzioni (regime dichiarativo).
Le eventuali quote residue delle minusvalenze risultanti dalla sezione II
devono essere riportate nel rigo RT93, colonna 5.
Ai fini del calcolo delle plusvalenze/minusvalenze, il contribuente si deve
avvalere delle certificazioni rilasciate dai broker esteri, che devono essere
conservate dal contribuente ai fini di un eventuale riscontro richiesto dagli organi dell’Amministrazione Finanziaria.
Si fa presente, inoltre, che i rapporti che il contribuente detiene con i
broker esteri rientrano tra i contratti derivati e altri rapporti finanziari stipulati al di fuori del territorio dello Stato, pertanto tali rapporti devono essere:
– indicati, ai sensi dell’articolo 4, comma 1, del decreto legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, nel quadro RW della propria dichiarazione annuale dei redditi, in quanto tali rapporti sono suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia (cfr. circolare 23 dicembre 2013, n. 38/E);
– assoggettati all’imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero (IVAFE, cfr. circolare 2 luglio 2012, n. 28/E).”

Quindi,  se il trader supera la soglia di esenzione di cui all’articolo 67 del TUIR ( giacenza dei depositi e conti correnti complessivamente intrattenuti, calcolata secondo il cambio vigente all’inizio del periodo di riferimento superiore a €. 51.645,69 per almeno sette giorni lavorativi continui), ha l’obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi.

Nella dichiarazione il trader deve individuare il risultato annuo della gestione ed inserirlo nel quadro RT per la determinazione della tassazione.

La determinazione del risultato annuo della gestione è disciplinata dall’articolo 68, comma 8, del DPR n. 917/86:

I redditi di cui alla lettera c-quater) del comma 1 dell’articolo 67, sono costituiti dalla somma algebrica dei differenziali positivi o negativi, nonché degli altri proventi od oneri, percepiti o sostenuti, in relazione a ciascuno dei rapporti ivi indicati“.

Convenzione BEPS (Base Erosion and Profit Shifting)

Il progetto per contrastare l’erosione della base imponibile e il trasferimento degli utiliBase Erosion and Profit Shifting»; di seguito BEPS), che intende impedire l’eccessiva riduzione dell’utile imponibile e il trasferimento artificiale degli utili in Paesi a tassazione bassa o nulla, è stato lanciato il 12 febbraio 2013 con un primo rapporto dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE).

Facendo seguito a tale rapporto, l’OCSE ha pubblicato, il 19 luglio 2013, il suo piano d’azione composto di 15 misure miranti a risolvere la problematica dell’erosione della base imponibile e del trasferimento degli utili.
Il G20 ha sostenuto il piano d’azione e il progetto è diventato un progetto congiunto, in cui tutti gli Stati del G20 e dell’OCSE hanno partecipato ai lavori tecnici in maniera paritaria. I rapporti finali del progetto BEPS, sono stati approvati e pubblicati il 5 ottobre 2015,

A  seguito delle raccomandazioni dell’OCSE del 2015 è stata emanata la direttiva (UE) 2016/1164 del Consiglio, del 12 luglio 2016  (cosiddetta Anti Tax Avoidance DirectiveATAD 1) che fa parte del pacchetto anti elusione (Anti Tax Avoidance Package) varato dalla Commissione Europea per introdurre negli Stati membri un insieme di misure di contrasto alle pratiche di elusione fiscale.

I rapporti finali del progetto BEPS contengono anche disposizioni volte a modificare le vigenti convenzioni bilaterali per evitare le doppie imposizioni (CDI). Detti accordi traggono spunto dal Modello di Convenzione OCSE che costituisce da sempre una bozza a cui gli Stati possono ispirarsi in occasione della stipula di un nuovo Trattato o di una modifica di un trattato esistente.

Le disposizioni volte a modificare le vigenti convenzioni bilaterali per evitare le doppie imposizioni (CDI) derivano dai rapporti finali concernenti le seguenti misure del piano d’azione BEPS:

  • neutralizzare gli effetti di disallineamento derivanti da alcuni strumenti e strategie ibride;
  • prevenire l’abuso dei trattati;
  • impedire l’elusione artificiosa dello status di stabile organizzazione e migliorare l’efficienza dei meccanismi di risoluzione delle controversie.

La direttiva (UE) 2017/952 del Consiglio del 29 maggio 2017 (Atad 2 ) ha apportato modifiche alla direttiva 2016/1164, allo scopo di contrastare i cd. disallineamenti da ibridi (Azione BEPS 2) che coinvolgono i Paesi terzi, ovvero le differenze di trattamento fiscale a norma delle leggi di due o più giurisdizioni fiscali per ottenere una doppia non imposizione.

Vedi: Members of the Inclusive Framework on BEPS

Alcune di queste disposizioni convenzionali costituiscono standard minimi, la cui attuazione è posta sotto esame nell’ambito di valutazioni tra pari («peer reviews») effettuate dall’«Inclusive Framework on BEPS».
Al fine di adeguare in tempi brevi e in modo economicamente efficiente le CDI esistenti, che sono più di 3500 a livello mondiale, nell’ambito dell’azione 15 del progetto BEPS un gruppo composto di oltre 100 Stati e territori, ha elaborato una Convenzione multilaterale per l’attuazione di misure relative alle convenzioni fiscali finalizzate a prevenire l’erosione della base imponibile e il trasferimento degli utili (di seguito «Convenzione BEPS»).

Il sito dell’OCSE contiene un elenco, aggiornato a giugno 2019,  di Stati firmatari della Convenzione BEPS.

La Convenzione BEPS è stata elaborata in due fasi:

  • nella prima, un gruppo di esperti di diritto internazionale e in materia fiscale ha verificato la possibilità di realizzare uno strumento multilaterale che consentisse di mettere in atto le misure BEPS relative alle convenzioni fiscali e di modificare le CDI bilaterali.
    Nel rapporto 3 pubblicato dall’OCSE il 16 settembre 2014, il gruppo di esperti è giunto alla conclusione che un siffatto strumento multilaterale è auspicabile e realizzabile;
  • in una seconda fase è stato predisposto un mandato per un gruppo ad hoc che sviluppasse uno strumento multilaterale, ossia la Convenzione BEPS. Nel mese di maggio del 2015 il gruppo ad hoc ha avviato i lavori
    Alla fine di novembre del 2015 la Convenzione BEPS è stata ufficialmente approvata e pubblicata dall’OCSE nelle versioni in francese e in inglese. Contestualmente, il gruppo ad hoc ha presentato una nota esplicativa concernente la Convenzione BEPS (cosiddetta «Explanatory Statement»).
    Il rapporto sulla fattibilità della Convenzione BEPS, pubblicato nel 2014, ne prevede la coesistenza con le CDI bilaterali.

L’adesione alla Convenzione BEPS è facoltativa, tuttavia è caldeggiata dall’OCSE e dal G20 che la considerano uno strumento efficiente per attuare le raccomandazioni BEPS relative alle convenzioni fiscali.
Per permettere al maggior numero possibile di Stati e territori di utilizzare la Convenzione BEPS per modificare le CDI in vigore, detta Convenzione contiene disposizioni che assicurano una certa flessibilità nell’applicazione.
Benché la Convenzione sia ritenuta uno strumento efficiente per adeguare le CDI esistenti, è risaputo che esistono motivi e situazioni per cui determinate CDI non sono modificabili dalla Convenzione BEPS, ma possono essere comunque modificate percorrendo la via bilaterale.

La Convenzione BEPS è una convenzione internazionale a sé stante che costituisce il fondamento per la modifica delle CDI in essere, la cui revisione è dunque possibile senza un protocollo di modifica
bilaterale. La Convenzione BEPS contiene un preambolo e sei parti distinte:

  • La parte I disciplina il campo di applicazione della Convenzione BEPS e l’interpretazione dei termini (art. 1 e 2);
  • Le parti II–V contengono le disposizioni materiali della Convenzione BEPS che derivano dai rapporti finali sull’azione 2 (neutralizzare gli effetti di disallineamento derivanti da alcuni strumenti e strategie ibride), sull’azione 6 (prevenire l’abuso dei trattati), sull’azione 7 (impedire l’elusione artificiosa dello status di stabile organizzazione) e sull’azione 14 (migliorare l’efficienza dei meccanismi di risoluzione delle controversie). Alcune parti delle disposizioni convenzionali derivanti dalle azioni 6 e 14 rappresentano standard minimi;
  • La parte VI della Convenzione BEPS disciplina l’arbitrato. Mentre le disposizioni materiali nelle parti II–V derivano dai rapporti finali BEPS del 2015, le disposizioni sull’arbitrato sono state elaborate specificamente per la Convenzione BEPS . Poiché le nuove disposizioni sulla procedura arbitrale non rappresentano uno standard minimo, gli Stati e i territori che hanno firmato la Convenzione possono decidere liberamente se applicare queste disposizioni (art. 18–26);
  • Le disposizioni finali prevedono in particolare quanto segue: riserve (art. 28), notifiche (art. 29), conferenza delle Parti (art. 31), emendamenti alla Convenzione (art. 33), entrata in vigore (art. 34), efficacia (art. 35 e 36) e recesso dalla Convenzione BEPS (art. 37).

L’Articolo 1 – Campo di applicazione della Convenzione –  della Convenzione BEPS stabilisce  che la stessa modificherà tutti gli Accordi fiscali coperti, ossia le convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate tra due Stati, notificate da entrambi detti Stati al c.d. depositario, Segretario Generale dell’OCSE.

L’Italia ha notificato 84 convenzioni tra cui alcune non ancora in vigore all’epoca ossia le convenzioni con Barbados, Gabon, Kenya, Mongolia e Romania, oltre che dei protocolli di modifica del trattato stipulato con le Filippine e con l’India. Tra i trattati notificati ve ne sono anche di stipulati con Paesi che non hanno aderito alla Convenzione Multilaterale BEPS. In questi casi l’operatività della Convenzione BEPS è subordinata all’adesione alla stessa da parte dell’altro Paese.

L’art. 34 – Entrata in vigore – della Convenzione BEPS stabilisce che:

  1. La Convenzione entra in vigore il primo giorno del mese successivo alla conclusione di un periodo di tre mesi di calendario che decorre dalla data di deposito del quinto strumento di ratifica, accettazione o approvazione.
  2. Per ogni Firmatario che ratifica, accetta o approva la presente Convenzione dopo il deposito del quinto strumento di ratifica, accettazione o approvazione, la Convenzione entra in vigore il
    primo giorno del mese successivo alla conclusione di un periodo di tre mesi di calendario che decorre dalla data di deposito da parte di detto Firmatario del suo strumento di ratifica, accettazione o approvazione.

Poiché il quinto strumento di ratifica è stato depositato a marzo 2018 da parte della Slovenia, la convenzione è entrata in vigore il 1° luglio 2018 in relazione ai trattati stipulati tra i primi 5 Paesi che hanno recepito nel loro ordinamento interno la Multilaterale (Austria, Isola di Man, Jersey, Polonia, Slovenia).

Attualmente l’Italia non ha ancora recepito con Legge interna la Convenzione multilaterale e pertanto non ha nemmeno depositato il c.d. “strumento di ratifica”.

Nella sezione del sito OCSE dedicata al BEPS è pubblicata una mappa interattiva attraverso la quale è possibile verificare per ogni Stato la sua adesione:

Convenzione sulla reciproca assistenza amministrativa in materia fiscale  (Multilateral Convention on Mutual Administrative Assistance  in Tax Matters)

La  Convenzione sulla reciproca assistenza amministrativa in materia fiscale  (Multilateral Convention on Mutual Administrative Assistance  in Tax Matters) è stata sviluppata congiuntamente dall’OCSE e dal Consiglio d’Europa nel 1988 e modificata dal Protocollo nel 2010. La Convenzione è lo strumento multilaterale più completo disponibile per tutte le forme di cooperazione per contrastare l’evasione e l’elusione fiscali.

La Convenzione, nel rispetto dei diritti fondamentali dei contribuenti, facilita la cooperazione internazionale per un migliore funzionamento delle leggi fiscali nazionali. Prevede tutte le possibili forme di cooperazione amministrativa tra gli stati nella valutazione e riscossione delle imposte. Questa cooperazione spazia dallo scambio di informazioni, compresi gli scambi automatici, al recupero di crediti fiscali esteri.

Dal 2009, il G20 ha costantemente incoraggiato i paesi a firmare la Convenzione. Il comunicato del rilasciato durante il vertice del G20 di Buenos Aires nel 2018 i dichiarava “Tutte le giurisdizioni dovrebbero firmare e ratificare la Convenzione multilaterale sulla mutua assistenza amministrativa in materia fiscale“.

L’Italia ha ratificato l’adesione alla Convenzione multilaterale con la Legge n. 19 del 10 febbraio 2005 ed il Protocollo emendativo con la legge n.193 del 27 ottobre 2011.

Attualmente partecipano alla Convenzione 129 giurisdizioni , tra cui 17 giurisdizioni coperte da estensione territoriale. Ciò rappresenta una vasta gamma di paesi, compresi tutti i paesi del G20, tutti i paesi BRIICS ( (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), tutti i paesi dell’OCSE, i maggiori centri finanziari e un numero crescente di paesi in via di sviluppo.

Oltre 150 giurisdizioni si sono impegnate allo scambio di informazioni su richiesta (Exchange Of Information on Request – EOIR) e oltre 100 a quello automatico (Automatic Exchange of Information – AEOI). Più di 90, infine, hanno già iniziato gli scambi secondo il Common reporting standard (CRS) scambio automatico di informazioni tra le autorità fiscali sulle attività finanziarie detenute dai contribuenti.

Nella sezione del sito OCSE dedicata al BEPS è pubblicata una mappa interattiva attraverso la quale è possibile verificare per ogni Stato la sua adesione:

In occasione del meeting del G20 a Fukuoka, in Giappone, l’OCSE ha tracciato l’ultimo bilancio della rete globale della trasparenza fiscale  evidenziando che nel 2018 gli scambi di informazioni sul fronte finanziario hanno portato alla luce più di 47 milioni di conti offshore, per un valore di 4.900 miliardi di euro.

La possibilità da parte delle autorità fiscali di accedere alle informazioni dei conti e dei movimenti finanziari dei propri cittadini all’estero ha già generato un effetto consistente sul gettito (si calcolano a livello globale maggiori entrate per 95 miliardi di euro tra imposte, sanzioni e interessi).

I due maggiori contributi all’incremento del gettito li hanno forniti:

  • l’attività investigativa delle autorità nazionali, resa più efficace dall’accesso alle informazioni sulla localizzazione e il movimento dei capitali transnazionali;
  • le iniziative di voluntary disclosure avviate negli ultimi anni da diversi Stati, che per la prima volta hanno avuto dalla loro la forza deterrente della trasparenza fiscale.

L’Ocse calcola che in relazione alle iniziative di voluntary disclosure sono stati oltre cinquecentomila i soggetti che hanno scelto,  aderendo ai programmi nazionali di voluntary disclosure, di riportare spontaneamente alla luce i propri asset finanziari detenuti offshore, prima dell’arrivo dei controlli del Fisco,  percepiti come un rischio più concreto rispetto al passato.

L’OCSE ha analizzato che dall’esame dei dati trasmessi alla Banca dei Regolamenti Internazionali (Bank for International Settlements (BSI), organizzazione internazionale delle banche centrali con sede a Basilea) dai Centri finanziari internazionali (i cosiddetti International Finance Centre (IFC), come Bahamas, Cayman, Hong Kong, Lussemburgo, Svizzera) emerge che in venti anni il totale dei conti bancari qui depositati ha disegnato una parabola discendente.   L’OCSE conclude che indubbiamente vi è stato un’influsso benefico dello scambio di informazioni sulla tax compliance, visto che la discesa dei possedimenti finanziari nei Centri finanziari internazionali è corsa parallelamente all’implementazione della rete della cooperazione fiscale internazionale.

L’adozione ormai diffusa del Common reporting standard ha realizzato, lungo i canali di comunicazione aperti da 4.500 relazioni bilaterali tra Stati, il più grande interscambio nella storia di informazioni fiscali.

Il conferimento d’azienda in un Gruppo Europeo di Interesse Economico (GEIE)

 I conferimenti d’azienda, come previsto dall’art. 2, comma 2, lett. b), del D.P.R. n. 633/72, sono qualificate, in ambito Iva, come operazioni escluse (o fuori campo) dall’ambito di applicazione dell’Iva.

Ai sensi dell’art. 40 del D.P.R. n. 131/86, a fronte dell’esclusione dall’IVA, dovrebbe scattare il cd. principio di alternatività con l’imposta di registro (nonché con le ipotecarie e catastali) , con applicazione di quest’ultima in misura proporzionale.

Per il conferimento d’azienda, pur a fronte della mancata applicazione dell’IVA, art. 4, lett. b), della Tariffa, parte I, allegata al D.P.R. n. 131/86, si rende applicabile in ogni caso l’imposta di registro in misura fissa pari a euro 200, anche se nel compendio aziendale conferito sono presenti beni immobili.

In base all’articolo 4 della tariffa allegata al d. lgs. 31 ottobre 1990 n. 347,  le imposte ipotecarie e catastali, per ogni conferimento di azienda, si applicano nella misura fissa. Con un’ampia formulazione idonea a ricomprendere ogni e qualsiasi conferimento aziendale di società ed enti diversi la norma parla genericamente di «conferimenti di aziende o di complessi aziendali relativi a singoli rami dell’impresa».

Quindi, per il conferimento d’azienda il cui patrimonio comprenda anche un bene immobile, ai fini dell’imposizione indiretta, è  dovuta:

  • l’imposta di registro in misura fissa pari a euro 200;
  • euro 200 ciascuna per imposta ipotecaria e catastale.

Conferimento di azienda da parte di società od enti

Ai sensi dell’articolo 4, lettera b), della tariffa, parte prima, allegata al d.p.r. 26 aprile 1986 n. 131,  sono soggetti ad imposta fissa di registro i conferimenti di aziende o di complessi aziendali relativi a singoli rami dell’impresa, fatti da una società ad altra società esistente o da costituire, ovvero posti in essere da enti diversi dalle società, purché, in base al primo comma dello stesso articolo,  aventi per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale o agricola.

Come chiarito con la circolare ministeriale 10 giugno 1986 n. 37, parte n. 23, nel commento all’art. 50 del t.u. sull’imposta di registro, la legge, nell’equiparare alle aziende i complessi aziendali, «non esige più il requisito che i rami dell’impresa pertinenti a tali complessi siano gestiti distintamente e con contabilità separata, come richiedeva il previgente d.p.r. n. 634/1972».

La legge contempla tutte le ipotesi di conferimento della proprietà di aziende o rami di aziendasia i conferimenti effettuati in sede di costituzione della società, sia quelli effettuati in società già esistente, a seguito di aumento di capitale.

Sotto il profilo soggettivo, si fa espresso riferimento ai conferimenti da società a società (ovviamente di qualsiasi tipo ed oggetto), ed alle analoghe operazioni poste in essere da enti diversi dalle società (a favore, ovviamente, sia di altri enti che di società).

La direttiva CEE 69/335 del 17 luglio 1969, concernente le imposte indirette sulla raccolta di capitali, come modificata dalla Direttiva 85/303/CEE del Consiglio del 10 giugno 1985, dispone l’inapplicabilità dell’imposta proporzionale sui conferimenti agli atti societari che comportino il conferimento da parte di una o più società della totalità dei loro patrimoni o di uno o più rami della loro attività ad una o più società esistenti o in via di costituzione. La Corte di giustizia CEE 13 febbraio 1996, Cause riunite C-197/94 e C-252/94, chiamata a giudicare in merito all’Art. 7, n. 1, della direttiva 69/335/CEE, ha deciso che:  l’ art. 7, n. 1, della direttiva del Consiglio 17 luglio 1969, 69/335/CEE, concernente le imposte indirette sulla raccolta di capitali, come modificato dalla direttiva del Consiglio 9 aprile 1973, 73/80/CEE, che fissa le aliquote comuni dell’ imposta sui conferimenti, applicabile dal 1 gennaio 1976, e successivamente dalla direttiva del Consiglio 10 giugno 1985, 85/303/CEE, applicabile dal 1 gennaio 1986, osta all’ applicazione di una normativa nazionale.

L’articolo 4, lettera b), della tariffa, parte prima, allegata al d.p.r. 26 aprile 1986 n. 131 deve essere interpretato in senso estensivo, in considerazione dei principi comunitari,   volti a favorire in generale i processi di concentrazione e ristrutturazione aziendale. Devono quindi esservi ricomprese le operazioni di conferimento da società a società, da società ad enti diversi, da enti diversi a società, da enti ad enti.

Dal coordinamento della disposizione in oggetto con quella contenuta nella nota IV all’art. 4 della tariffa, parte prima, nonché con quella contenuta nella lettera a), numero 3), del medesimo art. 4, emerge che l’imposta di registro in misura fissa si applica a tutti i conferimenti in società o enti, a prescindere dalla circostanza che la società conferitaria abbia la propria sede sia in Italia che all’estero.

Conferimento di azienda da parte di imprenditore individuale

L’art. 4, lettera a), n. 3, della tariffa, parte prima, allegata al d.p.r. 131/1986, assoggetta ad imposta fissa di registro il conferimento di proprietà o diritto reale di godimento su aziende o su complessi aziendali relativi a singoli rami dell’impresa. La disposizione equipara sostanzialmente i conferimenti effettuati da imprenditore individuale a quelli effettuati da società ed altri enti, pur rimanendo, comunque,  le due fattispecie formalmente disciplinate da due norme distinte, contenute rispettivamente:

  • nel n. 3 della lettera a) dell’art. 4 della tariffa;
  • nella lettera b),  dell’art. 4 della tariffa.

Conferimento in Gruppi Europei di Interesse Economico (GEIE)

Il primo comma dell’articolo 12 Decreto legislativo del 23/07/1991 n. 240 (Norme per l’applicazione del regolamento n. 85/2137/CEE, relativo all’istituzione di un Gruppo Europeo di Interesse Economico GEIE, ai sensi dell’art. 17 della L. 29 dicembre 1990, n. 428) ha aggiunto  allart. 4 della tariffa (Atti soggetti a registrazione in termine fisso. Atti societari) del Testo Unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, approvato con D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, la lettera g)atti propri dei gruppi europei di interesse economico euro 168,00 (importo elevato da 168,00 euro a 200,00 come dal secondo comma dell’art. 26 D.L. n. 104 12/09/2013)

Come si è detto, in base all’articolo 4 della tariffa allegata al d. lgs. 31 ottobre 1990 n. 347,  le imposte ipotecarie e catastali, per ogni conferimento di azienda, si applicano nella misura fissa. Con un’ampia formulazione idonea a ricomprendere ogni e qualsiasi conferimento aziendale di società ed enti diversi la norma parla genericamente di «conferimenti di aziende o di complessi aziendali relativi a singoli rami dell’impresa».

Il terzo comma dell’art. 12 del Dlgs. del 23/07/1991 n. 240 stabilisce che: “Gli atti di trasferimento di proprieta’ di beni immobili o costituzione o trasferimento di diritti reali immobiliari sugli stessi, di cui alla lettera g) dell’art. 4 della tariffa, prima parte, del Testo Unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, approvato con D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, scontano l’imposta ipotecaria di trascrizione e l’imposta catastale in misura fissa (€ 200,00, secondo comma dell’art. 26 D.L. n. 104 12/09/2013)”.

Quindi, per il conferimento d’azienda, il cui patrimonio comprenda anche un bene immobile, in un GEIE, ai fini dell’imposizione indiretta, è  dovuta:

  • l’imposta di registro in misura fissa pari a euro 200;
  • euro 200 ciascuna per imposta ipotecaria e catastale.

Nessuna particolare disciplina è invece prevista per l’imposta di bollo, che è dovuta nella misura ordinaria.

La nota V posta in calce all’articolo 4 della medesima tariffa, parte prima, prevede che “per gli atti propri dei gruppi europei di interesse economico contemplati alla lettera a), numero 4), si applicano le imposte ivi previste”. Tale norma costituisce un’eccezione rispetto alla previsione generale di cui alla lettera g), che stabilisce, come detto, l’applicazione dell’imposta in misura fissa. Ne consegue che, nella particolare ipotesi in cui un atto proprio del GEIE consista nel conferimento di natanti da diporto o diritti reali di godimento sui medesimi, troveranno applicazione le medesime imposte previste dall’articolo 7 della tariffa, parte prima, allegata al Testo unico.

Per quanto attiene i GEIE non residenti,

  • essendo il GEIE previsto dall’ordinamento UE,
  • non facendo distinzione la normativa nazionale  in oggetto tra GEIE residenti nel territorio dello Stato e non,

si ritiene che i vantaggi su esposti ai fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali possano essere applicati a GEIE non residenti in Italia.

Conferimenti d’azienda: Imposizione Diretta

Tra le operazioni straordinarie si riconosce il  conferimento d’azienda, «l’operazione per cui un’azienda oppure un ramo aziendale dotato di autonoma capacità di reddito vengono conferiti (trasferiti, apportati) ad un ente giuridicamente diverso dall’impresa conferente» in cambio non di denaro, ma di una partecipazione al capitale della conferitaria.

I soggetti del conferimento sono:

  • il conferente: colui che apporta l’azienda ricevendone partecipazioni, che può essere:
    • persona fisica non imprenditore (l’azienda può esistere anche senza impresa);
    • imprenditore individuale; 
    • società;ente, titolare di diritti di proprietà o altro diritto reale (ad es. usufrutto);
  • il conferitario: colui che riceve l’azienda, aumentando di conseguenza il proprio capitale, che può essere:
    • società; 
    • ente.

Il conferitario può essere un soggetto:

  • di nuova costituzione (“conferimento per scorporo”);
  • preesistente (“conferimento per apporto” o “per concentrazione”), nel quale ultimo caso la conferitaria dovrà deliberare un aumento del capitale sociale con esclusione del diritto di opzione (art. 2441 c.c., co. 4).

Oggetto del conferimento è:

  • l’azienda, intesa come “il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa (art. 2555 c.c.)”;
  • o un ramo di azienda, inteso come uno specifico settore del complesso aziendale, composto da un’articolata quantità di beni tra loro articolati ed impiegabili per la realizzazione di un ciclo produttivo.

Ai fini delle imposte sui redditi, disciplina fiscale del conferimento d’azienda è contenuta nell’articolo 176 del DPR n. 917/86 così come modificato dal comma 46 dell’articolo 1 della Legge n. 244/07.

Il primo comma dell’articolo 176 del TUIR recita:

I conferimenti di aziende effettuati tra soggetti residenti nel
territorio dello Stato nell’esercizio di imprese commerciali, non
costituiscono realizzo di plusvalenze o minusvalenze
. Tuttavia il soggetto conferente deve assumere, quale valore delle partecipazioni ricevute, l’ultimo valore fiscalmente riconosciuto dell’azienda conferita e il soggetto conferitario subentra nella posizione di quello conferente in ordine agli elementi dell’attivo e del passivo dell’azienda stessa, facendo risultare da apposito prospetto di riconciliazione della dichiarazione dei redditi i dati esposti in bilancio e i valori fiscalmente riconosciuti”.

Quindi i conferimenti di azienda si considerano effettuati in neutralità fiscale, inidoneità dell’operazione a determinare il realizzo di plusvalenze e minusvalenze dell’azienda che passa all’organizzazione originaria (società conferente) alla struttura di destinazione (società conferitaria).

L’applicazione del principio della neutralità fiscale è condizionato da due presupposti che si devono verificare congiuntamente:

  • che il soggetto conferente ed il soggetto conferitario siano imprese commerciali;
  • che oggetto del conferimento sia una azienda (complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa).

Le condizioni richieste dal primo comma dell’articolo 176 affinché i conferimenti di aziende possano essere effettuati senza il realizzo di plusvalenze o minusvalenze sono le seguenti:

  • il soggetto conferente deve assumere quale valore della partecipazione ricevuta l’ultimo valore fiscalmente riconosciuto dell’azienda conferita;
  • il soggetto conferitario deve subentrare, ai fini fiscali, nella posizione del conferente in ordine agli elementi dell’attivo e del passivo dell’azienda ricevuta.

Nell’operazione di conferimento d’azienda in neutralità ex articolo 176 del TUIR è possibile individuare:

  • un soggetto “dante causa” nell’operazione, ossia il soggetto conferente (imprese individuali, società di persone commerciali (anche in contabilità semplificata), società di capitali o enti commerciali);
  • un soggetto “avente causa” nell’operazione rappresentato da una società che diviene conferitaria del complesso aziendale che può rivestire la natura giuridica di società di capitali ovvero di società di persone che svolge attività di impresa.

Il secondo comma dell’articolo 176 del TUIR stabilisce che:

Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche se il conferente
o il conferitario e’ un soggetto non residente, qualora il conferimento abbia ad oggetto aziende situate nel territorio dello Stato“.

Quindi:

  • ll soggetto conferente può essere non residente purché l’azienda sia situata in Italia;
  • il soggetto conferitario può essere un soggetto non residente, purché l’azienda “ricevuta” sia situata in Italia.

Una volta  determinata l’esatta consistenza del complesso aziendale da trasferire alla conferitaria, la società conferente determina l’eventuale scostamento positivo tra:

  • il valore corrente del patrimonio trasferito (corrispondente all’ammontare della partecipazione assegnata)
  • e il valore corrente della partecipazione ricevuta.

Il maggior valore rilevato dalla conferente può essere contabilizzato:

  • tra i conti del patrimonio netto come riserva da conferimento, nel caso in cui l’operazione di conferimento non abbia finalità di tipo realizzativo (c.d. “conferimento modello trasformazione“);
  •  o in un conto “plusvalenza da conferimento” imputabile a Conto economico tra i proventi, nel caso in cui l’operazione di conferimento implichi la volontà del conferente di realizzare il valore dell’azienda (c.d. “conferimento modello cessione“).

La riserva da conferimento iscritta dalla società conferitaria possiede natura civilistica e fiscale di riserva di capitale. Ne consegue che la sua distribuzione riduce il costo fiscale della partecipazione detenuta dal conferente.

Applicando il principio della neutralità fiscale, il soggetto conferitario dell’azienda, ai sensi del primo comma dell’articolo 176 del TUIR:

  • subentra nella posizione del conferente, in relazione agli elementi dell’attivo e del passivo dell’azienda conferita;
  • realizza la continuità dei valori fiscalmente riconosciuti degli elementi dell’attivo e del passivo dell’azienda conferita.

In base al  quarto comma dell’articolo 176 del TUIR: “Le  aziende  acquisite  in dipendenza di conferimenti effettuati con il regime di  cui  al  presente  articolo  si  considerano possedute dal soggetto conferitario anche  per  il  periodo  di  possesso del soggetto conferente“.

Ai sensi del quinto comma dell’articolo 176 del TUIR: l’eccedenza in sospensione di imposta,ai sensi dell’articolo109,comma 4, lettera b), relativa all’azienda conferita non concorre alla formazione del reddito del soggetto conferente e si trasferisce al soggetto conferitario a condizione che questi istituisca il vincolo di sospensione d’imposta previsto dalla norma predetta“.

Nel caso in cui il suddetto vincolo non sia ricostituito dalla società conferitaria, l’eccedenza in sospensione d’imposta concorre alla formazione del reddito del soggetto conferente

Nel caso in cui non fosse applicabile la disposizione contenuta nell’articolo 176 del TUIR , vige il disposto dell’articolo 9comma 5, del TUIR :“Ai fini delle imposte sui redditi le disposizioni relative alle cessioni a titolo oneroso valgono anche per gli atti a titolo oneroso che importano costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento e per i conferimenti in società“.

Il quinto comma dell’articolo 9 del TUIR  attribuisce al conferimento di beni la natura di cessione a titolo oneroso che determina in capo al conferente plusvalenze tassabili o minusvalenze deducibili, calcolate come differenza tra:

  • valore corrente dei beni;
  • costo fiscalmente riconosciuto in capo alla conferente.

L’articolo 176, comma 2-ter del TUIR  prevede che: “In luogo dell’applicazione delle disposizioni dei commi 1, 2 e 2-bis, la società conferitaria può optare, nella dichiarazione dei redditi
relativa all’esercizio nel corso del quale e’ stata posta in essere
l’operazione o, al più tardi, in quella del periodo d’imposta successivo,
per l’applicazione, in tutto o in parte, sui maggiori valori attribuiti in
bilancio agli elementi dell’attivo costituenti immobilizzazioni materiali e immateriali relativi all’azienda ricevuta, di un’imposta sostitutiva
dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, dell’imposta sul reddito
delle società e dell’imposta regionale sulle attività produttive, con
aliquota del 12 per cento sulla parte dei maggiori valori ricompresi nel
limite di 5 milioni di euro, del 14 per cento sulla parte dei maggiori
valori che eccede 5 milioni di euro e fino a 10 milioni di euro e del 16 per
cento sulla parte dei maggiori valori che eccede i 10 milioni di euro. I
maggiori valori assoggettati a imposta sostitutiva si considerano
riconosciuti ai fini dell’ammortamento a partire dal periodo d’imposta nel
corso del quale è esercitata l’opzione; in caso di realizzo dei beni
anteriormente al quarto periodo d’imposta successivo a quello dell’opzione, il costo fiscale è ridotto dei maggiori valori assoggettati a imposta sostitutiva e dell’eventuale maggior ammortamento dedotto e l’imposta sostitutiva versata è scomputata dall’imposta sui redditi ai sensi degli articoli 22 e 79″

Quindi l’articolo 176, comma 2-ter del TUIR prevede la possibilità, per la società conferitaria di optare per l’applicazione di un’imposta sostitutiva (sui maggiori valori attribuiti in bilancio agli elementi dell’attivo costituenti immobilizzazioni materiali ed immateriali) delle imposte sui redditi e dell’Irap.

L’opzione di cui all’articolo 176, comma 2-ter del TUIRpuò essere esercitata, in alternativa:

  • nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta nel corso del quale l’operazione è stata posta in essere;
  • oppure, al più tardi, nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta successivo.

Il D.M. 25 luglio 2008, emanato ai sensi dell’art. 1, comma 47, della L. 244/2007, ha disciplinato l’applicazione dell’imposta sostitutiva in merito:

  • all’esercizio e agli effetti dell’opzione;
  • all’accertamento e alla riscossione dell’imposta sostitutiva;
  • al coordinamento con le disposizioni in materia del bonus aggregazioni;
  • alla previsione di eventuali limiti minimi nell’ipotesi di applicazione parziale dell’imposta sostitutiva.

A seguito è stata emanata la C.M. 57/E/2008 (Razionalizzazione della disciplina delle operazioni di riorganizzazione aziendale – articolo 1, commi 46 e 47, della legge 24 dicembre 2007, n. 244).

L’opzione si considera perfezionata con il versamento della prima delle tre rate dell’imposta sostitutiva dovuta, la cui aliquota è determinata a scaglioni:

  • 12% sulla parte dei maggiori valori assoggettati a tassazione entro i 5 milioni di euro;
  • 14% sulla parte che eccede 5 milioni e fino a 10 milioni di euro;
  • 16% sulla parte superiore a 10 milioni di euro.

L’imposta va versata in tre rate annuali (codice tributo “1126”):

  • la prima ratapari al 30%, va versata entro il termine di versamento a saldo delle imposte sui redditi e dell’Irap relative al periodo di imposta in cui è avvenuta l’operazione straordinaria o a quello successivo, in caso di opzione ritardata (fatto salvo il differimento di 30 giorni con la maggiorazione dello 0,40%);
  • alla seconda rata, pari al 40%, e alla terza, pari al 30%, si applicano gli interessi nella misura del 2,5%, e vanno versate entro il termine per il versamento a saldo dell’imposta sul reddito e dell’Irap dei periodi di imposta successivi a quelli di esercizio dell’operazione.

L’applicazione dell’imposta sostitutiva può avere ad oggetto la totalità dei maggiori valori attribuiti in bilancio agli elementi dell’attivo costituenti immobilizzazioni materiali edimmateriali (incluso l’avviamento) relativi all’azienda ricevuta, ovvero riguardare solo una parte degli stessi (c.d. “affrancamento parziale“).

L’importante è che l’imposta sostitutiva sia applicata per categorie omogenee di immobilizzazioni, ovverosia con riferimento ai beni immobili è necessario distinguere nelle seguenti cinque categorie:

  • aree fabbricabili aventi medesima destinazione urbanistica;
  • aree non fabbricabili;
  • fabbricati strumentali per destinazione;
  • fabbricati strumentali per natura;
  • immobili patrimoniali.

Per i beni mobili le categorie omogenee si formano sulla base dell’anno di acquisizione e del coefficiente di ammortamento, mentre per le immobilizzazioni immateriali l’imposta sostitutiva può essere applicata anche su ognuna singolarmente.

L’opzione per il regime opzionale dell’imposta sostitutiva permette al conferitario il riconoscimento dei maggiori valori, ai fini dell’ammortamento, a partire dal periodo di imposta successivo a quello dell’opzione.

Il mantenimento di tale agevolazione richiede infine che i beni affrancati siano mantenuti per almeno i quattro periodi di imposta successivi, pena la riduzione del costo fiscale riconosciuto con l’affrancamento.

Agli effetti dell’applicazione del regime in argomento, assumono rilievo le differenze residue tra il valore d’iscrizione in bilancio dei beni ricevuti in occasione di operazioni di conferimento di azienda, ramo o complesso aziendale, classificati dal soggetto conferitario tra le immobilizzazioni materiali e immateriali, incluso l’avviamento, e l’ultimo valore fiscalmente riconosciuto dei beni stessi presso il soggetto conferente.

Non possono, invece, formare oggetto di affrancamento né i disallineamenti derivanti da deduzioni extracontabili effettuate ai sensi dell’articolo 109, comma 4, del Tuir. Né eventuali altri disallineamenti, relativi a beni già presenti nel bilancio della società conferitaria prima dell’operazione straordinaria.

Nel caso di conferimento d’azienda avvenuto nel corso del 2016, l’esercizio dell’opzione poteva avvenire mediante versamento della prima rata dell’imposta sostitutiva entro il 31 luglio 2017 (oppure entro il 21 agosto 2017 con la maggiorazione dello 0,40%) e con l’indicazione nel quadro RQ del modello Redditi SC 2017.

Come abbiamo detto l’opzione si considera perfezionata con il versamento della prima delle tre rate (codice tributo “1126”) dell’imposta sostitutiva entro il termine di versamento a saldo delle imposte sui redditi e dell’Irap relative al periodo di imposta in cui è avvenuta l’operazione straordinaria o a quello successivo, in caso di opzione ritardata dovuta, e con l’indicazione nel Quadro RQ, SC, SEZIONE VI-A (Imposta sostitutiva sui maggiori valori dei beni (art. 1, c. 47 della L. n. 244/2007 e art. 176 del Tuir).

 I conferimenti d’azienda: imposizione indiretta

I conferimenti d’azienda, come previsto dall’art. 2, comma 2, lett. b), del D.P.R. n. 633/72, sono qualificate, in ambito Iva, come operazioni escluse (o fuori campo) dall’ambito di applicazione dell’Iva.

Ai sensi dell’art. 40 del D.P.R. n. 131/86, a fronte dell’esclusione dall’IVA, dovrebbe scattare il cd. principio di alternatività con l’imposta di registro (nonché con le ipotecarie e catastali) , con applicazione di quest’ultima in misura proporzionale.

Per il conferimento d’azienda, pur a fronte della mancata applicazione dell’IVA, art. 4, lett. b), della Tariffa, parte I, allegata al D.P.R. n. 131/86, si rende applicabile in ogni caso l’imposta di registro in misura fissa pari a euro 200, anche se nel compendio aziendale conferito sono presenti beni immobili.

In base all’articolo 4 della tariffa allegata al d. lgs. 31 ottobre 1990 n. 347,  le imposte ipotecarie e catastali, per ogni conferimento di azienda, si applicano nella misura fissa. Con un’ampia formulazione idonea a ricomprendere ogni e qualsiasi conferimento aziendale di società ed enti diversi la norma parla genericamente di «conferimenti di aziende o di complessi aziendali relativi a singoli rami dell’impresa».

Quindi, per il conferimento d’azienda il cui patrimonio comprenda anche un bene immobile, ai fini dell’imposizione indiretta, è  dovuta:

  • l’imposta di registro in misura fissa pari a euro 200;
  • euro 200 ciascuna per imposta ipotecaria e catastale.

Conferimento di azienda da parte di società od enti

Ai sensi dell’articolo 4, lettera b), della tariffa, parte prima, allegata al d.p.r. 26 aprile 1986 n. 131,  sono soggetti ad imposta fissa di registro i conferimenti di aziende o di complessi aziendali relativi a singoli rami dell’impresa, fatti da una società ad altra società esistente o da costituire, ovvero posti in essere da enti diversi dalle società, purché, in base al primo comma dello stesso articolo,  aventi per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale o agricola.

Come chiarito con la circolare ministeriale 10 giugno 1986 n. 37, parte n. 23, nel commento all’art. 50 del t.u. sull’imposta di registro, la legge, nell’equiparare alle aziende i complessi aziendali, «non esige più il requisito che i rami dell’impresa pertinenti a tali complessi siano gestiti distintamente e con contabilità separata, come richiedeva il previgente d.p.r. n. 634/1972».

La legge contempla tutte le ipotesi di conferimento della proprietà di aziende o rami di aziendasia i conferimenti effettuati in sede di costituzione della società, sia quelli effettuati in società già esistente, a seguito di aumento di capitale.

Sotto il profilo soggettivo, si fa espresso riferimento ai conferimenti da società a società (ovviamente di qualsiasi tipo ed oggetto), ed alle analoghe operazioni poste in essere da enti diversi dalle società (a favore, ovviamente, sia di altri enti che di società).

La direttiva CEE 69/335 del 17 luglio 1969, concernente le imposte indirette sulla raccolta di capitali, come modificata dalla Direttiva 85/303/CEE del Consiglio del 10 giugno 1985, dispone l’inapplicabilità dell’imposta proporzionale sui conferimenti agli atti societari che comportino il conferimento da parte di una o più società della totalità dei loro patrimoni o di uno o più rami della loro attività ad una o più società esistenti o in via di costituzione. La Corte di giustizia CEE 13 febbraio 1996, Cause riunite C-197/94 e C-252/94, chiamata a giudicare in merito all’Art. 7, n. 1, della direttiva 69/335/CEE, ha deciso che:  l’ art. 7, n. 1, della direttiva del Consiglio 17 luglio 1969, 69/335/CEE, concernente le imposte indirette sulla raccolta di capitali, come modificato dalla direttiva del Consiglio 9 aprile 1973, 73/80/CEE, che fissa le aliquote comuni dell’ imposta sui conferimenti, applicabile dal 1 gennaio 1976, e successivamente dalla direttiva del Consiglio 10 giugno 1985, 85/303/CEE, applicabile dal 1 gennaio 1986, osta all’ applicazione di una normativa nazionale.

L’articolo 4, lettera b), della tariffa, parte prima, allegata al d.p.r. 26 aprile 1986 n. 131 deve essere interpretato in senso estensivo, in considerazione dei principi comunitari,   volti a favorire in generale i processi di concentrazione e ristrutturazione aziendale. Devono quindi esservi ricomprese le operazioni di conferimento da società a società, da società ad enti diversi, da enti diversi a società, da enti ad enti.

Dal coordinamento della disposizione in oggetto con quella contenuta nella nota IV all’art. 4 della tariffa, parte prima, nonché con quella contenuta nella lettera a), numero 3), del medesimo art. 4, emerge che l’imposta di registro in misura fissa si applica a tutti i conferimenti in società o enti, a prescindere dalla circostanza che la società conferitaria abbia la propria sede sia in Italia che all’estero.

Conferimento di azienda da parte di imprenditore individuale

L’art. 4, lettera a), n. 3, della tariffa, parte prima, allegata al d.p.r. 131/1986, assoggetta ad imposta fissa di registro il conferimento di proprietà o diritto reale di godimento su aziende o su complessi aziendali relativi a singoli rami dell’impresa. La disposizione equipara sostanzialmente i conferimenti effettuati da imprenditore individuale a quelli effettuati da società ed altri enti, pur rimanendo, comunque,  le due fattispecie formalmente disciplinate da due norme distinte, contenute rispettivamente:

  • nel n. 3 della lettera a) dell’art. 4 della tariffa;
  • nella lettera b),  dell’art. 4 della tariffa.

Conferimento di aziende da soggetti non imprenditori

L’azienda può essere conferita in società anche da soggetti non imprenditori, che non esercitano all’atto del conferimento, alcuna attività di impresa: si pensi al conferimento da parte degli eredi dell’imprenditore defunto, ovvero da parte del proprietario che ha precedentemente affittato l’azienda e non conservi la qualità di imprenditore, o da parte del nudo proprietario, ovvero ancora da parte dell’acquirente dell’azienda che non ha ancora iniziato l’attività.

Sotto il profilo fiscale, è stato chiarito come ai fini dell’applicabilità delle norme sui conferimenti di azienda non sia necessario l’utilizzo attuale dell’azienda nell’ambito di attività di impresa, ma è sufficiente che sussista un complesso produttivo organizzato idoneo all’esercizio di impresa.

Il conferimento di azienda da parte di soggetto privato è soggetto allo stesso identico trattamento sopra descritto a proposito del conferimento da parte di società od imprenditori individuali: si applica l’imposta di registro in misura fissa, ai sensi dell’art. 4, lettera a), n. 3, della tariffa, parte prima, allegata al d.p.r. 131/1986.

Conferimento in Gruppi Europei di Interesse Economico (GEIE)

La lettera g) dell’articolo 4 della tariffa, parte prima, allegata al t.u. dell’imposta di registro, come introdotta dall’articolo 12 del d.lgs. 23 luglio 1991 n. 240 (e come modificata dalla legge 488/1999), dispone che agli «atti propri» dei gruppi europei di interesse economico si applica l’imposta di registro nella misura fissa. La disposizione va coordinata con quella contenuta nella successiva nota V dell’articolo 4, per cui agli atti di conferimento di unità da diporto (lettera a, n. 4) si applicano le imposte fisse previste nell’articolo 7 della tariffa.

Quindi i conferimenti aventi ad oggetto aziende, sia in sede di costituzione dell’ente che successivamente, sono soggetti all’imposta proporzionale in misura fissa.

L’articolo 12, comma 3, del d.lgs. 23 luglio 1991 n. 240 disciplina le imposte ipotecarie e catastali: i conferimenti della proprietà o di diritti reali di godimento su beni immobili a favore del GEIE sono soggetti ad imposte ipotecaria e catastale in misura fissa.

Nessuna particolare disciplina è invece prevista per l’imposta di bollo, che è dovuta nella misura ordinaria.

Per quanto attiene i GEIE non residenti,

  • essendo il GEIE previsto dall’ordinamento UE
  • non facendo distinzione la normativa nazionale  in oggetto tra GEIE residenti nel territorio dello Stato e non

si ritiene che i vantaggi su esposti ai fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali possano essere applicati a GEIE non residenti in Italia.

Conferimento in società aventi sede in altro Stato membro dell’Unione Europea

La nota IV all’articolo 4 della tariffa, parte prima, allegata al t.u. sull’imposta di registro, come modificata dall’art. 10, comma 6, del d.l. 20 giugno 1996 n. 323, convertito con legge 8 agosto 1996 n. 425, e dalla legge 488/1999, prevede che gli atti di cui alle precedenti lettere a) e b), che comprendono, tra l’altro, tutte le tipologie di conferimenti in società (1), sono soggetti ad imposta di registro nella misura fissa se la società o l’ente destinatario del conferimento ha la sede legale o amministrativa in altro Stato membro dell’Unione Europea (2).

Con riferimento alle imposte ipotecaria e catastale per il conferimento di azienda è prevista l’applicazione delle suddette imposte in misura fissa.

Conferimento in società aventi sede in uno Stato extracomunitario

Si applica l’imposta fissa di registro, al pari dei conferimenti in società aventi sede in Italia (arg. ex art. 4, lettera a), n. 3, lettera b) e nota IV all’art. 4 della tariffa, parte prima, allegata al t.u.).

In sintesi

Conferimento di azienda o ramo di azienda, effettuato da parte di società, enti, imprenditori individuali (anche se comprendente immobili):

  • imposta di registro fissa (art. 4, lett. b), tariffa, parte prima, t.u. imposta di registro, come modificato dall’art. 10 del d.l. n. 323/1996, e art. 4, lettera a), n. 3, della medesima tariffa, come modificata dalla legge 488/1999);
  • imposta ipotecaria fissa (art. 4 tariffa allegata al d.lgs. n. 347/1990);
  • imposta catastale fissa (art. 10 d.lgs. n. 347/1990).

Conferimento di azienda o ramo di azienda da soggetto privato (anche se comprendente immobili):

  • imposta di registro fissa art. 4, lettera a), n. 3, della tariffa, parte prima, allegata al d.p.r. 131/1986, come modificata dalla legge 488/1999);
  • imposta ipotecaria fissa (art. 4 tariffa allegata al d.lgs. n. 347/1990);
  • imposta catastale fissa (art. 10 d.lgs. n. 347/1990).

Conferimento di azienda o ramo di azienda in Gruppi Europei di Interesse Economico (GEIE)

  • imposta di registro fissa;
  • imposta ipotecaria fissa;
  • imposta catastale fissa.

Conferimento di azienda o ramo di azienda in società aventi la sede in altro Stato membro dell’Unione europea:

  • imposta di registro fissa (art. 4, nota IV, tariffa, parte prima, allegata al t.u.);
  • imposta ipotecaria fissa;
  • imposta catastale fissa.

Conferimento in società aventi sede in uno Stato extracomunitario:

  • imposta di registro fissa;
  • imposta ipotecaria fissa;
  • imposta catastale fissa.

Conferimento di azienda e disciplina delle sanzioni amministrative

L’articolo 14 del d.lgs. 18 dicembre 1997 n. 472, entrato in vigore il 1° aprile 1998, prevede, nell’ipotesi di cessione (e quindi anche di conferimento) di azienda, che l’acquirente dell’azienda è responsabile in solido con il cedente, salvo il beneficio di escussione, per il pagamento dell’imposta e delle sanzioni riferibili all’anno in cui avviene la cessione ed ai due anni precedenti, nonché per quelle già irrogate e contestate, anche se riferite a periodi precedenti. La responsabilità del cessionario è limitata al valore dell’azienda o ramo di azienda acquistati, salvo il caso di cessione in frode dei crediti tributari (il comma 5 prevede peraltro che la frode si presume, salvo prova contraria, quando il trasferimento sia stato effettuato entro sei mesi dalla constatazione di una violazione penalmente rilevante). La responsabilità del cessionario è inoltre limitata al debito risultante, alla data del trasferimento, dagli atti degli uffici dell’Amministrazione finanziaria o degli enti preposti all’accertamento dei tributi.

L’articolo 14, comma 3, dispone che gli uffici dell’Amministrazione finanziaria e gli enti preposti all’accertamento dei tributi di loro competenza sono obbligati, su richiesta dell’interessato, a rilasciare un certificato attestante l’inesistenza di contestazioni; certificato che, se negativo, ha pieno effetto liberatorio per il cessionario; analogo effetto liberatorio si ha in caso di mancato rilascio del certificato entro 40 giorni dalla richiesta.

Le principali differenze rispetto alla normativa precedentemente vigente sono quindi le seguenti:

  • nel nuovo sistema la responsabilità del cessionario riguarda anche l’imposta sul valore aggiunto, ed in genere tutte le imposte sia dirette che indirette dovute dal cedente;
  • nel sistema preesistente, il cessionario non era solidalmente responsabile, ma si può dire che l’azienda acquistata fosse gravata da una sorta di privilegio a favore dello Stato; con l’entrata in vigore della nuova normativa è prevista una vera e propria responsabilità solidale del cessionario (nei limiti del valore dell’azienda o ramo di azienda acquistati), il quale quindi risponderà – entro i limiti del valore dell’azienda o ramo di azienda conferiti – con tutti i beni del suo patrimonio;
  • nella nuova normativa è espressamente contemplata l’ipotesi della cessione (e quindi anche del conferimento) di ramo di azienda;
  • in passato si poteva chiedere un certificato di assenza di pendenze all’ufficio imposte, che però non aveva alcun effetto liberatorio; con il nuovo sistema si potrà chiedere un certificato di assenza di pendenze a ciascun ufficio finanziario (anche, ad esempio, all’ufficio IVA), con effetto liberatorio per il cessionario. In caso di conferimento di azienda in società, pertanto, la società sarà responsabile nei limiti sopra indicati, salvo il rilascio del certificato di cui all’articolo 14, comma 3, ovvero il mancato rilascio del certificato da parte di ciascun ufficio interessato, entro quaranta giorni dalla richiesta;
  • nell’ipotesi di conferimento entro sei mesi dall’effettuazione di contestazioni penalmente rilevanti al cedente, si presume la frode, e  il cessionario dell’azienda è solidalmente responsabile senza alcuna limitazione. In questo caso, inoltre, non si applicano neanche le altre limitazioni previste nell’articolo 14, e quindi né il beneficio di preventiva escussione, né i limiti temporali ex commi 1 e 2, né infine l’effetto liberatorio del certificato rilasciato dagli uffici dell’amministrazione finanziaria.

Con D. Lgs. 8 giugno 2001 n. 231 (in G.U. n. 140 del 19.6.2001), in vigore dal 4 luglio 2001, è stata dettata, in attuazione della delega conferita con l’art. 11 della legge 29 settembre 2000 n. 300, una nuova disciplina della responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato. Soggetti passivi di tale disciplina sono gli enti forniti di personalità giuridica (compresi gli enti pubblici economici), e le società e associazioni anche prive di personalità giuridica. Ai sensi dell’art. 33, nel caso di cessione dell’azienda nella cui attività è stato commesso il reato, il cessionario è solidalmente obbligato, salvo il benefìcio della preventiva escussione dell’ente cedente e nei limiti del valore dell’azienda, al pagamento della sanzione pecuniaria. L’obbligazione del cessionario è limitata alle sanzioni pecuniarie che risultano dai libri contabili obbligatori, ovvero dovute per illeciti amministrativi dei quali egli era comunque a conoscenza. Le suddette disposizioni si applicano – per espressa previsione del comma 3 dell’art. 33 – anche alla fattispecie del conferimento di azienda.

(1) Nel senso che «il beneficio dell’imposta fissa si applica altresì a qualsiasi tipo di conferimento in società, sempreché sussista il cennato requisito della sede comunitaria della società stessa», Circ. Min. Fin. 10 giugno 1986 n. 37.

(2) La disposizione in esame è stata a suo tempo introdotta per adeguare la disciplina nazionale alla direttiva CEE n. 335 del 17 luglio 1969, il cui articolo 2 stabilisce: «Le operazioni sottoposte all’imposta sui conferimenti sono tassabili unicamente nello Stato membro sul territorio nel quale si trova la sede della direzione effettiva della società di capitali al momento in cui hanno luogo dette operazioni», prevedendo peraltro, al secondo comma, il criterio sussidiario della sede statutaria. Ai sensi del successivo articolo 3, comma 2, «Per l’applicazione della presente direttiva, è assimilata alle società di capitali ogni altra società, associazione o persona giuridica che persegua scopi di lucro». Alla luce di tale normativa, e considerato anche che la nota IV all’articolo 4 della tariffa deve essere posta in relazione con il comma 1, primo periodo dell’articolo stesso, che ne definisce l’ambito soggettivo di applicazione, deve ritenersi che il beneficio dell’imposta fissa competa anche ai conferimenti in enti diversi dalle società, aventi ad oggetto principale o esclusivo l’esercizio di attività commerciale o agricola, con sede in altro Stato CEE.