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Esterometro, prima scadenza 30 aprile 2019

A partire dalle fatture emesse o registrate dal 1° gennaio 2019, è stata introdotta una nuova comunicazione (mensile) delle fatture relative ad operazioni transfrontaliere, il cosiddetto “Esterometro”, con cui si trasmetteranno i dati delle operazioni effettuate da e verso operatori esteri soggetti residenti in UE ed extra UE. 

L’art. 1, comma 3 -bis , del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127, inserito dall’art. 1, comma 909, lettera a) , n. 4, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, ha disposto che a decorrere dal 1° gennaio 2019: «i soggetti passivi di cui al comma 3 trasmettono telematicamente all’agenzia delle entrate i dati relativi alle operazioni di cessione dei beni e di prestazioni di servizi effettuate e ricevute verso e da soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato, salvo quelle per le quali è stata emessa una bolletta doganale e quelle per le quali siano state emesse o ricevute fatture elettroniche secondo le modalità indicate nel comma 3. La trasmissione telematica è effettuata entro l’ultimo giorno del mese successivo a quello della data del documento emesso ovvero a quello della data di ricezione del documento comprovante l’operazione»;

I soggetti obbligati sono quelli residenti, stabiliti o identificati nel territorio dello Stato direttamente o per mezzo di rappresentante fiscale.

Il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del  27 febbraio 2019, art. 1, comma 2,  ha prorogato al 30 aprile 2019 l’invio dell’esterometro relativo ai mesi di gennaio e febbraio 2019 (I dati di cui all’art. 1, comma 3 -bis , del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127, relativi alle operazioni dei mesi di gennaio e febbraio 2019 sono trasmessi all’Agenzia delle entrate entro il 30 aprile 2019)Quindi il 30 aprile devono essere trasmessi sia gli esterometri riferiti ai mesi di gennaio e febbraio, sia quello di marzo.

Con l’esterometro gli operatori Iva residenti, comunicano le operazioni di cessione di beni e di prestazione di servizi effettuate e ricevute verso e da soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato.

L’esterometro sarà facoltativo per chi emetterà una bolletta doganale (per le importazioni) e per le operazioni per le quali saranno emesse o ricevute fatture elettroniche tramite lo SDI (Sistema di Interscambio), a propri clienti o da propri fornitori, che siano soggetti non residenti o non stabiliti in Italia o soggetti non residenti ma identificati in Italia.

Sono incluse nell’obbligo dell’invio Esterometro:

  • le fatture emesse verso soggetti comunitari non stabiliti anche se identificati ai fini IVA in Italia, per i quali non è stata emessa fattura elettronica tramite SdI;
  • le fatture ricevute da soggetti comunitari non stabiliti;
  • le fatture emesse per servizi generici verso soggetti extracomunitari per cui non è stata emessa la fattura elettronica e per le quali non c’è una bolletta doganale;
  • le autofatture per servizi ricevuti da soggetti extracomunitari;
  • le autofatture per acquisti di beni provenienti da magazzini italiani di fornitori extraUe.

L’obbligo di certificare le operazioni con fattura elettronica, riguarda solamente quelle intercorse tra soggetti residenti o stabiliti nel territorio dello Stato, le operazioni con controparti non residenti (escluse dall’obbligo della fattura elettronica) devono essere comunicate mensilmente all’Amministrazione Finanziaria tramite l’esterometro.

In particolare un soggetto passivo estero può identificarsi in Italia, direttamente o mediante la nomina di un rappresentante fiscale.

In merito, l’Agenzia delle Entrate ha di recente precisato che per le operazioni effettuate da soggetti passivi Iva nazionali nei confronti di soggetti non residenti, ma identificati in Italia, è possibile emettere una fattura “tradizionale” e quindi inserirla nell’esterometro, oppure emettere (facoltativamente) una fattura elettronica (inserendo il valore “0000000” nel campo Codice destinatario, salvo che il cliente non abbia comunicato alla controparte la PEC o il codice destinatario), evitando per tale operazione la comunicazione mensile.

In definitiva per i soggetti non residenti nel territorio dello Stato, ma ivi identificati tramite rappresentante fiscale, non si acquisisce la qualifica di soggetti stabiliti in Italia (né tantomeno quella di residente), con la conseguenza che l’operazione effettuata nei confronti di tali soggetti, non confluisce nell’obbligo di emissione della fattura elettronica che comunque rimane facoltativa.

Con l’introduzione della fatturazione elettronica obbligatoria, è prevista l’eliminazione dello spesometro ovvero della comunicazione di tutte le fatture attive e passive e delle bolle doganali.

L’ultimo appuntamento con la suddetta comunicazione è stato il 28 febbraio 2019 data entro la quale è stata effettuata la comunicazione relativa al secondo semestre 2018.

Nella nuova comunicazione occorre indicare anche le fatture emesse o ricevute da soggetti esteri non stabiliti, ma solo identificati direttamente nel territorio dello Stato oppure con rappresentante fiscale.

Occorre indicare nell’esterometro l’acquisto di merce che si trova in Italia con fattura ricevuta:

  • da fornitore comunitario (integrazione della fattura senza Intrastat);
  • da fornitore extracomunitario (autofattura).

Come detto, è possibile inoltre non comunicare l’operazione nell’esterometro se viene emessa fattura elettronica con indicazione, tra i dati anagrafici del cessionario, del Codice Destinatario “0000000” (esclusivamente per i dati delle fatture emesse).

Le operazioni da comunicare con l’esterometro, come specificato dal Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 30 aprile 2018, punto 9 (1), riguardano le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate e ricevute verso e da soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato.

Con l’adempimento si dovranno trasmettere le seguenti informazioni:

  • i dati identificativi del cedente/prestatore;
  • i dati identificativi del cessionario/committente;
  • la data del documento comprovante l’operazione;
  • la data di registrazione (per i soli documenti ricevuti e le relative note di variazione);
  • il numero del documento;
  • la base imponibile;
  • l’aliquota Iva applicata e l’imposta ovvero, ove l’operazione non comporti l’annotazione dell’imposta nel documento, la tipologia dell’operazione.

La comunicazione dei dati si effettuerà predisponendo un file XML, e affinché questo sia accettato dall’Agenzia delle Entrate, il responsabile della trasmissione (soggetto obbligato o delegato) deve apporre una firma elettronica oppure, solo in caso di invio del file tramite l’interfaccia “Fatture e Corrispettivi”,  è necessario il sigillo elettronico dell’Agenzia delle Entrate.

Per l’omissione o l’errata trasmissione dei dati è prevista la sanzione amministrativa di due euro per ciascuna fattura, comunque entro il limite massimo di 1.000 euro per ciascun trimestre. La sanzione è ridotta alla metà, entro il limite massimo di 500 euro, se la trasmissione è effettuata nei 15 giorni successivi alla scadenza, o se nello stesso termine viene effettuata la trasmissione corretta dei dati.

Con la risposta n. 8 del 7 febbraio 2019 alla richiesta di consulenza giuridica relativa all’esterometro, l’Agenzia delle Entrate ha fornito importanti chiarimenti su alcune delle operazioni escluse dall’obbligo di comunicazione.

Secondo quando richiamato dall’Agenzia delle Entrate e sulla base dei principi stabiliti dalla normativa sopra analizzata, le operazioni tax free shopping e le relative fatture emesse tramite il sistema Otello sono escluse dall’esterometro.

L’Agenzia delle entrate, con la risposta n. 85/2019,pubblicata il 27 marzo 2019, ha chiarito che tutti i soggetti residenti o stabiliti nel territorio dello Stato hanno l’obbligo di trasmettere “telematicamente all’Agenzia delle entrate i dati relativi alle operazioni di cessione di beni e di prestazione di servizi effettuate e ricevute verso e da soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato, salvo quelle per le quali è stata emessa una bolletta doganale e quelle per le quali siano state emesse o ricevute fatture elettroniche secondo le modalità indicate nel comma 3”. A differenza del modello Intrastat previsto per i soggetti passivi IVA italiani che effettuano scambi di beni comunitari e/o di servizi generici con altri soggetti passivi IVA di altri Stati comunitari, l’esterometro riguarda tutte le cessioni di beni e prestazioni di servizi verso e da soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato, senza ulteriori limitazioni. Infatti, ai fini di tale adempimento, è rilevante solo la circostanza che il soggetto non sia stabilito in Italia (indipendentemente dalla natura dello stesso) e non è significativo il fatto che l’operazione sia o meno rilevante IVA nel territorio nazionale. Pertanto, la comunicazione andrà effettuata dai soggetti passivi d’imposta italiani anche con riferimento alle prestazioni ricevute da operatore economico estero non soggetto passivo IVA.

(1Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 30 aprile 2018 (come modificato dal provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 21 dicembre 2018)

9. Trasmissione telematica dei dati delle operazioni transfrontaliere

9.1 Con riferimento alle operazioni di cessione di beni e di prestazione di servizi effettuate e ricevute verso e da soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato, gli operatori IVA residenti trasmettono le seguenti informazioni secondo il tracciato e le regole di compilazione previste dalle specifiche tecniche allegate al presente provvedimento: i dati identificativi del cedente/prestatore, i dati identificativi del cessionario/committente, la data del documento comprovante l’operazione, la data di registrazione (per i soli documenti ricevuti e le relative note di variazione), il numero del documento, la base imponibile, l’aliquota IVA applicata e l’imposta ovvero, ove l’operazione non comporti l’annotazione dell’imposta nel documento, la tipologia dell’operazione.

9.2 La comunicazione di cui al precedente punto 9.1 è facoltativa per tutte le operazioni per le quali è stata emessa una bolletta doganale e quelle per le quali siano state emesse o ricevute fatture elettroniche secondo le regole stabilite nei punti precedenti.

9.3 La trasmissione telematica è effettuata entro l’ultimo giorno del mese successivo a quello della data del documento emesso ovvero a quello della data di ricezione del documento comprovante l’operazione. Per data di ricezione si intende la data di registrazione dell’operazione ai fini della liquidazione dell’IVA.

9.4 Per le sole fatture emesse, le comunicazioni di cui al punto 9.1 possono essere eseguite trasmettendo al sistema dell’Agenzia delle entrate l’intera fattura emessa, in un file nel formato stabilito al punto 1.3 e compilando solo il campo “CodiceDestinatario” con un codice convenzionale indicato nelle specifiche tecniche allegate al presente provvedimento

Depositi IVA – articolo 50-bis del DL 331/93

L’ articolo 50-bis del DL 331/93 disciplina, ai fini dell’IVA, speciali depositi fiscali (i c.d. depositi IVA), spazi fisici situati all’interno del territorio italiano, utilizzabili per la custodia di beni  (che non siano destinati alla vendita al minuto nei locali dei depositi medesimi), in cui questi beni vengono immessi in un regime sospensivo d’imposta, fino al momento della loro estrazione.

Sono abilitate a gestire tali depositi le imprese esercenti magazzini generali munite di autorizzazione doganale, quelle esercenti depositi franchi e quelle operanti nei punti franchi.

Il ricorso al deposito IVA ha come obiettivo differire il pagamento dell’IVA: l’assolvimento dell’imposta si ha nel momento in cui i beni vengono estratti dal deposito consentendo di ridurre il ricorso al mercato del credito e più in generale gli oneri finanziari che possono gravare sull’azienda.

Ai sensi del citato articolo 50–bis nei depositi IVA possono essere custoditi:

  • beni nazionali oggetto di cessioni intracomunitarie;
  • beni nazionali elencati nella tabella A-bis allegata al DL331/93 (stagno, rame, zinco, nichel, alluminio, piombo, cereali, semi e frutti oleosi, lana, olive, gomma in forme primarie, caffè non torrefatto, tè, cacao, zucchero greggio, patate, argento, platino, grassi e oli vegetali….);
  • beni provenienti da altro Stato UE;
  • beni provenienti da Stati extra UE “immessi in libera pratica” (tramite pagamento dell’eventuale dazio con emissione del documento doganale DAU).

L’art. 4, comma 7,del D.L. 193/2016  è intervenuto sul regime di cui all’articolo 50-bis del DL 331/93 apportando modifiche  a decorrere dal 01 aprile 2017:

  • <u (diversamente dal precedente regime che limitava questa circostanza alle sole cessioni intra UE ed a a quelle di cui alla tabella A-bis);
  • E’ effettuata, senza pagamento dell’imposta, l’estrazione da parte di soggetti Esportatori Abituali che decidono di avvalersi del plafond disponibile, nel qual caso la dichiarazione d’intento va trasmessa all’Agenzia delle Entrate, che rilascia apposita ricevuta telematica;
  • L’introduzione in deposito di beni oggetto di acquisto intra UE è dovuta dal soggetto che procede all’estrazione (articolo 50-bis del DL 331/93, comma 6 ….. il soggetto che procede all’estrazione assolve l’imposta provvedendo alla integrazione della relativa fattura, con la indicazione dei servizi eventualmente resi e dell’imposta, ed alla annotazione della variazione in aumento nel registro di cui all’articolo 23 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 entro quindici giorni dall’estrazione e con riferimento alla relativa data; la variazione deve, altresì, essere annotata nel registro di cui all’articolo 25 del medesimo decreto entro il mese successivo a quello dell’estrazione…..);
  • L’imposta è dovuta nelle ipotesi di estrazione di beni da deposito IVA ai fini della loro utilizzazione o commercializzazione nello Stato;
  • In tutti i rimanenti casi l’imposta è dovuta dal soggetto che procede alla estrazione ed in suo nome e per suo conto è versata dal gestore del deposito, (inversione contabile), che è responsabile in solido per il pagamento dell’imposta. Il versamento deve essere eseguito con Mod. F24 entro il sedicesimo giorno, riferito al mese successivo alla data di estrazione. E’ esclusa la compensazione. Il soggetto che estrae deve annotare, nel registro acquisti l’autofattura emessa ed i dati della ricevuta del versamento effettuato dal gestore;
  • L’imposta è altresì dovuta dai soggetti (cessionari o committenti di soggetti non residenti nel territorio UE) che procedono all’estrazione di beni extra UE immessi in libera pratica, previa prestazione di idonea garanzia, secondo modalità e nei casi definiti dal D.M. 23 febbraio 2017.

Il D.M. 23 febbraio 2017 definisce i contenuti, le modalità ed i casi di prestazione della garanzia prevista dall’art. 50-bis, comma 6, secondo periodo, del decreto-legge n. 331 del 1993, da parte dei soggetti che procedono all’estrazione di beni introdotti in deposito IVA ai sensi del comma 4, lettera b), del medesimo art. 50-bis. ).

I “Requisiti di garanzia”, ovvero gli elementi soggettivi di affidabilità che il contribuente deve possedere perché gli sia consentito procedere all’estrazione dei beni dal deposito IVA assolvendo all’obbligo d’imposta con l’inversione contabile e senza presentazione di alcuna garanzia, sono:

  1. l’aver presentato nei tre periodi d’imposta antecedenti l’operazione di estrazione la dichiarazione IVA;
  2. avere provveduto al versamento dell’imposta sul valore aggiunto dovuta in base alle ultime tre dichiarazioni annuali presentate alla data di estrazione dal deposito;
  3. non essere stato parte di un Avviso di rettifica o di accertamento definitivo per violazioni relative all’emissione o all’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti relativamente ai tre periodi di imposta antecedenti l’operazione di estrazione;
  4. assenza della formale conoscenza dell’inizio di procedimenti penali o di condanne o di applicazione della pena su richiesta delle parti a carico del legale rappresentante o del titolare della ditta individuale per i reati previsti dagli articoli 2, 3, 5, 8, 10, 10-ter, 10-quater e 11 del Dlg n. 74/2000, e dall’art. 216 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.

In assenza dei suddetti requisiti il soggetto che estrae i beni dal deposito IVA è tenuto alla prestazione di una garanzia a favore del competente ufficio dell’Agenzia delle Entrate per l’importo corrispondente dovuto per la durata di sei mesi dalla estrazione.

Una copia della stessa deve essere consegnata al gestore-estrattore dal deposito. La sussistenza dei requisiti di affidabilità deve essere attestata mediante dichiarazione sostitutiva di atto notorio, redatta in conformità del modello approvato dalla Agenzia delle Entrate. Suddetta dichiarazione ha validità temporale di un anno solare dalla presentazione e sarà utilizzata sin dalla prima estrazione.

E’ escluso l’obbligo di presentare garanzia:

  • se il soggetto che provvede all’estrazione dal deposito coincide con il dichiarante in dogana della operazione di immissione in libera pratica di beni destinati ad essere introdotti in un deposito IVA;
  • se il soggetto che procede all’estrazione dal deposito IVA è un soggetto autorizzato come Operatore Economico Autorizzato (AEO) o un soggetto esonerato dalle disposizioni in materia doganale. In questi casi infatti le operazioni sono già assistite da autonoma garanzia prestata all’atto del vincolo dei beni al regime.

Nell’ambito delle indicazioni rese dall’Agenzia delle Entrate con la risoluzione AdE 4/E/2017, assumono rilevanza le precisazioni riguardanti il trattamento impositivo delle operazioni poste in essere da un soggetto non residente, con rappresentante fiscale in Italia, mediante un deposito fiscale che, a seconda dei casi, è utilizzato anche ai fini IVA.

Le prime due fattispecie esaminate (conferma del regime IVA applicabile alle operazioni territorialmente rilevanti nel territorio dello Stato ai fini del tributo) si riferiscono al caso in cui i beni:

  • di provenienza intra UE, acquistati dal soggetto non residente o già di proprietà di quest’ultimo;
  • sono introdotti nel deposito fiscale, inizialmente non utilizzato ai fini IVA
    • (Operazione a) – acquisto di prodotti finiti provenienti da Stati membri diversi dall’Italia con consegna nel territorio dello Stato ed introduzione all’interno di un deposito fiscale (non utilizzato ai fini IVA) per la successiva rivendita nel territorio dello Stato, o in Stati membri diversi dall’Italia o in Paesi terzi;
    • Operazione b) – trasferimento nel territorio dello Stato di prodotti finiti di proprietà di BETA provenienti da Stati membri diversi dall’Italia con introduzione all’interno di un deposito fiscale (non utilizzato ai fini IVA) per la successiva rivendita nel territorio dello Stato, o in Stati membri diversi dall’Italia o in Paesi terzi)

In considerazione della non contestualità dell’acquisto intra UE, in senso stretto o per assimilazione, rispetto all’introduzione dei beni all’interno del deposito fiscale utilizzato ai fini IVA, l’Agenzia ha escluso l’applicazione dell’agevolazione prevista dall’articolo 50-bis del DL 331/93 , comma 4, lettera a)(Sono effettuate senza pagamento dell’imposta sul valore aggiunto le seguenti operazioni: a) gli acquisti intracomunitari di beni eseguiti mediante introduzione in un deposito IVA ……).

In questo caso il rappresentante fiscale italiano del soggetto estero realizza un acquisto intracomunitario, imponibile IVA ai sensi:

  • dell’articolo 38, comma 1, del D.L. 331/1993 (L’imposta sul valore aggiunto si applica sugli acquisti intracomunitari di beni effettuati nel territorio dello Stato …. )
  • oppure ai sensi dell’articolo 38, comma 3, lettera b), dello stesso D.L. 331/1993 (se i beni di provenienza intracomunitaria sono già di proprietà del soggetto non residente, si è in presenza di un trasferimento a destinazione del territorio dello Stato per le esigenze dell’impresa, assimilato ad un acquisto intracomunitario).

L’Agenzia ha, inoltre, chiarito l’ipotesi in cui i beni, questa volta di origine extracomunitaria, siano introdotti in un deposito fiscale utilizzato anche ai fini IVA.

Previa prestazione di idonea garanzia, commisurata all’importo dell’imposta che si renderebbe dovuta in sede di immissione in libera pratica, l’operazione non dà luogo al pagamento dell’IVA all’importazione, in applicazione dell’articolo 50-bis del DL 331/93, comma 4, lettera b)Sono effettuate senza pagamento dell’imposta sul valore aggiunto le seguenti operazioni: …… b) le operazioni di immissione in libera pratica di beni non comunitari destinati ad essere introdotti in un deposito IVA previa prestazione di idonea garanzia commisurata all’imposta. La prestazione della garanzia non e’ dovuta …..)

Ai sensi dell’articolo 50-bis del DL 331/93, comma 4, lettera c)Sono effettuate senza pagamento dell’imposta sul valore aggiunto le seguenti operazioni: ……c) le cessioni di beni eseguite mediante introduzione in un deposito I.V.A. …..) l’operazione non dà luogo all’addebito dell’imposta nel caso in cui il soggetto non residente, per il tramite del numero di partita IVA di altro Stato membro, acquisti beni ceduti da un operatore italiano con contestuale introduzione all’interno di un deposito utilizzato anche ai fini IVA in Italia ( in linea con quanto specificato dalla Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate (RIS) n. 66 /E del 15 maggio 2001 (1)  e dalla più circolare AdE  12/E/2015).

Per effetto delle modifiche introdotte dal D.L. 193/2016, l’operazione in questione sarà agevolata anche se il cedente nazionale emette fattura nei confronti del rappresentante fiscale italiano del soggetto non residente. In base al nuovo testo dell’articolo 50-bis del DL 331/93, comma 4, lettera c)Sono effettuate senza pagamento dell’imposta sul valore aggiunto le seguenti operazioni: ……c) le cessioni di beni eseguite mediante introduzione in un deposito I.V.A. …..) , infatti, la detassazione risulta generalizzata, applicandosi a tutte le cessioni di beni eseguite mediante introduzione in un deposito IVA.

Per quanto riguarda le successive operazioni di rivendita dei beni estratti dal deposito IVA, l’Agenzia delle Entrate distingue a seconda della loro destinazione:

  • se i beni estratti sono spediti/trasportati in altro Stato membro dell’Unione europea o in uno Stato non appartenente all’Unione europea, l’estrazione non comporta l’obbligo di assolvimento dell’imposta, come previsto dall’articolo 50-bis del DL 331/93, comma 4, lettera f) e g) (Sono effettuate senza pagamento dell’imposta sul valore aggiunto le seguenti operazioni: ……f) le cessioni intracomunitarie di beni estratti da un deposito IVA con spedizione in un altro Stato membro della Comunita’ europea, salvo che si tratti di cessioni intracomunitarie soggette ad imposta nel territorio dello Stato; g) le cessioni di beni estratti da un deposito IVA con trasporto o spedizione fuori del territorio della Comunita’ europea;…..) Nello specifico:
    • le cessioni di prodotti con consegna in Stati membri diversi dall’Italia nei confronti di soggetti passivi stabiliti o identificati ai fini IVA nello Stato membro di destinazione costituiscono cessioni intracomunitarie di beni per le quali deve essere presentato il modello INTRA 1-bis. Tali cessioni rilevano ai fini della formazione del plafond e dell’acquisizione della qualifica di esportatore abituale;
    • le cessioni di prodotti con consegna in Stati non facenti parte dell’Unione europea costituiscono cessioni all’esportazione di beni rilevanti ai fini della formazione del plafond e dell’acquisizione della qualifica di esportatore abituale.
  • nell’ipotesi di estrazione dei beni dal deposito IVA in esecuzione di una cessione nel territorio nazionale, l’Agenzia ha messo in luce le differenti modalità di assolvimento dell’imposta previste dall’articolo 50-bis del DL 331/93, comma 6, nella formulazione attuale e in quella risultante dalle modifiche operate, con effetto dal 1° aprile 2017, dal D.L. 193/2016. In pratica, da tale data, l’imposta non sarà più assolta con il meccanismo del reverse charge, ma mediante versamento diretto, senza possibilità di compensazione, ad opera del gestore del deposito in nome e per conto del soggetto che estrae.

Fa eccezione a questa regola (vedi risoluzione AdE 4/E/2017l’ipotesi in cui i beni oggetto di estrazione siano di provenienza extracomunitaria, nel qual caso l’imposta resta ancora dovuta con il sistema del reverse charge, ma previa prestazione di idonea garanzia.

In realtà, l’ulteriore eccezione, riconosciuta dall’articolo 50-bis del DL 331/93, comma 6, si riferisce all’ipotesi dei beni di provenienza intracomunitaria, introdotti nel deposito IVA in forza di un acquisto intracomunitario, rispetto ai quali si prevede che “il soggetto che procede all’estrazione assolve l’imposta provvedendo alla integrazione della relativa fattura, con la indicazione dei servizi eventualmente resi e dell’imposta, ed alla annotazione della variazione in aumento nel registro di cui all’articolo 23 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 entro quindici giorni dall’estrazione e con riferimento alla relativa data; la variazione deve, altresì, essere annotata nel registro di cui all’articolo 25 del medesimo decreto entro il mese successivo a quello dell’estrazione”.

Quando l’operatore italiano che procede all’estrazione deve documentare l’operazione emettendo autofattura di acquisto e procedendo successivamente all’annotazione della fattura, esclusivamente nel registro degli acquisti, tenuto conto che l’obbligo di e-fattura decorre dal 1° gennaio 2019 per i soggetti residenti o stabiliti nel territorio dello Stato, occorre verificare se l’estrazione dei beni dal deposito debba essere gestita mediante un’autofattura cartacea o elettronica.

La risposta 104/E/2019 del 09/04/2019 dell’agenzia delle Entrate ha chiarito che l’autofattura di estrazione dei beni da un deposito Iva deve essere inviata al sistema d’interscambio (SdI) solo da parte di operatori residenti o stabiliti e non anche dai soggetti non residenti identificati in Italia.

I soggetti non residenti identificati in Italia sono esclusi anche dalla comunicazione di cui all’articolo 1, comma 3-bis, del Dlgs 127/2015 (esterometro).

(1Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate (RIS) n. 66 /E del 15 maggio 2001

OGGETTO: Introduzione di merci nazionali in deposito IVA. Art. 50-bis del DL 30 agosto 1993, n. 331, convertito dalla legge 29 ottobre 1993, n.427.

Con lettera del 1° febbraio 2000, codesta Confederazione ha chiesto di conoscere se, nel caso di cessioni effettuate nei confronti di un soggetto identificato ai fini IVA in un altro Stato membro e operante in Italia attraverso un proprio rappresentante fiscale, l’introduzione di beni in un deposito IVA in Italia debba essere fatturata senza pagamento dell’imposta ai sensi dell’art. 50-bis, quarto comma, lett. c), del DL 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n.427, ovvero ai sensi della successiva lett. d) della stessa disposizione.

Al riguardo è stato precisato che la fattura, emessa dal fornitore nazionale senza applicazione dell’IVA, reca anche il codice identificativo del rappresentante fiscale in Italia, trattandosi di operazione “veicolata” attraverso quest’ultimo soggetto.

Esaminata la questione, preliminarmente si osserva che il beneficio della non applicazione dell’IVA nel caso indicato al quarto comma, lett. c), del predetto art. 50-bis è riconducibile esclusivamente all’ipotesi di cessioni di beni da introdurre nei depositi IVA, effettuate nei confronti di operatori identificati ai fini IVA in altro Stato membro. Invece, nel caso previsto dalla successiva lett.d), l’agevolazione riguarda cessioni mediante introduzione dei beni nei depositi IVA effettuate nei riguardi di cessionari diversi da soggetti di imposta comunitari (operatori nazionali o extracomunitari) e limitatamente ai beni compresi nella Tabella A-bis allegata al citato DL n. 331 del 1993, trattati normalmente in apposite borse merci.

Tanto premesso, la fattispecie prospettata può essere inquadrata nell’ambito del quarto comma, lett. c), del citato art. 50-bis, qualora l’operatore nazionale effettui la cessione direttamente nei confronti del cliente comunitario tramite l’introduzione dei beni nel deposito IVA. Infatti, come già chiarito con circolare n. 13 del 23 febbraio 1994 (cfr. punto B 8), “l’obbligo di avvalersi del rappresentante fiscale, ancorché già nominato per altre operazioni, non sussiste nelle ipotesi in cui, sia per le cessioni che per le prestazioni, l’operazione venga posta in essere direttamente tra l’operatore comunitario e quello nazionale”.

Invece, nel caso in cui l’operazione in discorso transiti attraverso il rappresentante fiscale, come sembrerebbe evincersi dalla circostanza che la fattura emessa dal cedente contiene anche gli estremi identificativi di tale ultimo soggetto, non potrebbe farsi ricorso alla disposizione agevolativa prevista dalla lett. c) del ripetuto art. 50-bis del DL n. 331 del 1993, venendo a mancare il rapporto diretto tra cedente nazionale ed acquirente comunitario. Né risulterebbe applicabile in quest’ultima ipotesi il beneficio del non assoggettamento ad IVA previsto dalla successiva lett. d), a meno che, come sopra detto, la cessione non riguardi i beni indicati nella Tabella A-bis, allegata al DL n. 331 del 1993.

Occorre aggiungere, in conclusione, che per i beni introdotti nel deposito IVA ai sensi della lett. c) del citato art. 50-bis del DL n. 331 del 1993, l’intervento del rappresentante fiscale, di cui sopra, si rende necessario per l’espletamento degli adempimenti conseguenti all’estrazione dei beni, senza che ciò snaturi la qualificazione giuridica dell’operazione di introduzione dei beni nel deposito medesimo.

 

Ecommerce diretto – IVA e fatturazione in Italia da parte di operatore UE

L’Ecommerce diretto ha per oggetto lo scambio di beni immateriali o digitalizzati, in cui l’intera transazione commerciale, inclusa la produzione e la consegna del bene, avviene per via telematica. Le norme comunitarie ne propongono una casistica esemplificativa contenuta nell’Allegato II (1) della Direttiva 2006/112/CE e successive modifiche ed integrazioni.

In base all’art. 56, lettera K, della Direttiva 2006/112/CE il luogo delle prestazioni di servizi prestati per via elettronica, segnatamente quelli di cui Allegato II alla stessa Direttiva (1) , forniti a destinatari stabiliti fuori della Comunità o a soggetti passivi stabiliti nella Comunità ma fuori del paese del prestatore, è quello in cui il destinatario ha stabilito la sede della sua attività economica o dispone di una stabile organizzazione per la quale è stata resa la prestazione di servizi o, in mancanza di tale sede o stabile organizzazione, il luogo del suo domicilio o della sua residenza abituale.

L’articolo 7, paragrafo 1, del Reg. UE 282/2011 del 15 marzo 2011 stabilisce che i «servizi prestati tramite mezzi elettronici», di cui alla direttiva 2006/112/CE, comprendono i servizi forniti attraverso Internet o una rete elettronica e la cui natura rende la prestazione essenzialmente automatizzata, corredata di un intervento umano minimo e impossibile da garantire in assenza della tecnologia dell’informazione.
Sono espressamente esclusi dall’Ecommerce diretto le tipologie di servizio elencate dall’articolo 7, paragrafo 3, Reg. UE 282/2011 del 15 marzo 2011 ed i servizi di tele-radio diffusione e telecomunicazione
.

Il principio generale di tassazione è quello per cui l’IVA deve essere scontata nel Paese di destinazione dei beni immateriali, non assume alcun rilievo la distinzione tra committente soggetto passivo (B2B) piuttosto che privato (B2C) e neanche la residenza, all’interno della UE o extra UE.

Le pratiche operative con cui viene assolta l’imposta nel Paese di residenza del committente variano in base dello status giuridico rivestito: imprenditore o privato.

Nel caso in cui il committente è un soggetto passivo l’imposta sarà da questo assolta tramite il meccanismo del reverse charge .

Per i committenti privati sarà lo stesso prestatore a dover assolvere l’imposta tramite l’identificazione diretta, la nomina del rappresentate fiscale oppure il regime del MOSS (Mini One Stop Shop o Mini Sportello Unico).

Le transazioni relative al commercio elettronico diretto, non godono dell’esonero dall’obbligo di emissione della fattura, previsto per il commercio elettronico indiretto B2C,  ai sensi dell’art. 22 D.P.R. n. 633/1972, e dunque, ove territorialmente rilevanti ai fini IVA in Italia, sono soggette all’obbligo di fatturazione, nei termini di cui all’art. 6, comma 3, del D.P.R. n. 633/1972, ossia avuto riguardo al momento del pagamento del corrispettivo.

Nella risposta all’interrogazione parlamentare n. 5-03615 del 24.09.2014, l’Agenzia delle Entrate ha ribadito che le operazioni di commercio elettronico “diretto” (cd. “servizi di e-commerce”), ove territorialmente rilevanti ai fini IVA in Italia, sono soggette all’obbligo di fatturazione, nei termini di cui all’art. 6, comma 3, del D.P.R. n. 633/1972, ossia avuto riguardo al momento del pagamento del corrispettivo.

In relazione alle novità in vigore dal 01.01.2015, nella “Relazione della Commissione al Consiglio relativa alla Direttiva n. 2008/8/CE, ha raccomandato agli Stati membri di esonerare dall’obbligo di emissione della fattura le prestazioni di servizi relative al commercio elettronico diretto rientranti nell’ambito di applicazione del MOSS (Mini One Stop Shop).

In linea con questa raccomandazione, nel Decreto Legislativo 31 marzo 2015, n. 42 (Attuazione della direttiva 2008/8/CE) all’art. 2, comma 2, è stato previsto espressamente l’esonero dagli obblighi di cui al Titolo II del D.P.R. n. 633/1972 (fatturazione, registrazione, ecc.) per le imprese che aderiscono al MOSS.

Nessuna deroga è, invece, prevista per i servizi digitali resi nei rapporti “B2B”, che restano soggetti all’obbligo di emissione della fattura (art. 21, comma 6-bis, del D.P.R. n. 633/1972).

Nel caso di nomina di un rappresentante fiscale, il rappresentante fiscale del soggetto cedente UE è tenuto a fatturare l’operazione al soggetto privato italiano applicando Iva italiana.

Da un punto di vista della fatturazione del rappresentante fiscale, questi emetterà fattura imponibile IVA, e la registrerà nel proprio sezionale di vendita italiano.

Il cedente UE, non avendo stabile organizzazione in Italia, farà concorrere quella fattura alla determinazione del reddito nel proprio Paese di residenza.

Ecommerce indiretto B2C – IVA e fatturazione in Italia da parte di operatore UE

Nell’Ecommerce indiretto si attua uno scambio di beni.

A seconda della soggettività del cessionario possiamo avere:

  • B2B, nel caso di soggetto imprenditore (Business to Business);
  • B2C, nel caso di soggetto privato (Business to Consumer).

Nell’Ecommerce indiretto B2C le cessioni (beni mobili eseguite nei confronti di privati consumatori) sono assoggettate ad IVA nel Paese di residenza del cedente se non sono superate le soglie di fatturato su base annua stabilite dai vari Paesi UE.

Le Soglie annuali di vendita a distanza dell’UE sono:

Austria € 35.000
Belgio € 35.000
Bulgaria BGN 70.000
Croazia 270.000 HRK
Cipro € 35.000
Repubblica Ceca 1.140.000 CZK
Danimarca 280.000 DKK
Estonia € 35.000
Finlandia € 35.000
Francia € 35.000
Germania € 100.000
Grecia € 35.000
Ungheria 8.800.000 HUF
Irlanda € 35.000
Italia € 35.000
Lettonia € 35.000
Lituania € 35.000
Lussemburgo € 100.000
Malta € 35.000
Olanda € 100.000
Norvegia N / A
Polonia 160.000 PLN
Portogallo € 35.000
Romania RON 118.000
Slovacchia € 35.000
Slovenia € 35.000
Spagna € 35.000
Svezia 320.000 SEK
Svizzera N / A
Regno Unito £ 70.000

 

Quindi nel caso di B2C verso consumatori privati italiani, superata la soglia di € 35.000, le cessioni sono assoggettate ad Iva in Italia ed il il venditore comunitario si troverà a dover adempiere l’obbligazione tributaria tramite l’identificazione diretta oppure la nomina del rappresentate fiscale.

La disciplina del rappresentante fiscale è dettata dall’articolo 17 D.P.R. n. 633/1972, comma 3: “[…] Nel caso in cui gli obblighi o i diritti derivanti dalla applicazione delle norme in materia di imposta sul valore aggiunto sono previsti a carico ovvero a favore di soggetti non residenti e senza stabile organizzazione nel territorio dello Stato, i medesimi sono adempiuti od esercitati, nei modi ordinari, dagli stessi soggetti direttamente, se identificati ai sensi dell’articolo 35-ter, ovvero tramite un loro rappresentante residente nel territorio dello Stato […]”

Il rappresentante fiscale e’ soggetto a tutti gli obblighi previsti dalla normativa IVA per i soggetti residenti e gode dei medesimi doveri e diritti: fatturazione, liquidazione, versamento, detrazione, dichiarazione annuale, etc.

In questo caso la cessione è rilevante ai fini IVA in  Italia e va trattata come una cessione interna e, secondo noi, dal punto di vista pratico, ai fini Iva vanno applicate le relative norme interne anche in tema di fatturazione.

Il commercio elettronico “indiretto”, ai fini Iva, rappresenta una cessione di beni. In particolare, tale tipologia di commercio, a differenza del commercio elettronico diretto, è assimilato alle vendite per corrispondenza, di conseguenza, ai fini della fatturazione vale la regola stabilita dall’articolo 22, comma 1, n. 1) D.P.R. 633/1972, secondo cui, l’emissione della fattura non è obbligatoria, se non è richiesta dal cliente non oltre il momento di effettuazione dell’operazione.

Quindi nel caso la fattura non sia richiesta dal cliente italiano il rappresentante fiscale del soggetto cedente UE:

  • non è obbligato ad emettere fattura;
  • trovano applicazione anche le disposizioni di cui all’articolo 2, comma 1, lettera oo) D.P.R. 696/1996, secondo cui per tali operazioni, qualificabili ai fini Iva come interne, non sussiste nemmeno obbligo di emettere ricevuta/scontrino fiscale.

Rimane obbligatoria:

  • l’annotazione dell’operazione di vendita sul registro dei corrispettivi;
  • l’istituzione, insieme al registro dei corrispettivi, del registro delle fatture emesse di cui all’articolo 23 D.P.R. 633/1972 nel caso in cui sia stata emessa fattura;
  • l’obbligo di accompagnare la merce venduta con documento di trasporto (DDT).

L’Agenzia delle entrate con la risoluzione 274/E/2009 ha evidenziato che, seppur non sussista obbligo di fatturazione, chi esercita l’attività di vendita di beni online deve tener conto della possibilità che il contribuente restituisca la merce ricevuta (c.d. resi). Mancando la fattura, il venditore non può emettere la nota di variazione (articolo 26 D.P.R. 633/1972) poiché manca la fattura di riferimento da rettificare. In tale ipotesi, secondo quanto indicato in tale documento di prassi, per poter procedere con il “recupero” dell’Iva derivante dal reso del bene ceduto mediante commercio elettronico indiretto, il soggetto cedente deve fornire la documentazione che consenta di individuare gli elementi necessari a correlare la restituzione al medesimo bene risultante dal documento, che la società è tenuta a conservare, probante l’acquisto originario, quali:

  • le generalità del soggetto acquirente;
  • l’ammontare del prezzo rimborsato;
  • il “codice” dell’articolo oggetto di restituzione;
  • il “codice di reso” (quest’ultimo deve essere riportato su ogni documento emesso per certificare il rimborso).

Tuttavia, sotto il profilo operativo, la nota di variazione può essere emessa solo a fronte di cessione di beni per le quali si stata emessa la fattura, mentre per le operazioni soggette al rilascio dello scontrino/ricevuta fiscale è necessario rinviare alle disposizioni di cui all’articolo 12 D.M. 23.03.1983, che prevede, tra l’altro, l’indicazione nello scontrino fiscale di “eventuali rimborsi per restituzione di vendite o imballaggi cauzionati” (risoluzione 86/E/2007).

La stessa Agenzia delle entrate, con la risoluzione 219/E/2003, ha chiarito che oltre agli adempimenti Iva è necessario che dalle risultanze delle scritture ausiliare di magazzino, correttamente tenute, sia possibile verificare la movimentazione fisica del bene reinserito nel circuito di vendita.

Nel caso la fattura sia richiesta dal cliente italiano il rappresentante fiscale del soggetto cedente UE è tenuto a fatturare l’operazione al soggetto privato italiano applicando Iva italiana.

Da un punto di vista della fatturazione del rappresentante fiscale, questi emetterà fattura imponibile IVA, e la registrerà nel proprio sezionale di vendita italiano.

Il cedente UE, non avendo stabile organizzazione in Italia, farà concorrere quella fattura alla determinazione del reddito nel proprio Paese di residenza.

Poniamo il caso che la merce venga preventivamente introdotta in Italia per esigenze del cedente UE.

Siamo in presenza di un passaggio della merce dal cedente Ue alla sua rappresentanza fiscale italiana.

Si tratta di una cessione intracomunitaria tra operatore UE cedente ed il proprio rappresentante fiscale.

Il Rappresentante fiscale riceve fattura dal proprio cedente UE, sulla quale deve operare in reverse charge.

Questo al fine di effettuare gli adempimenti legati alla disciplina IVA.

In questo caso, però, sarà doveroso esaminare anche, di volta in volta (in base alla disponibilità di un magazzino, alle modalità di gestione dell’attività in Italia, ecc.),   se siamo in presenza di una stabile organizzazione.

 

Prestazione di servizi rese da soggetto extra Ue

Nella disciplina Iva delle operazioni effettuate con controparti non residenti assume particolare rilievo la questione relativa agli adempimenti che il committente nazionale deve porre in essere per assoggettare ad Iva i servizi presso soggetti passivi d’imposta in altri Stati (Ue o extraUe), per i quali è stata verificata la rilevanza territoriale in Italia.

Ai sensi dell’articolo 7-ter del DPR n. 633/72 le prestazioni  di servizi si considerano effettuate in Italia quando sono rese a soggetti passivi stabiliti nel territorio nazionale, nonché da questi a soggetti privati.

In pratica tutte le prestazioni di servizi generiche, non rientranti nelle deroghe contenute negli articoli da 7-quater a 7-septies, sono imponibili in Italia se rese da soggetto Passivo non residente, a un soggetto passivo Iva residente.

L’articolo 17, comma 2, primo periodo, del DPR n. 633/1972  (1), nel confermare l’obbligo di assoggettamento ad Iva in capo al soggetto nazionale in presenza delle predette operazioni territorialmente rilevanti in Italia dispone che, quando il fornitore non è situato in un Paese UE,  la tecnica da utilizzare è l’autofattura.

L’autofattura è costituita da un nuovo esemplare di fattura che il cessionario o committente Italiano è tenuto ad emettere nei confronti di se stesso.

L’autofattura, emessa in un unico esemplare, deve essere datata e protocollata per l’annotazione nel registro Iva vendite e nel registri Iva acquisti rendendo di regola neutrale l’operazione.

L’autofattura deve necessariamente possedere, ai fini della sua corretta validità, i sotto indicati requisiti:

  • L’annotazione della dicitura “autofatturazione“;
  • I dati del fornitore residente in Stato Extra-UE;
  • L’ammontare delle operazioni esenti, non imponibili, e imponibili con l’indicazione della relativa imposta.

Per quanto riguarda l’autofattura ex articolo 17, comma 2, questa deve essere emessa entro il giorno 15 del mese successivo rispetto a quello di effettuazione dell’operazione.

(1) (Articolo 17, comma 2, primo periodo, del DPR n. 633/1972 
……………….
Gli obblighi relativi alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato da soggetti non residenti nei confronti di soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato, compresi i soggetti indicati all’articolo 7-ter, comma 2, lettere b) e c), sono adempiuti dai cessionari o committenti.……………….).

L’inversione contabile (reverse charge) per le cessioni di beni e alle prestazioni di servizi rese da un soggetto passivo stabilito in un altro Stato membro dell’Unione europea

La Legge di stabilità 2013, L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 325, lettera b) ha modificato l’art. 17 del Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 stabilendo  che dal 1° gennaio 2013 viene  estesa l’applicazione della procedura di assolvimento dell’IVA con la tecnica dell’inversione contabile (integrazione e registrazione della fattura  ex artt. 46 e 47, D.L. n. 331/1993 (1)) oltre che ai servizi generici di cui all’art.7-ter del D.P.R. 633/72, anche alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi (anche non generici) rese da un soggetto passivo stabilito in un altro Stato membro dell’Unione europea.

“Art. 17 D.P.R. 633/72 ……. nel caso di cessioni di beni o di prestazioni di servizi effettuate da un soggetto passivo stabilito in un altro Stato membro dell’Unione europea, il cessionario o committente adempie gli obblighi di fatturazione e di registrazione secondo le disposizioni degli articoli 46 e 47 del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427 . ……. “

L’inversione contabile  (c.d. “reverse charge”) è un  metodo di applicazione dell’IVA che consente di effettuare l’inversione contabile dell’imposta direttamente sul destinatario della cessione del bene o della prestazione di servizio, anziché sul cedente.

Il reverse charge permette di far ricadere gli obblighi IVA sul destinatario della cessione o della prestazione, qualora sia soggetto passivo nel territorio dello Stato. Per applicarlo è necessario, infatti, che entrambe le parti siano soggetti passivi Iva di imposta e che il destinatario del bene risieda nel territorio dello Stato.

Sul piano pratico l’uso del “reverse charge” prescrive che chi emette la fattura non deve applicare l’aliquota relativa alla transazione ma riportare in fattura la dicitura “inversione contabile”.

Il venditore emette fattura senza addebitare l’imposta (cioè senza includere l’IVA da aggiungere all’imponibile per determinare il totale della fatturazione), mentre l’acquirente integra la fattura ricevuta con l’applicazione dell’aliquota IVA prevista.

L’acquirente ha l’ulteriore obbligo contabile di annotare la fattura di acquisto in 2 registri IVA: nel registro IVA vendite e, ai fini della detrazione, nel registro IVA acquisti.

Gli obblighi  a cui è sottoposto il cessionario/committente sono:
  • se riceve la fattura del fornitore comunitario entro la fine del 2° mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione deve:
     numerarla e integrarla con il controvalore in euro della base imponibile, con l’ammontare dell’Iva calcolata secondo l’aliquota vigente e deve essere indicato il titolo “operazione non soggetta”, “operazione non imponibile” o “operazione esente” mentre l’indicazione del riferimento normativo, è facoltativo e non più obbligatorio dal 2013;
    – annotarla distintamente nel registro Iva vendite secondo l’ordine della numerazione entro il 15 del mese successivo a quello di ricevimento, ma con riferimento al mese precedente;
    – annotarla distintamente nel registro acquisti per poter detrarre l’IVA in un lasso temporale che va dal mese in cui l’imposta diventa esigibile e fino alla scadenza del termine della dichiarazione annuale relativa al 2° anno successivo;
  • in caso di inadempienza del fornitore comunitario, cioè se il committente non riceve la fattura entro la fine del 2° mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione deve:
    – emettere autofattura (art.46, co.5 D.L. 331/93) entro il giorno 15 del 3° mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione;
    – annotarla nel registro vendite entro il termine di emissione e con riferimento al mese precedente nonché, anche se la circolare non lo ricorda, nel registro degli acquisti ai fini della detrazione dell’imposta;
  • nel caso riceva una fattura con corrispettivo inferiore, deve:
    – emettere autofattura integrativa (art.46, co.5 D.L. 331/93), entro il giorno 15 del mese successivo a quello in cui è stata effettuata la registrazione della fattura originaria;
    – nonché, anche se la circolare non lo sottolinea, effettuare la doppia annotazione nei medesimi termini visti.

Per applicare il reverse charge, quindi, il cliente effettua la c.d. doppia annotazione ai fini IVA, così che chi riceve la fattura, integrandola  con l’ammontare IVA e annotandola sia nel registro IVA vendite che in quello degli acquisti, fa sì che l’operazione risulti neutra.

Riportiamo il punto 2, Capitolo IV: Novità in materia di imposta sul valore aggiunto, della Circolare n. 12/E del 3 maggio 2013 

“L’articolo 1, comma 325, lettera b) della legge di stabilità 2013, modifica l’articolo 17, secondo comma, secondo periodo, del dPR n. 633 del 1972, in materia di inversione contabile.

Trattasi delle disposizioni concernenti l’individuazione del debitore dell’imposta relativamente alle operazioni effettuate nel territorio dello Stato da soggetti non residenti.

In particolare, l’attuale secondo periodo del citato articolo 17 secondo comma, dispone che “… nel caso di cessioni di beni o di prestazioni di servizi effettuate da un soggetto passivo stabilito in un altro Stato membro dell’Unione europea, il cessionario o committente adempie gli obblighi di fatturazione di registrazione secondo le disposizioni degli articoli 46 e 47 del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427.”

Al riguardo, si osserva che la previgente disposizione imponeva l’assolvimento dell’imposta da parte del committente mediante la procedura di integrazione e di registrazione prevista dagli articoli 46 e 47 del decreto legge 30 agosto 1993, n. 331, esclusivamente per le prestazioni di servizi di cui all’articolo 7-ter, del dPR n. 633/1972 (cd “prestazioni generiche”), effettuate da un operatore comunitario 37 nei confronti di un soggetto passivo sito nel territorio dello Stato (cfr circolare n. 35/E del 20 settembre 2012, punto 3.1).

Per effetto delle modifiche sopra richiamate, dal 1° gennaio 2013 la medesima procedura di assolvimento dell’imposta si applica sia alle cessioni di beni (diverse dagli acquisti intracomunitari che sono oggetto di una specifica disciplina nel D.L. 331 del 1993) sia a tutte le prestazioni di servizi (anche “non generiche”) rese da un soggetto passivo comunitario nel territorio della Stato.

Dal 1° gennaio 2013, quindi, il committente/cessionario nazionale dovrà:

  • numerare la fattura del fornitore comunitario e integrarla con l’indicazione del controvalore in euro del corrispettivo e degli altri elementi che concorrono a formare la base imponibile dell’operazione espressi in valuta estera, nonché dell’ammontare dell’IVA, calcolata secondo l’aliquota applicabile (articolo 46, comma 1, decreto legge n. 331/1993);
  • annotare la fattura, come sopra integrata, entro il giorno 15 del mese successivo a quello di ricezione della fattura, e con riferimento al mese precedente, distintamente nel registro IVA vendite (articolo 23, dPR n. 633/1972), secondo l’ordine della numerazione, con l’indicazione anche del corrispettivo dell’operazione espresso in valuta estera (articolo 47, comma 1, primo periodo, decreto legge n. 331/1993, come da ultimo sostituito dall’art. 1, comma 326, lett. f), n. 1), L. 24 dicembre 2012, n. 228, a decorrere dal 1° gennaio 2013);
  • annotare la stessa fattura integrata, distintamente, anche nel registro IVA acquisti (articolo 25, dPR n. 633/1972), al fine di esercitare la detrazione eventualmente spettante (articolo 47, comma 1, terzo periodo, decreto legge n. 331/1993). In particolare, come già chiarito con la circolare n. 37/E del 29 luglio 2011, parag. 4.3, la fattura potrà essere annotata, ai sensi dell’articolo 19, comma 1, del d.P.R. n. 633, a partire dal mese in cui l’imposta diviene esigibile e fino alla scadenza del termine della dichiarazione annuale relativa al secondo anno in cui l’imposta è divenuta esigibile (termine ultimo per esercitare il diritto alla detrazione dell’IVA ex articolo 19).
  • emettere autofattura entro il giorno 15 del terzo mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione – nel caso di mancata ricezione della fattura del fornitore comunitario entro il secondo mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione – ed annotarla entro il termine di emissione e con riferimento al mese precedente (articoli 46, comma 5 e 47 comma 1, secondo periodo, del DL n. 331 del 1993).

Si osserva, infine, che per effetto delle modifiche sopra richiamate, valgono anche con riferimento ai servizi diversi da quelli generici i chiarimenti resi con la citata circolare n. 35/E, laddove è stato precisato che la fattura emessa dal prestatore comunitario non residente può essere assunta come indice dell’effettuazione dell’operazione, cui va ricondotta l’esigibilità dell’imposta, che deve essere assolta dal cessionario/committente, a prescindere dall’effettuazione del pagamento.

(1)(Decreto-legge del 30/08/1993 n. 331
Gazzetta Ufficiale Repubblica Italiana 30 agosto 1993, n. 203

Armonizzazione delle disposizioni in materia di imposte sugli oli minerali, sull’alcole, sulle bevande alcoliche, sui tabacchi lavorati e in materia di IVA con quelle recate da direttive CEE e modificazioni conseguenti a detta armonizzazione, nonché disposizioni concernenti la disciplina dei centri autorizzati di assistenza fiscale, le procedure dei rimborsi di imposta, l’esclusione dall’Ilor dei redditi di impresa fino all’ammontare corrispondente al contributo diretto lavorativo, l’istituzione per il 1993 di un’imposta erariale straordinaria su taluni beni ed altre disposizioni tributarie. [Legge IVA comunitaria]
Convertito in legge, con modifiche, dall’art. 1, L. 29.10.1993, n. 427 (G.U. 29.10.1993, n. 255)
TITOLO II Armonizzazione della disciplina dell’imposta sul valore aggiunto
CAPO II Disciplina temporanea delle operazioni intracomunitarie e dell’imposta sul valore aggiunto

Articolo 46
Fatturazione delle operazioni intracomunitarie.

In vigore dal 01/01/2013

Modificato da: Legge del 24/12/2012 n. 228 Articolo 1

Nota:
Le disposizioni del presente articolo, come modificato, da ultimo, dall’art. 1, comma 326, lett. e) legge 24 dicembre 2012 n. 228, si applicano alle operazioni effettuate a partire dal 1 gennaio 2013.

  1. La fattura relativa all’acquisto intracomunitario deve essere numerata e integrata dal cessionario con l’indicazione del controvalore in euro del corrispettivo e degli altri elementi che concorrono a formare la base imponibile dell’operazione, espressi in valuta estera, nonche’ dell’ammontare dell’imposta, calcolata secondo l’aliquota dei beni. Se trattasi di acquisto intracomunitario senza pagamento dell’imposta o non imponibile o esente, in luogo dell’ammontare dell’imposta nella fattura deve essere indicato il titolo con l’eventuale indicazione della relativa norma comunitaria o nazionale.
  2. Per le cessioni intracomunitarie di cui all’articolo 41, e’ emessa fattura a norma dell’articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione, con l’indicazione, in luogo dell’ammontare dell’imposta, che si tratta di operazione non imponibile e con l’eventuale specificazione della relativa norma comunitaria o nazionale. La fattura deve inoltre contenere l’indicazione del numero di identificazione attribuito, agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto, al cessionario dallo Stato membro di appartenenza; in caso di consegna del bene al cessionario di questi in diverso Stato membro, dalla fattura deve risultare specifico riferimento. La fattura emessa per la cessione di beni, spediti o trasportati da uno Stato membro in altro Stato membro, acquistati senza pagamento dell’imposta a norma dell’articolo 40, comma 2, secondo periodo, deve contenere il numero di identificazione attribuito al cessionario dallo Stato membro di destinazione dei beni e la designazione dello stesso quale debitore dell’imposta.
  3. La fattura di cui al comma 2, se trattasi di beni spediti o trasportati dal soggetto passivo o per suo conto, ai sensi dell’articolo 41, comma 2, lettera c), nel territorio di altro Stato membro, deve recare anche l’indicazione del numero di identificazione allo stesso attribuito da tale Stato; se trattasi di cessioni di beni in base a cataloghi, per corrispondenza e simili, di cui all’articolo 41, comma 1, lettera b), non si applica la disposizione di cui al secondo periodo del comma 2.
  4. Se la cessione riguarda mezzi di trasporto nuovi di cui all’articolo 38, comma 4, nella fattura devono essere indicati anche i dati di identificazione degli stessi; se la cessione non e’ effettuata nell’esercizio di imprese, arti e professioni tiene luogo della fattura l’atto relativo alla cessione o altra documentazione equipollente.
  5. Il cessionario di un acquisto intracomunitario di cui all’articolo 38, commi 2 e 3, lettere b) e c), che non ha ricevuto la relativa fattura entro il secondo mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione, deve emettere entro il giorno 15 del terzo mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione stessa la fattura di cui al comma 1, in unico esemplare; se ha ricevuto una fattura indicante un corrispettivo inferiore a quello reale deve emettere fattura integrativa entro il giorno 15 del mese successivo alla registrazione della fattura originaria.

Articolo 47
Registrazione delle operazioni intracomunitarie.

In vigore dal 01/01/2013

Modificato da: Legge del 24/12/2012 n. 228 Articolo 1

Nota:
Le disposizioni del presente articolo, come modificato, da ultimo, dall’art. 1, comma 326, lett. f) legge 24 dicembre 2012 n. 228, si applicano alle operazioni  effettuate a partire dal 1 gennaio 2013.

  1. Le fatture relative agli acquisti intracomunitari di cui all’articolo 38, commi 2 e 3, lettera b), previa integrazione a norma dell’articolo 46, comma 1, sono annotate distintamente, entro il giorno 15 del mese successivo a quello di ricezione della fattura, e con riferimento al mese precedente, nel registro di cui all’articolo 23 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, secondo l’ordine della numerazione, con l’indicazione anche del corrispettivo delle operazioni espresso in valuta estera. Le fatture di cui all’articolo 46, comma 5, sono annotate entro il termine di emissione e con riferimento al mese precedente. Ai fini dell’esercizio del diritto alla detrazione dell’imposta, le fatture sono annotate distintamente anche nel registro di cui all’articolo 25 del predetto decreto.
  2. I contribuenti di cui all’articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, possono annotare le fatture di cui al comma 1 nel registro di cui al successivo articolo 24 anziche’ in quello delle fatture emesse, ferme restando le prescrizioni in ordine ai termini e alle modalita’ indicate nel comma 1.
  3. I soggetti di cui all’articolo 4, quarto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, non soggetti passivi d’imposta, annotano le fatture di cui al comma 1, previa loro progressiva numerazione ed entro gli stessi termini indicati al comma 1, in apposito registro, tenuto e conservato a norma dell’articolo 39 dello stesso decreto n. 633 del 1972.
  4. Le fatture relative alle cessioni intracomunitarie di cui all’articolo 46, comma 2, sono annotate distintamente nel registro di cui all’articolo 23 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, secondo l’ordine della numerazione ed entro il termine di emissione, con riferimento al mese di effettuazione dell’operazione.
  5. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 4 non si applicano alle operazioni relative ai mezzi di trasporto nuovi, di cui all’articolo 38, comma 4, delle quali non e’ parte contraente un soggetto passivo d’imposta nel territorio dello Stato.)

Servizi ricevuti da operatori economici aventi sede in altri Stati UE

Nel caso di servizi ricevuti da operatori economici aventi sede in altri Stati UE, se si tratta di un servizio generico la regola generale stabilisce che siano assoggettati ad IVA in Italia (Paese del committente).

Pertanto il committente italiano , soggetto passivo, dovrà assoggettare ad IVA la prestazione mediante il meccanismo del reverse charge.

L’l’IVA è applicata in Italia e mediante l’applicazione del reverse charge da parte del committente italiano (integrazione e registrazione della fattura prevista per gli acquisti intracomunitari di beni ex artt. 46 e 47, D.L. n. 331/1993 (1)). Operazione imponibile in Italia.

Ricevuta la fattura da parte dell’operatore UE senza applicazione dell’IVA dovrà:

  • numerare la fattura del fornitore comunitario e integrarla indicando l’ammontare dell’IVA, calcolata secondo l’aliquota applicabile in vigore in Italia per quell’operazione. L’integrazione deve essere fatta sulla stessa fattura estera;
  • annotare (registrare) la fattura, previa integrazione con i dati indicati in precedenza, entro il giorno 15 del mese successivo a quello di ricezione della fattura stessa ma con riferimento al mese precedente, distintamente nel registro IVA delle fatture emesse secondo l’ordine della numerazione. L’operazione va quindi riferita alla liquidazione periodica del mese nel quale la fattura è ricevuta.
  • annotare (registrare) la fattura integrata, distintamente, anche nel registro IVA acquisti per esercitare il diritto alla detrazione eventualmente spettante.

(1)(Decreto-legge del 30/08/1993 n. 331
Gazzetta Ufficiale Repubblica Italiana 30 agosto 1993, n. 203

Armonizzazione delle disposizioni in materia di imposte sugli oli minerali, sull’alcole, sulle bevande alcoliche, sui tabacchi lavorati e in materia di IVA con quelle recate da direttive CEE e modificazioni conseguenti a detta armonizzazione, nonché disposizioni concernenti la disciplina dei centri autorizzati di assistenza fiscale, le procedure dei rimborsi di imposta, l’esclusione dall’Ilor dei redditi di impresa fino all’ammontare corrispondente al contributo diretto lavorativo, l’istituzione per il 1993 di un’imposta erariale straordinaria su taluni beni ed altre disposizioni tributarie. [Legge IVA comunitaria]
Convertito in legge, con modifiche, dall’art. 1, L. 29.10.1993, n. 427 (G.U. 29.10.1993, n. 255)
TITOLO II Armonizzazione della disciplina dell’imposta sul valore aggiunto
CAPO II Disciplina temporanea delle operazioni intracomunitarie e dell’imposta sul valore aggiunto

Articolo 46
Fatturazione delle operazioni intracomunitarie.

In vigore dal 01/01/2013

Modificato da: Legge del 24/12/2012 n. 228 Articolo 1

Nota:
Le disposizioni del presente articolo, come modificato, da ultimo, dall’art. 1, comma 326, lett. e) legge 24 dicembre 2012 n. 228, si applicano alle operazioni effettuate a partire dal 1 gennaio 2013.

  1. La fattura relativa all’acquisto intracomunitario deve essere numerata e integrata dal cessionario con l’indicazione del controvalore in euro del corrispettivo e degli altri elementi che concorrono a formare la base imponibile dell’operazione, espressi in valuta estera, nonche’ dell’ammontare dell’imposta, calcolata secondo l’aliquota dei beni. Se trattasi di acquisto intracomunitario senza pagamento dell’imposta o non imponibile o esente, in luogo dell’ammontare dell’imposta nella fattura deve essere indicato il titolo con l’eventuale indicazione della relativa norma comunitaria o nazionale.
  2. Per le cessioni intracomunitarie di cui all’articolo 41, e’ emessa fattura a norma dell’articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione, con l’indicazione, in luogo dell’ammontare dell’imposta, che si tratta di operazione non imponibile e con l’eventuale specificazione della relativa norma comunitaria o nazionale. La fattura deve inoltre contenere l’indicazione del numero di identificazione attribuito, agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto, al cessionario dallo Stato membro di appartenenza; in caso di consegna del bene al cessionario di questi in diverso Stato membro, dalla fattura deve risultare specifico riferimento. La fattura emessa per la cessione di beni, spediti o trasportati da uno Stato membro in altro Stato membro, acquistati senza pagamento dell’imposta a norma dell’articolo 40, comma 2, secondo periodo, deve contenere il numero di identificazione attribuito al cessionario dallo Stato membro di destinazione dei beni e la designazione dello stesso quale debitore dell’imposta.
  3. La fattura di cui al comma 2, se trattasi di beni spediti o trasportati dal soggetto passivo o per suo conto, ai sensi dell’articolo 41, comma 2, lettera c), nel territorio di altro Stato membro, deve recare anche l’indicazione del numero di identificazione allo stesso attribuito da tale Stato; se trattasi di cessioni di beni in base a cataloghi, per corrispondenza e simili, di cui all’articolo 41, comma 1, lettera b), non si applica la disposizione di cui al secondo periodo del comma 2.
  4. Se la cessione riguarda mezzi di trasporto nuovi di cui all’articolo 38, comma 4, nella fattura devono essere indicati anche i dati di identificazione degli stessi; se la cessione non e’ effettuata nell’esercizio di imprese, arti e professioni tiene luogo della fattura l’atto relativo alla cessione o altra documentazione equipollente.
  5. Il cessionario di un acquisto intracomunitario di cui all’articolo 38, commi 2 e 3, lettere b) e c), che non ha ricevuto la relativa fattura entro il secondo mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione, deve emettere entro il giorno 15 del terzo mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione stessa la fattura di cui al comma 1, in unico esemplare; se ha ricevuto una fattura indicante un corrispettivo inferiore a quello reale deve emettere fattura integrativa entro il giorno 15 del mese successivo alla registrazione della fattura originaria.

Articolo 47
Registrazione delle operazioni intracomunitarie.

In vigore dal 01/01/2013

Modificato da: Legge del 24/12/2012 n. 228 Articolo 1

Nota:
Le disposizioni del presente articolo, come modificato, da ultimo, dall’art. 1, comma 326, lett. f) legge 24 dicembre 2012 n. 228, si applicano alle operazioni  effettuate a partire dal 1 gennaio 2013.

  1. Le fatture relative agli acquisti intracomunitari di cui all’articolo 38, commi 2 e 3, lettera b), previa integrazione a norma dell’articolo 46, comma 1, sono annotate distintamente, entro il giorno 15 del mese successivo a quello di ricezione della fattura, e con riferimento al mese precedente, nel registro di cui all’articolo 23 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, secondo l’ordine della numerazione, con l’indicazione anche del corrispettivo delle operazioni espresso in valuta estera. Le fatture di cui all’articolo 46, comma 5, sono annotate entro il termine di emissione e con riferimento al mese precedente. Ai fini dell’esercizio del diritto alla detrazione dell’imposta, le fatture sono annotate distintamente anche nel registro di cui all’articolo 25 del predetto decreto.
  2. I contribuenti di cui all’articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, possono annotare le fatture di cui al comma 1 nel registro di cui al successivo articolo 24 anziche’ in quello delle fatture emesse, ferme restando le prescrizioni in ordine ai termini e alle modalita’ indicate nel comma 1.
  3. I soggetti di cui all’articolo 4, quarto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, non soggetti passivi d’imposta, annotano le fatture di cui al comma 1, previa loro progressiva numerazione ed entro gli stessi termini indicati al comma 1, in apposito registro, tenuto e conservato a norma dell’articolo 39 dello stesso decreto n. 633 del 1972.
  4. Le fatture relative alle cessioni intracomunitarie di cui all’articolo 46, comma 2, sono annotate distintamente nel registro di cui all’articolo 23 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, secondo l’ordine della numerazione ed entro il termine di emissione, con riferimento al mese di effettuazione dell’operazione.
  5. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 4 non si applicano alle operazioni relative ai mezzi di trasporto nuovi, di cui all’articolo 38, comma 4, delle quali non e’ parte contraente un soggetto passivo d’imposta nel territorio dello Stato.)

Prestazioni di servizi rese a soggetti UE o extra-UE

Il D.Lgs n. 18/2010, recependo la Direttiva comunitaria n. 2008/8/CE, ha radicalmente modificato i criteri da applicare in materia di territorialità delle prestazioni di servizi.

il Legislatore nazionale ha così modificato il vecchio art. 7 del D.p.r. 633/1972 introducendo, per le prestazioni di servizi, i nuovi articoli da 7-ter a 7-septies.

Con la riforma si è fissato, come luogo di tassazione a fini IVA,  quello nel quale avviene effettivamente il consumo del servizio.

L’art. 7-ter (1) definisce la regola generale, ovvero il criterio che dobbiamo sempre seguire quando realizziamo (o riceviamo) servizi con operatori non residenti (UE o extra-UE).

La regola generale per l’applicazione dell’IVA nelle prestazioni di servizi è quella secondo cui le prestazioni di servizi sono rilevanti ai fini IVA nel territorio dello Stato al verificarsi di due fattispecie:

  • Quando sono rese a committenti soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato;
  • Quando sono rese a committenti non soggetti passivi d’imposta da soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato.

Gli articoli da 7-quater a 7-septies contengono delle deroghe rispetto alla regola generale della territorialità per le prestazioni di servizi. Questi articoli prevedendo differenti criteri per stabilire la rilevanza territoriale di alcune tipologie di servizi.
Ad esempio:

  • Prestazioni di servizi relative a beni immobili;
  • Prestazione di trasporto passeggeri;
  • Prestazioni di ristorazione e catering;
  • Prestazioni di intermediazione, etc

Se una determinata prestazione non ricade in una deroga allora si dovrà applicare la regola generale definita dall’art. 7-ter.

Bisogna distinguere le operazioni:

  • B2B – business to business, ovvero le prestazioni rese a soggetti passivi IVA in altri Stati UE;
  • B2C – business to consumer, ovvero le prestazioni rese verso soggetti privati.

Nelle operazioni B2B il principio di territorialità IVA prevede che sia rilevante la sede del committente. Se la sede è territorialmente rilevante in Italia l’operazione è imponibile. Se la sede è all’estero, l’operazione è non imponibile IVA. Questo ai sensi dell’articolo 7-ter, comma 1, lettera a) del DPR n 633/72.

Nelle operazioni B2C il principio di territorialità IVA prevede che sia rilevante la sede del professionista esecutore della prestazione. Se la prestazione rivolta a soggetto privato estero è effettuata da professionista con sede in Italia, l’operazione è imponibile.

Nel caso in cui la controparte sia un soggetto passivo IVA residente in un altro Stato UE (iscritto al VIES) allora, data la regola generale, che prevede la tassazione del servizio nello Stato del committente, l’operatore italiano dovrà emettere fattura senza l’applicazione dell’IVA, con la dicitura di “inversione contabile” (nomenclatura prevista dall’articolo 21, comma 6-bis, lettera a) del DPR n 633/72 (2)) (“reverse charge”) e l’eventuale riferimento normativo (“art. 7-ter D.p.r. n. 633/1972”).

In fattura non dovrà essere riportata la ritenuta d’acconto in quanto il soggetto committente, anche se titolare di Partita IVA, non assume la veste di sostituto di imposta.

Nel caso di servizio reso nei confronti di un soggetto privato (UE o ExtraUE) allora, secondo la regola dettata dall’art. 7-ter il servizio deve essere tassato nel Paese del prestatore, quindi l’operatore italiano emetterà fattura con l’applicazione dell’IVA.

Il professionista, quindi, emetterà la fattura con IVA italiana, applicando l’aliquota in vigore per la prestazione professionale effettuata. Naturalmente, nella fattura non dovrà essere applicata alcuna ritenuta d’acconto.

Il professionista è tenuto a presentare il modello intrastat trimestralmente e l’esterometro.

Nel caso di servizi erogati a committenti extra-UE imprese si applica il disposto dell’articolo 7-ter del DPR n. 633 del 1972, che per le operazioni B2B, prevede che la prestazione sia imponibile nello Stato di residenza del soggetto committente.

Per le prestazioni di servizi rese a committenti extra-UE titolari di partita Iva, si emetterà fattura che ai fini Iva risulterà“non soggetta”, ai sensi dell’articolo 7-ter comma 1 lettera a) del DPR n. 633 del 1972. In fattura dovrà essere specificatamente indicata la dicitura “operazione non soggetta”, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 21, comma 6-bis, lettera b) del DPR n. 633 del 1972.

Le prestazioni si considerano effettuate al momento di ultimazione della prestazione, ovvero se di carattere periodico o continuativo alla data di maturazione dei corrispettivi, fermo restando che, se antecedentemente a tali momenti viene pagato in tutto o in parte il corrispettivo l’operazione si considera effettuata all’atto del pagamento. Non assume rilevanza l’emissione anticipata della fattura.

(1) Articolo 7 ter
Territorialita’ – Prestazioni di servizi

In vigore dal 20/02/2010
Modificato da: Decreto legislativo del 11/02/2010 n. 18 Articolo 1

Nota: 
Le disposizioni del presente articolo, aggiunto dall’art. 1 decreto legislativo 11 febbraio 2010 n. 18, si applicano alle operazioni effettuate dal 1 gennaio 2010.

1. Le prestazioni di servizi si considerano effettuate nel territorio dello Stato:

a) quando sono rese a soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato;

b) quando sono rese a committenti non soggetti passivi da soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato.

2. Ai fini dell’applicazione delle disposizioni relative al luogo di effettuazione delle prestazioni di servizi, si considerano soggetti passivi per le prestazioni di servizi ad essi rese:

a) i soggetti esercenti attivita’ d’impresa, arti o professioni; le persone fisiche si considerano soggetti passivi limitatamente alle prestazioni ricevute quando agiscono nell’esercizio di tali attivita’;

b) gli enti, le associazioni e le altre organizzazioni di cui all’articolo 4, quarto comma, anche quando agiscono al di fuori delle attivita’ commerciali o agricole;

c) gli enti, le associazioni e le altre organizzazioni, non soggetti passivi, identificati ai fini dell’imposta sul valore aggiunto.

(2) Art. 21, D.P.R. 633/72 

……………………

6-bis. I soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato emettono la fattura anche per le tipologie di operazioni sottoelencate quando non sono soggette all’imposta ai sensi degli articoli da 7 a 7-septies e indicano, in luogo dell’ammontare dell’imposta, le seguenti annotazioni con l’eventuale specificazione della relativa norma comunitaria o nazionale:

a) cessioni di beni e prestazioni di servizi, diverse da quelle di cui all’articolo 10, nn. da 1) a 4) e 9), effettuate nei confronti di un soggetto passivo che e’ debitore dell’imposta in un altro Stato membro dell’Unione europea, con l’annotazione “inversione contabile“;

b) cessioni di beni e prestazioni di servizi che si considerano effettuate fuori dell’Unione europea, con l’annotazione “operazione non soggetta“.

……………………

Cessione intracomunitaria di beni

Le cessioni di beni trasportati o spediti dal cedente, dall’acquirente o da un terzo per loro contodal territorio dello Stato italiano a quello di un altro Stato membro, costituiscono cessioni intracomunitarie non imponibili in Italia se si verificano tutte le seguenti condizioni (art. 41 c. 1 D.L. n. 331/93 (1) ):

  • La cessione è effettuata a titolo oneroso;
  • Il cedente è un soggetto passivo in Italia. Ovvero è un soggetto estero che ha nominato un rappresentante fiscale in Italia o si è identificato direttamente;
  • L’acquirente è un soggetto passivo in un altro Stato membro (o, in ogni caso, non un soggetto per il quale si verifichino le condizioni di applicazione, nello Stato membro di appartenenza, del regime derogatorio);
  • Il cessionario agisca in qualità di soggetto passivo, ossia effettuino gli acquisti nell’esercizio di impresa o di arti e professioni;
  • L’acquirente abbia comunicato al cedente il proprio numero di identificazione (partita IVA integrata dalle iniziali dello Stato membro che l’ha rilasciata). Tuttavia, la giurisprudenza ha ritenuto che il numero di identificazione non sia una condizione sostanziale, ma solo un requisito formale che non può mettere in discussione il diritto alla non imponibilità qualora ricorrano le condizioni sostanziali di una cessione intracomunitaria.

Se manca uno dei suddetti requisiti la cessione è assoggettata ad Iva secondo le regole previste dal DPR 633/72.

I beni, prima della cessione intracomunitaria, possono essere sottoposti in Italia, per conto dell’acquirente a lavorazione, trasformazione, assiemaggio o adattamento ad altri beni, da parte del cedente o di terzi.

Alle cessioni di beni soggetti ad accisa (alcole, bevande alcoliche, tabacchi lavorati e prodotti energetici, escluso il gas fornito dal sistema di distribuzione di gas naturale situato nel territorio dell’UE o una rete connessa a un tale sistema) ad un acquirente che beneficia del regime derogatorio nel Paese membro di appartenenza, si applica comunque il principio della tassazione nel Paese membro di destinazione.

Se la cessione intracomunitaria avviene tramite commissionari senza rappresentanza(cioè soggetti che agiscono in nome proprio), il rapporto tra committente e commissionario è soggetto ad IVA quale operazione interna (Risoluzione n. 115/E/2001).

Quando le cessioni presentano le condizioni sopra indicate ma hanno ad oggetto beni per i quali si applica il regime speciale dei beni usati, non sono operazioni intracomunitarie ma cessioni interne allo Stato italiano.

Nella fattura relativa alle cessioni intracomunitarie di beni, non imponibili ai sensi dell’art. 41 del DL n. 331/1993 (2), deve essere indicato:

  • il titolo di non imponibilità, «operazione non imponibile», dicitura che non risulta “assorbita” dall’annotazione “inversione contabile;
  • l’eventuale specificazione della norma di riferimento, comunitaria o nazionale.

Si ha  la facoltà, anziché l’obbligo, di riportare la norma che giustifica la detassazione, che  può essere, a scelta del cedente, quella interna (art. 41 del DL n. 331/1993) o quella comunitaria (art. 138 (3) della Direttiva n. 2006/112/CE).

Per le cessioni espresse in valuta, il tasso di cambio applicabile deve essere individuato secondo le regole generali applicabili alle cessioni interne; si considera pertanto il cambio del giorno in cui è stata effettuata l’operazione o, in mancanza, il cambio del giorno antecedente più vicino.

Per provare l’avvenuta cessione intracomunitaria il fornitore deve innanzitutto disporre del documento di trasporto internazionale via camion – CMR – firmato dal trasportatore per presa in carico della merce e dal destinatario per ricevuta (da cui risulti l’uscita della merce dal territorio nazionale) (Ris. AE 25 marzo 2013 n. 19/ERis. AE 15 dicembre 2008 n. 477/ERis. AE 28 novembre 2007 n. 345/E).

Il CMR può essere prodotto in formato cartaceo o elettronico (avente lo stesso contenuto di quello cartaceo e messo a disposizione in formato pdf).

Il medesimo contenuto del CMR può essere sostituito da altri documenti da cui si possano ricavare le medesime informazioni, nonché le firme di cedente, vettore e acquirente. E’ ammissibile, anche l’utilizzo delle informazioni tratte dal sistema informatico del vettore, da cui risulti che la merce è uscita dall’Italia ed ha raggiunto lo Stato UE. In tal caso sia il CMR elettronico che le informazioni del sistema informatico devono essere comunque stampati in un documento cartaceo, in quanto privi delle caratteristiche dei documenti informatici (riferimento temporale e firma elettronica).

In assenza del CMR  è ammesso ogni mezzo di prova alternativa in grado di fornire riscontri analoghi, come, ad esempio:

  • Documentazione relativa agli impegni contrattuali assunti;
  • Fattura di vendita;
  • Documentazione bancaria da cui risulti il pagamento della merce;
  • Eenchi INTRASTAT.

Documenti utili, in assenza del CMR, possono essere anche il DDT controfirmato dal destinatario, il contratto di assicurazione relativo al trasporto delle merci, la conferma scritta, da parte dell’acquirente, del ricevimento della merce.

In assenza di tali documenti, può essere utile anche la prova di fatti secondari dai quali desumere la presenza fisica delle merci in territorio dello Stato UE destinatario.

Per i trasporti diversi da quelli su strada è possibile utilizzare i documenti tradizionali, cioè la polizza di carico (trasporti via mare), lettera di vettura aerea e lettera di vettura ferroviaria (CIM).

Le cessioni a soggetti comunitari di beni introdotti precedentemente in depositi IVA, spediti in uno Stato membro, sono considerate cessioni intracomunitarie.

Le cessioni intracomunitarie sono non imponibili. Ciò significa che pur essendo detassate, esse mantengono, in capo a chi le effettua, tutti gli obblighi e le formalità previsti dalle norme IVA.

Le cessioni intracomunitarie danno diritto alla detrazione o al rimborso dell’IVA assolta sugli acquisti e la possibilità di usufruire, in presenza delle medesime condizioni, della possibilità di acquisto con dichiarazione d’intento previsto per gli esportatori abituali.

(1) Articolo 41 -Decreto-legge del 30/08/1993 n. 331- Cessioni intracomunitarie non imponibili.

Nota: In vigore dal 18/08/2015 Modificato da: Legge del 29/07/2015 n. 115 Articolo 13

1. Costituiscono cessioni non imponibili:

a) le cessioni a titolo oneroso di beni, trasportati o spediti nel territorio di altro Stato membro, dal cedente o dall’acquirente, o da terzi per loro conto, nei confronti di cessionari soggetti di imposta o di enti, associazioni ed altre organizzazioni indicate nell’articolo 4, quarto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, non soggetti passivi d’imposta; i beni possono essere sottoposti per conto del cessionario, ad opera del cedente stesso o di terzi, a lavorazione, trasformazione, assiemaggio o adattamento ad altri beni. La disposizione non si applica per le cessioni di beni, diversi dai prodotti soggetti ad accisa, nei confronti dei soggetti indicati nell’articolo 38, comma 5, lettera c), del presente decreto, i quali, esonerati dall’applicazione dell’imposta sugli acquisti intracomunitari effettuati nel proprio Stato membro, non abbiano optato per l’applicazione della stessa; le cessioni dei prodotti soggetti ad accisa sono non imponibili se il trasporto o spedizione degli stessi sono eseguiti in conformita’ degli articoli 6 e 8 del presente decreto;

b) le cessioni in base a cataloghi, per corrispondenza e simili, di beni diversi da quelli soggetti ad accisa, spediti o trasportati dal cedente o per suo conto nel territorio di altro Stato membro nei confronti di cessionari ivi non tenuti ad applicare l’imposta sugli acquisti intracomunitari e che non hanno optato per l’applicazione della stessa. La disposizione non si applica per le cessioni di mezzi di trasporto nuovi e di beni da installare, montare o assiemare ai sensi della lettera c). La disposizione non si applica altresi’ se l’ammontare delle cessioni effettuate in altro Stato membro non ha superato nell’anno solare precedente e non supera in quello in corso 100.000 euro, ovvero l’eventuale minore ammontare al riguardo stabilito da questo Stato a norma dell’articolo 34 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006. In tal caso e’ ammessa l’opzione per l’applicazione dell’imposta nell’altro Stato membro dandone comunicazione all’ufficio nella dichiarazione, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, relativa all’anno precedente ovvero nella dichiarazione di inizio dell’attivita’ o comunque anteriormente all’effettuazione della prima operazione non imponibile. L’opzione ha effetto, se esercitata nella dichiarazione relativa all’anno precedente, dal 1 gennaio dell’anno in corso e, negli altri casi, dal momento in cui e’ esercitata, fino a quando non sia revocata e, in ogni caso, fino al compimento del biennio successivo all’anno solare nel corso del quale e’ esercitata; la revoca deve essere comunicata all’ufficio nella dichiarazione annuale ed ha effetto dall’anno in corso;

c) le cessioni, con spedizione o trasporto dal territorio dello Stato, nel territorio di altro Stato membro di beni destinati ad essere ivi installati, montati o assiemati da parte del fornitore o per suo conto.

2. Sono assimilate alle cessioni di cui al comma 1, lettera a):

a) (lettera abrogata);

b) le cessioni a titolo oneroso di mezzi di trasporto nuovi di cui all’articolo 838, comma 4, trasportati o spediti in altro Stato membro dai cedenti o dagli acquirenti, ovvero per loro conto, anche se non effettuate nell’esercizio di imprese, arti e professioni e anche se l’acquirente non e’ soggetto passivo d’imposta;

c) l’invio di beni nel territorio di altro Stato membro, mediante trasporto o spedizione a cura del soggetto passivo nel territorio dello Stato, o da terzi per suo conto, in base ad un titolo diverso da quelli indicati nel successivo comma 3 di beni ivi esistenti.

2-bis. Non costituiscono cessioni intracomunitarie le cessioni di gas mediante un sistema di gas naturale situato nel territorio dell’Unione europea o una rete connessa a un tale sistema, le cessioni di energia elettrica e le cessioni di calore o di freddo mediante reti di riscaldamento o di raffreddamento, nonche’ le cessioni di beni effettuate dai soggetti che applicano, agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto, il regime di franchigia.

3. La disposizione di cui al comma 2, lettera c), non si applica per i beni inviati in altro Stato membro, oggetto di perizie o delle operazioni di perfezionamento o di manipolazioni usuali indicate nell’articolo 38, comma 5, lettera a), se i beni sono successivamente trasportati o spediti al committente, soggetto passivo d’imposta, nel territorio dello Stato, ovvero per i beni inviati in altro Stato membro per essere ivi temporaneamente utilizzati per l’esecuzione di prestazioni o che se fossero ivi importati beneficerebbero della ammissione temporanea in totale esenzione dai dazi doganali.

4. Agli effetti del secondo comma degli articoli 8, 8-bis e 9 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, le cessioni di cui ai precedenti commi 1 e 2, sono computabili ai fini della determinazione della percentuale e dei limiti ivi considerati.

(2) Articolo 46
Fatturazione delle operazioni intracomunitarie.

In vigore dal 01/01/2013
Modificato da: Legge del 24/12/2012 n. 228 Articolo 1

Nota:
Le disposizioni del presente articolo, come modificato, da ultimo, dall’art. 1, comma 326, lett. e) legge 24 dicembre 2012 n. 228, si applicano alle operazioni effettuate a partire dal 1 gennaio 2013.

  1. La fattura relativa all’acquisto intracomunitario deve essere numerata e integrata dal cessionario con l’indicazione del controvalore in euro del corrispettivo e degli altri elementi che concorrono a formare la base imponibile dell’operazione, espressi in valuta estera, nonche’ dell’ammontare dell’imposta, calcolata secondo l’aliquota dei beni. Se trattasi di acquisto intracomunitario senza pagamento dell’imposta o non imponibile o esente, in luogo dell’ammontare dell’imposta nella fattura deve essere indicato il titolo con l’eventuale indicazione della relativa norma comunitaria o nazionale.
  2. Per le cessioni intracomunitarie di cui all’articolo 41, e’ emessa fattura a norma dell’articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione, con l’indicazione, in luogo dell’ammontare dell’imposta, che si tratta di operazione non imponibile e con l’eventuale specificazione della relativa norma comunitaria o nazionale. La fattura deve inoltre contenere l’indicazione del numero di identificazione attribuito, agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto, al cessionario dallo Stato membro di appartenenza; in caso di consegna del bene al cessionario di questi in diverso Stato membro, dalla fattura deve risultare specifico riferimento. La fattura emessa per la cessione di beni, spediti o trasportati da uno Stato membro in altro Stato membro, acquistati senza pagamento dell’imposta a norma dell’articolo 40, comma 2, secondo periodo, deve contenere il numero di identificazione attribuito al cessionario dallo Stato membro di destinazione dei beni e la designazione dello stesso quale debitore dell’imposta.
  3. La fattura di cui al comma 2, se trattasi di beni spediti o trasportati dal soggetto passivo o per suo conto, ai sensi dell’articolo 41, comma 2, lettera c), nel territorio di altro Stato membro, deve recare anche l’indicazione del numero di identificazione allo stesso attribuito da tale Stato; se trattasi di cessioni di beni in base a cataloghi, per corrispondenza e simili, di cui all’articolo 41, comma 1, lettera b), non si applica la disposizione di cui al secondo periodo del comma 2.
  4. Se la cessione riguarda mezzi di trasporto nuovi di cui all’articolo 38, comma 4, nella fattura devono essere indicati anche i dati di identificazione degli stessi; se la cessione non e’ effettuata nell’esercizio di imprese, arti e professioni tiene luogo della fattura l’atto relativo alla cessione o altra documentazione equipollente.
  5. Il cessionario di un acquisto intracomunitario di cui all’articolo 38, commi 2 e 3, lettere b) e c), che non ha ricevuto la relativa fattura entro il secondo mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione, deve emettere entro il giorno 15 del terzo mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione stessa la fattura di cui al comma 1, in unico esemplare; se ha ricevuto una fattura indicante un corrispettivo inferiore a quello reale deve emettere fattura integrativa entro il giorno 15 del mese successivo alla registrazione della fattura originaria.

(3) DIRETTIVA 2006/112/CE DEL CONSIGLIO
del 28 novembre 2006
relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto

Sezione 1
Esenzioni delle cessioni di beni

Articolo 138

1.   Gli Stati membri esentano le cessioni di beni spediti o trasportati, fuori del loro rispettivo territorio ma nella Comunità, dal venditore, dall’acquirente o per loro conto, effettuate nei confronti di un altro soggetto passivo, o di un ente non soggetto passivo, che agisce in quanto tale in uno Stato membro diverso dallo Stato membro di partenza della spedizione o del trasporto dei beni.

2.   Oltre alle cessioni di cui al paragrafo 1, gli Stati membri esentano le operazioni seguenti:

a) le cessioni di mezzi di trasporto nuovi spediti o trasportati fuori del loro rispettivo territorio ma nella Comunità a destinazione dell’acquirente, dal venditore, dall’acquirente o per loro conto, effettuate nei confronti di soggetti passivi o di enti non soggetti passivi, i cui acquisti intracomunitari di beni non sono soggetti all’IVA a norma dell’articolo 3, paragrafo 1, o di qualsiasi altra persona non soggetto passivo;

b) le cessioni di prodotti soggetti ad accisa spediti o trasportati fuori del loro rispettivo territorio ma nella Comunità a destinazione dell’acquirente, dal venditore, dall’acquirente o per loro conto, effettuate nei confronti di soggetti passivi o di enti non soggetti passivi, i cui acquisti intracomunitari di beni diversi da prodotti soggetti ad accisa non sono soggetti all’IVA a norma dell’articolo 3, paragrafo 1, qualora la spedizione o il trasporto dei prodotti in questione siano effettuati in conformità dell’articolo 7, paragrafi 4 e 5, o dell’articolo 16, della direttiva 92/12/CEE;

c) le cessioni di beni consistenti in trasferimenti a destinazione di un altro Stato membro, che beneficerebbero delle esenzioni di cui al paragrafo 1 e alle lettere a) e b) se fossero effettuate nei confronti di un altro soggetto passivo.

Rappresentante Fiscale in Italia

ll soggetto non residente – comunitario o extracomunitario – che effettua nel territorio dello Stato operazioni rilevanti ai fini IVA, puo’ adempiere ai relativi obblighi o esercitare i relativi diritti nominando un rappresentante residente nel territorio dello Stato.

La disciplina è dettata dall’articolo 17 D.P.R. n. 633/1972, comma 3 (1): “[…] Nel caso in cui gli obblighi o i diritti derivanti dalla applicazione delle norme in materia di imposta sul valore aggiunto sono previsti a carico ovvero a favore di soggetti non residenti e senza stabile organizzazione nel territorio dello Stato, i medesimi sono adempiuti od esercitati, nei modi ordinari, dagli stessi soggetti direttamente, se identificati ai sensi dell’articolo 35-ter, ovvero tramite un loro rappresentante residente nel territorio dello Stato […]”

La nomina del rappresentante è obbligatoria in alcuni casi, e facoltativa in altri.

E’ obbligatoria quando l’operazione, che avviene nel territorio nazionale, deve essere assoggettata ad Iva ed i relativi obblighi sono previsti a carico del soggetto non residente. Quindi e’ obbligatoria:

  • nelle cessioni beni e prestazioni di servizi nei confronti di privati consumatori o, comunque, di soggetti che ai fini iva si comportano come tali (quali ad es. gli enti non commerciali anche se dotati di partita Iva);
  • nelle cessioni beni e prestazioni di servizi nei confronti di soggetti non residenti;
  • in particolari situazioni di scambi intracomunitari.

E’ facoltativa quando permette al soggetto non residente di far valere un diritto. Diritto che normalmente consiste nel poter detrarre l’iva pagata sugli acquisti in Italia.

In alternativa alla nomina del rappresentante e’ possibile l’identificazione diretta. Ad oggi l’identificazione diretta e’ possibile solo per i soggetti residenti in Paesi Ue. Una importante differenza tra la nomina di un rappresentante fiscale e l’ identificazione diretta è data dalla diversa responsabilità nei confronti del Fisco:

● il rappresentante fiscale Iva è responsabile in solido con il soggetto non residente per tutti gli obblighi previsti dalla normativa e per il pagamento dell’Iva dovuta;

● nell’identificazione diretta, unico debitore resta il soggetto non residente, anche quando si avvale di un consulente (ausiliario) in Italia.

In base a quanto disposto dal quarto comma dell’art. 1 del D.P.R. 441/1997, richiamato dal secondo comma dell’art. 17 del D.P.R. 633/1972, il rappresentante fiscale deve essere nominato attraverso:

  • atto pubblico;
  • scrittura privata registrata;
  • lettera annotata (mod. VI);

in data anteriore all’esecuzione dell’operazione, in apposito registro presso l’Ufficio IVA competente in relazione al domicilio fiscale del rappresentante o del rappresentato, ovvero da comunicazione effettuata all’Ufficio IVA con le modalità previste dall’articolo 35 del D.P.R. n. 633 del 1972.

In alternativa la nomina può’ risultare anche da atto autenticato da notaio di Stato estero aderente (vedi: stati aderenti) alla Convenzione dell’AIA del 5 ottobre 1961 (ratificata in Italia dalla legge 20.11.1966, n. 1253) e munito del timbro “Apostille” oppure legalizzato dal console generale dell’Italia presso lo stato estero. L’Apostille certifica che il Notaio o l’autorita’ Governativa che ha rilasciato il documento e’ effettivamente autorizzato a farlo. L’apostilla sostituisce la legalizzazione.

Il rappresentante fiscale può essere:

  • una persona fisica residente;
  • una società di persone o di capitali;
  • un ente commerciale o non commerciale con sede in Italia.

Il soggetto nominato rappresentante dovrà aprire la posizione iva (dichiarazione di inizio di attività’) per il mandante. Con l’apertura della posizione Iva il soggetto estero, tramite il suo rappresentante, sarà sottoposto a tutti gli obblighi e diritti previsti dalla normativa Iva nazionale. L’iva, da versare non per singola operazione ma con le scadenze ordinarie (mensili o trimestrali), sarà determinata secondo le regole generali al netto dell’iva detraibile sugli acquisti.

L’atto di nomina deve essere anteriore all’esecuzione dell’operazione che ne richiede la nomina e deve essere comunicato alla controparte (la nomina deve essere portata a conoscenza dei fornitori antecedentemente la prima operazione) .

Infatti le fatture emesse nei confronti del rappresentante fiscale devono essere cointestate al rappresentante ed al soggetto estero.

E’ possibile la nomina per una singola operazione e non per tutte le operazioni effettuate dal soggetto estero in Italia (R.M. n. 66 del 4 marzo 2002).

Un rappresentante fiscale lo può essere con riferimento a più’ soggetti e quindi può essere intestatario di più’ numeri di partita Iva, mentre un operatore estero non può avere più’ di un rappresentante IVA.

Il rappresentante fiscale e’ soggetto a tutti gli obblighi previsti dalla normativa IVA per i soggetti residenti e gode dei medesimi diritti: fatturazione, liquidazione, versamento, detrazione, dichiarazione annuale, etc. Ad es. può’ beneficiare del plafond degli esportatori abituali ed e’ abilitato a rinviare il pagamento dell’iva al momento del pagamento del corrispettivo da parte dello Stato o Enti pubblici (ex art. 6, DPR 633/1972)(R.M. n.371 del 2007)

Il rappresentante IVA deve presentare la dichiarazione di inizio di attività’. Se il soggetto estero e’ una persona fisica utilizzerà’ il modello AA9 per le persone fisiche altrimenti utilizzerà il modello AA7 nel caso di persone giuridiche.

Se il rappresentante ha gia’ una partita iva, riceverà un nuovo ulteriore numero di partita iva. Le due o più’ partite iva (tante quanto sono gli incarichi più’ eventualmente l’attività propria del rappresentante) dovranno essere gestite separatamente con contabilità separate.

La domanda di attribuzione della partita iva può’ essere presentata, in duplice esemplare, ad uno qualsiasi degli uffici dell’Agenzia delle entrate, a prescindere dal domicilio fiscale del contribuente, oppure con invio telematico (Vedi istruzioni ai modelli AA7 e AA9).

Se l’operazione e’ territorialmente rilevante in Italia il rappresentante fiscale deve emettere fattura senza applicazione dell’IVA quando effettua prestazioni o cessioni nei confronti di soggetti iva residenti. Corrispondentemente i cessionari o committenti soggetti iva, residenti nel territorio dello Stato, che acquistano in Italia beni o servizi da rappresentanti fiscali di soggetti non residenti, hanno l’obbligo di emettere autofattura o integrare la fattura ricevuta con l’iva. Tuttavia, nel caso di cessioni di beni o di prestazioni di servizi effettuate da un soggetto passivo stabilito in un altro Stato membro dell’Unione europea, il cessionario o committente adempie gli obblighi di fatturazione e di registrazione secondo le disposizioni degli articoli 46 e 47 del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427 (reverse charge a carico dell’acquirente )(Vedi: art. 17, comma 2, D.P.R. 633/72)(1)

Le fatture emesse dal rappresentante fiscale devono contenere sia i dati del rappresentante sia i dati del soggetto estero rappresentato.

Il rappresentante fiscale sostituisce in tutti gli adempimenti relativi ad Iva il soggetto estero ed è solidalmente responsabile con lo stesso per gli obblighi Iva. Ad es. la responsabilità’ dell’omesso versamento dell’iva è in capo al rappresentante, a nulla influendo il fatto che il soggetto estero non gli abbia dato la disponibilità’ della somma.

La responsabilità del rappresentante italiano di un soggetto non residente è determinata non tanto in funzione dell’accordo privatistico (contratto di mandato) che lo lega al rappresentato non residente, quanto dall’applicazione delle norme giuridiche sulla territorialità dell’operazione e sulla conseguente individuazione del debitore dell’imposta.

Nel caso di successione nel tempo di più’ rappresentanti fiscali di uno stesso soggetto, detta solidarietà non opera per le operazioni messe in atto antecedentemente alla nomina (Corte Cass. Sentenza n. 15848/04).

La nomina ha natura sostanziale e non è configurabile una tardiva comunicazione. pertanto la responsabilità del rappresentante non può estendersi a eventi precedenti al sua nomina.

L’attività’ del rappresentante fiscale rientra tra le attività’ di consulenza tecnica e legaleLa prestazione di rappresentanza fiscale resa da un soggetto residente in Italia ad un soggetto non residente e senza stabile organizzazione in Italia è fuori dal campo di applicazione dell’Iva in quanto è assente il presupposto territoriale.

Il soggetto non residente che possiede in Italia una stabile organizzazione non può’ operare anche tramite rappresentante IVA o identificazione diretta

I soggetti residenti in uno Stato membro, privi di stabile organizzazione e di rappresentante IVA in Italia, possono ottenere il rimborso Iva per gli acquisti di beni e servizi effettuati in Italia, soltanto se non vi hanno effettuato cessioni di beni o prestazioni di servizi, ad eccezione delle prestazioni di trasporto, delle prestazioni accessorie al trasporto e delle prestazioni soggette a reverse charge.(art, 38-bis2)

Le imprese italiane che operano in altri Paesi dell’Unione Europea dovranno verificare le norme in vigore nei singoli Stati, non necessariamente coincidenti con quelle vigenti in Italia. In linea di massima l’impresa italiana che effettui operazioni attive nell’altro stato membro, diverse da quelle sopra indicate dovrà nominare un rappresentante fiscale (se priva di stabile organizzazione) per ottenere il rimborso dell’Iva pagata in tale paese sull’acquisto dei beni e servizi. Infatti per effetto del generalizzato reverse charge non potra’ portare in detrazione l’iva pagata.

La nomina del rappresentante IVA, con riferimento ad operazioni intracomunitarie, in assenza di identificazione diretta da parte del soggetto non residente, è obbligatoria nei seguenti casi:

1) quando l’operazione è rilevante in Italia e l’acquirente/committente essendo soggetto privato non può assolvere l’imposta;

2) quando vi sono vendite a distanza di beni mobili materiali eseguite in Italia da un soggetto passivo in un altro Paese UE;

3) quando un operatore UE, che effettua lo sdoganamento, immette in libera pratica beni esteri che vengono acquistati da soggetti italiani. Infatti in tal caso il debitore dell’Iva è il rappresentante fiscale del soggetto comunitario e deve emettere fattura nei confronti del cessionario nazionale;

4) quando si introducono beni per l’esigenza della propria impresa.

La nomina del rappresentante fiscale non muta lo status di soggetto non residente del soggetto estero. La designazione di un rappresentante fiscale, di per sé, non ha effetti sulla territorialità’ dell’operazione, che deve essere sempre individuata, ai sensi degli art. 7 e successivi, in base alla residenza del soggetto estero e non del suo rappresentante fiscale. Diverso e’ il caso ove il rappresentante fiscale svolga un ruolo economico nelle prestazioni rese, ma, in tale ipotesi, e’ in ragione di detto ruolo e non della sua qualità’ di rappresentante fiscale che le operazioni da lui effettuate sono imponibili. (Corte UE Causa C-1/08, 19 febbraio 2009 )

(1) Articolo 17 D.P.R. 633/72

Debitore d’imposta
In vigore dal 19/12/2018

Modificato da: Decreto-legge del 23/10/2018 n. 119 Articolo 2

L’imposta e’ dovuta dai soggetti che effettuano le cessioni di beni e le prestazioni di servizi imponibili, i quali devono versarla all’erario, cumulativamente per tutte le operazioni effettuate e al netto della detrazione prevista nell’art. 19, nei modi e nei termini stabiliti nel titolo secondo.

Gli obblighi relativi alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato da soggetti non residenti nei confronti di soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato, compresi i soggetti indicati all’articolo 7-ter, comma 2, lettere b) e c), sono adempiuti dai cessionari o committenti. Tuttavia, nel caso di cessioni di beni o di prestazioni di servizi effettuate da un soggetto passivo stabilito in un altro Stato membro dell’Unione europea, il cessionario o committente adempie gli obblighi di fatturazione e di registrazione secondo le disposizioni degli articoli 46 e 47 del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427.

Nel caso in cui gli obblighi o i diritti derivanti dalla applicazione delle norme in materia di imposta sul valore aggiunto sono previsti a carico ovvero a favore di soggetti non residenti e senza stabile organizzazione nel territorio dello Stato, i medesimi sono adempiuti od esercitati, nei modi ordinari, dagli stessi soggetti direttamente, se identificati ai sensi dell’articolo 35-ter, ovvero tramite un loro rappresentante residente nel territorio dello Stato nominato nelle forme previste dall’articolo 1, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 441. Il rappresentante fiscale risponde in solido con il rappresentato relativamente agli obblighi derivanti dall’applicazione delle norme in materia di imposta sul valore aggiunto. La nomina del rappresentante fiscale e’ comunicata all’altro contraente anteriormente all’effettuazione dell’operazione. Se gli obblighi derivano dall’effettuazione solo di operazioni non imponibili di trasporto ed accessorie ai trasporti, gli adempimenti sono limitati all’esecuzione degli obblighi relativi alla fatturazione di cui all’articolo 21.

Le disposizioni del secondo e del terzo comma non si applicano per le operazioni effettuate da o nei confronti di soggetti non residenti, qualora le stesse siano rese o ricevute per il tramite di stabili organizzazioni nel territorio dello Stato.
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