Archivi categoria: Fiscalità Internazionale

Risoluzione delle controversie in materia fiscale nell’Unione europea

Dal 1° luglio 2019 sono entrate in vigore le norme europee dettate dalla Direttiva (UE) 2017/1852 del Consiglio, del 10 ottobre 2017, (il cui recepimento è previsto dalla legge di delegazione europea 2018) sui meccanismi di risoluzione delle controversie in materia fiscale nell’Unione europea.
I contribuenti coinvolti in controversie fiscali derivanti da accordi o convenzioni fiscali bilaterali che dispongono l’eliminazione della doppia imposizione possono ora avviare un procedimento di accordo reciproco con cui gli Stati membri devono tentare di risolvere la controversia in via amichevole entro 2 anni.

Finora era in vigore solo una convenzione multilaterale che conferiva alle autorità fiscali la possibilità di sottoporre la controversia ad arbitrato; il contribuente non disponeva tuttavia dei mezzi per avviare il procedimento autonomamente, né le autorità fiscali erano tenute a raggiungere un accordo finale.
Con il nuovo meccanismo di risoluzione delle controversie:
  • i contribuenti coinvolti in controversie fiscali derivanti da accordi o convenzioni fiscali bilaterali che dispongono l’eliminazione della doppia imposizione possono ora avviare un procedimento di accordo reciproco con cui gli Stati membri in questione devono tentare di risolvere la controversia in via amichevole entro 2 anni;
  • se al termine di questo periodo non si è reperita una soluzione, il contribuente può chiedere l’istituzione di una commissione consultiva destinata a pronunciare un parere.
    In caso di inadempienza degli Stati membri, il contribuente può adire le vie legali dinanzi al giudice nazionale per obbligare gli Stati membri ad agire
    ;
  • la commissione consultiva sarà composta da 3 membri indipendenti nominati dagli Stati membri interessati e rappresentanti delle autorità competenti in questione, ed è tenuta a esprimere un parere entro 6 mesi, cui gli Stati membri devono attenersi, salvo nel caso in cui concordino una soluzione diversa entro 6 mesi dal parere;
  • se la decisione non è attuata, il contribuente che ha accettato la decisione finale e ha rinunciato al diritto ai mezzi di impugnazione a livello nazionale entro 60 giorni dalla notifica può chiedere l’attuazione dinanzi al giudice nazionale. Gli Stati membri sono tenuti a pubblicare, integralmente o in sintesi, la decisione finale, che deve essere comunicata ai contribuenti.
La nuova direttiva si applica a qualsiasi reclamo presentato dal 1° luglio 2019 relativo a questioni controverse riguardanti il reddito o il capitale percepito in un esercizio fiscale che ha inizio il 1° gennaio 2018 o in data successiva. Le autorità competenti possono inoltre concordare di applicare la direttiva a qualsiasi reclamo presentato prima di tale giorno o nei precedenti esercizi fiscali.

Operativo il sistema UE (TNA ) contro le frodi IVA

Con comunicato stampa del 15 maggio 2019, la Commissione UE ha comunicato, nell’ottica di contrasto alle frodi e di una ristrutturazione del sistema IVA,  il lancio di un nuovo strumento, il Transaction Network Analysis (TNA ), che permetterà agli Stati Membri di ridurre, se non eliminare, le frodi IVA.

Con il Transaction Network Analysis le autorità fiscali:

  • avranno un accesso agevolato alle informazioni relative alle operazioni transfrontaliere ed ai soggetti coinvolti;
  • potranno effettuare controlli incrociati con le notizie condivise dall’Europol e dall’Agenzia Europea Antifrode.

Il nuovo applicativo informatico (TNA), frutto della collaborazione tra la Commissione e gli Stati Membri, registrando ed analizzando le informazioni contenute nel sistema elettronico di scambio dati sull’IVA e i dati scambiati su Eurofisc (rete antifrode dell’UE), applicando il data mining (l’estrazione dei dati forniti attraverso le dichiarazioni IVA):

  • aiuterà a rilevare discrepanze tra acquisti e vendite e altre anomalie nelle transazioni commerciali;
  • intensificherà la cooperazione tra gli Stati UE e le Agenzie coinvolte;
  • consentirà alle autorità fiscali di accedere in modo veloce e agevole alle informazioni relative alle operazioni transfrontaliere ai fini di una cooperazione più stretta con la rete di esperti antifrode dell’UE Eurofisc per l’analisi congiunta delle informazioni, in modo da poter rilevare e intercettare il più velocemente ed efficacemente possibile le eventuali frodi carosello all’IVA (1).

(1) Le frodi IVA, in particolare le frodi carosello, attraverso l’introduzione di una o più società che fanno da filtro, utilizzando operazioni triangolari tra Paesi UE,  mettono in atto operazioni fittizie con il solo scopo di arrivare a poter detrarre crediti IVA del tutto inesistenti.

Collaborazione fra le amministrazioni tributarie degli Stati UE al fine di contrastare l’evasione fiscale

Ai fini di contrastare la frode e l’evasione fiscale internazionale, l’Unione europea ha rafforzato  la collaborazione fra amministrazioni tributarie degli Stati membri facilitando gli scambi di informazioni che possono favorire la corretta determinazione delle imposte sul reddito e sul patrimonio.

Le basi sono state poste dalla Direttiva 77/799/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1977 relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri. In base alla Direttiva le autorità competenti degli Stati membri hanno iniziato a scambiare ogni informazione atta a permettere loro una corretta determinazione delle imposte sul reddito e sul patrimonio e tutte le informazioni relative alla determinazione delle imposte indirette.

Successivamente sono state emanate varie Direttive volte a modificare la Direttiva 77/799/CEE ed ad ampliarne il campo d’azione tra cui la Direttiva 2003/93/CE del Consiglio, del 7 ottobre 2003, e la Direttiva 2004/56/CE   del Consiglio, del 21 aprile 2004, che si è prefissa anche l’obbiettivo di accelerare il flusso di informazioni tra le autorità fiscali degli Stati membri, basti ricordare l’introduzione dell’articolo 8 ter in tema di “Controlli simultanei”.

In attuazione della Direttiva 2003/93/CE relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri nel settore delle imposte dirette e indirette è stato emanato il Decreto Legislativo 19 settembre 2005, n. 215 che ha modificato numerose norme dell’ordinamento fiscale ed ha introdotto nel Decreto del Presidente della Repubblica del 29/09/1973 n. 600 gli artt. 31-bis (Assistenza per lo scambio di informazioni tra le autorità competenti degli Stati membri dell’Unione europea)60-bis (Assistenza per le richieste di notifica tra le autorità competenti degli Stati membri dell’Unione europea).

Successivamente è stata emanata la Direttiva Comunità Europea del 15/02/2011 n. 16 – Direttiva del   Consiglio   relativa   alla  cooperazione  amministrativa  nel settore fiscale e che ha abrogato la direttiva 77/799/CEE.

La Direttiva Comunità Europea del 15/02/2011 n. 16 stabilisce le norme e le procedure in base alle quali gli Stati membri cooperano fra loro ai fini dello scambio di informazioni prevedibilmente pertinenti per l’amministrazione e l’applicazione delle leggi nazionali degli Stati membri relative alle imposte di qualsiasi tipo riscosse da o per conto di uno Stato membro o delle ripartizioni territoriali o amministrative di uno Stato membro, comprese le autorità locali.

La Direttiva 2011/16/UE non si applica all’imposta sul valore aggiunto e ai dazi doganali o alle accise contemplate da altre normative dell’Unione in materia di cooperazione amministrativa fra Stati membri.

La Direttiva2011/16/UE stabilisce altresì le disposizioni per lo scambio di informazioni  con mezzi elettronici nonché le norme e le procedure in base alle quali gli Stati membri e la Commissione cooperano in materia di coordinamento e di valutazione e fa salva l’applicazione negli Stati membri delle norme di assistenza giudiziaria in materia penale. Essa non pregiudica inoltre gli obblighi degli Stati membri con riguardo ad una cooperazione amministrativa più ampia risultanti da altri strumenti giuridici, tra cui gli accordi bilaterali o multilaterali.

In base all’art. 21 della Direttiva 2011/16/UE le informazioni comunicate a norma della Direttiva sono trasmesse elettronicamente, per quanto possibile, utilizzando la rete CCN (Content- Centric Networking).

La Commissione è responsabile di tutti gli sviluppi della rete CCN necessari per consentire lo scambio di tali informazioni fra Stati membri, nonché della sicurezza della rete CCN.

In attuazione della Direttiva 2011/16/UE è stato emanato il Decreto Legislativo 4 marzo 2014, n. 29 .

In sintonia con la Direttiva 2011/16/UE il Decreto Legislativo 4 marzo 2014, n. 29 stabilisce le norme e le procedure relative allo scambio, con le altre autorità competenti degli Stati Membri dell’Unione europea, delle informazioni prevedibilmente rilevanti per l’amministrazione interessata e per l’applicazione delle leggi nazionali degli Stati membri, relative alle imposte di qualsiasi tipo riscosse da o per conto dell’amministrazione finanziaria e delle ripartizioni territoriali, comprese le autorità locali.

Il Decreto fa salva l’applicazione delle norme di assistenza giudiziaria in materia penale e non pregiudica gli obblighi dello Stato membro ad una cooperazione amministrativa più ampia risultante da accordi bilaterali e multilaterali.

In base al Decreto Legislativo 4 marzo 2014, n. 29 vengono stabilite varie tipologie di scambio di informazioni:

  • Art. 4 Scambio di informazioni su richiesta;
  • Art. 5 Scambio automatico obbligatorio di informazioni;
  • Art. 6 Scambio spontaneo di informazioni.

L’art. 11 del Decreto Legislativo 4 marzo 2014, n. 29 ha modificato gli artt. 31-bis (Assistenza per lo scambio di informazioni tra le autorità competenti degli Stati membri dell’Unione europea)60-bis (Assistenza per le richieste di notifica tra le autorità competenti degli Stati membri dell’Unione europea) del Decreto del Presidente della Repubblica del 29/09/1973 n. 600.

La Direttiva 2014/107/UE del Consiglio, del 9 dicembre 2014 , ha modificato la direttiva 2011/16/UE per quanto riguarda lo scambio automatico obbligatorio di informazioni nel settore fiscale.

La Direttiva 2014/107/UE del Consiglio, del 9 dicembre 2014 ha anche introdotto nella Direttiva 2011/16/UE gli allegati:

  1. NORME DI COMUNICAZIONE E ADEGUATA VERIFICA IN MATERIA FISCALE RELATIVE AI CONTI FINANZIARI;
  2. NORME COMPLEMENTARI DI COMUNICAZIONE E ADEGUATA VERIFICA IN MATERIA FISCALE RELATIVE AI CONTI FINANZIARI.

La Direttiva (UE) 2015/2376 del Consiglio, dell’8 dicembre 2015, ha ulteriormente modificato la Direttiva 2011/16/UE.

In attuazione della Direttiva (UE) 2015/2376 è stato emanato il Decreto Legislativo 15 marzo 2017, n. 32. che ha modificato il Decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 29 .

Volendo schematizzare l’evoluzione delle Direttive DAC (Directive Administrative Cooperation) dal 2011 ad oggi:

DAC  Direttiva del Consiglio Attuazione
1 15/02/2011 2011/16/UE  Cooperazione amministrativa nel settore fiscale,scambio automatico di informazioni dai periodi d’imposta dal 1o gennaio 2014 (abroga la Direttiva 77/799/CEE) D. Lgs.  4 marzo 2014, n. 29
2 09/12/2014 2014/107/UE recante modifiche alla direttiva 2011/16/UE Amplia le categorie di reddito oggetto di scambio automaticoobbligo di trasmettere informazioni, per i periodi d’imposta a decorrere dal 1o gennaio 2016, per quanto concerne i Conti Bancari Normativa italiana di riferimento 
3 08/12/2015 2015/2376/UE recante modifiche alla direttiva 2011/16/UE Estende lo scambio automatico obbligatorio di informazioni ai ruling preventivi transfrontalieri e agli accordi preventivi sui prezzi di trasferimento D. Lgs. 15 marzo 2017, n. 32 
4 25/05/2016 2016/881/UE recante modifiche alla direttiva 2011/16/UE Scambio automatico obbligatorio di informazioni in materia di rendicontazione Paese per Paese Articolo 1, commi 145 e 146 della legge 28 dicembre 2015, n. 208D.M. 23/02/2017
5 06/12/2016 2016/2258/UE recante modifiche alla direttiva 2011/16/UE Accesso da parte delle autorità fiscali alle informazioni in materia di antiriciclaggio Legge 25 ottobre 2017, n, 163D.Lgs. 18 maggio 2018, n. 60
6 25/05/2018 2018/822/UE recante modifiche alla direttiva 2011/16/UE Scambio automatico obbligatorio di informazioni nel settore fiscale relativamente ai meccanismi transfrontalieri soggetti all’obbligo di notifica.

La direttiva n. 2011/16/UE  (DAC 1) del 15 febbraio 2011 che ha abrogato, con effetto dal 1° gennaio 2013, la direttiva n. 77/799/CEE stabilendo le norme e le procedure in base alle quali gli Stati membri cooperano tra loro ai fini dello scambio di informazioni fiscali per le Amministrazioni finanziarie. La direttiva è stata recepita nell’ordinamento giuridico interno con il D. Lgs.  4 marzo 2014, n. 29.

Nella Direttiva sono previste tre tipologie di scambio di informazioni:
  • «scambio di informazioni su richiesta»: lo scambio di informazioni basato su una richiesta effettuata dallo Stato membro richiedente allo Stato membro interpellato in un caso specifico;
  • «scambio automatico»: la comunicazione sistematica di informazioni predeterminate ad un altro Stato membro, senza richiesta preventiva, a intervalli regolari prestabiliti. Nel contesto dell’articolo 8 le informazioni disponibili sono le informazioni contenute negli archivi fiscali dello Stato membro che comunica le informazioni, consultabili in conformità delle procedure per la raccolta e il trattamento delle informazioni in tale Stato membro;
  • «scambio spontaneo»: la comunicazione occasionale, in qualsiasi momento e senza preventiva richiesta di informazioni ad un altro Stato membro;

Su richiesta dell’autorità richiedente, l’autorità interpellata trasmette all’autorità richiedente le informazioni di cui sia in possesso o che ottenga a seguito di un’indagine amministrativa.

L’autorità competente di ciascuno Stato membro comunica all’autorità competente di qualsiasi altro Strato membro, mediante scambio automatico obbligatorio, le informazioni disponibili sui periodi d’imposta dal 1o gennaio 2014 riguardanti i residenti in tale altro Stato membro sulle seguenti categorie specifiche di reddito e di capitale ai sensi della legislazione dello Stato membro che comunica le informazioni:

  1. redditi da lavoro;
  2. compensi per dirigenti;
  3. prodotti di assicurazione sulla vita non contemplati in altri strumenti giuridici dell’Unione sullo scambio di informazioni e misure analoghe;
  4. pensioni;
  5. proprietà e redditi immobiliari.

La comunicazione di informazioni ha luogo almeno una volta all’anno, entro i sei mesi successivi al termine dell’anno fiscale dello Stato membro durante il quale le informazioni sono state rese disponibili.

Le informazioni sono trasmesse elettronicamente, per quanto possibile, utilizzando la piattaforma comune basata sulla rete comune di comunicazione (CCN) e sull’interfaccia comune di sistema (CSI), sviluppata dall’Unione per assicurare tutte le trasmissioni con mezzi elettronici tra le autorità competenti nel settore delle dogane e della fiscalità.

La direttiva del 2011, con l’obiettivo di contrastare la frode fiscale e la pianificazione fiscale aggressiva, è stata oggetto di rilevanti interventi di modifica:
  • direttiva n. 2014/107/UE (DAC 2) del Consiglio del 9 dicembre 2014, che ha ampliato l’ambito di applicazione della DAC 1 promuovendo lo scambio automatico di informazioni come standard europeo e internazionale di trasparenza e di cooperazione:
  • direttiva n. 2015/2376/UE (DAC 3) del Consiglio dell’8 dicembre 2015 che ha introdotto il nuovo art. 8-bis che estende lo scambio automatico obbligatorio di informazioni ai ruling preventivi transfrontalieri e agli accordi preventivi sui prezzi di trasferimento.La direttiva è stata recepita nell’ordinamento giuridico interno con il D. Lgs. 15 marzo 2017, n. 32;
  • direttiva n. 2016/881/UE (DAC 4) del Consiglio del 25 maggio 2016 che ha esteso il campo di applicazione dello scambio automatico di informazioni con l’introduzione del nuovo art. 8-bis bis concernente “Ambito di applicazione e condizioni dello scambio automatico obbligatorio di informazioni in materia di rendicontazione Paese per Paese”. L’articolo 1, commi 145 e 146 della Legge 28 dicembre 2015, n. 208 (stabilità 2016) ha previsto che la controllante capogruppo di un gruppo multinazionale, residente nel territorio dello Stato ai sensi dell’art. 73 del TUIR, deve presentare all’Agenzia delle Entrate una rendicontazione paese per paese. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze sono stabiliti modalità, termini, elementi e condizioni per la trasmissione annuale della rendicontazione. E’ tenuta alla presentazione della rendicontazione la controllante capogruppo, avente l’obbligo di redazione del bilancio consolidato, con un fatturato consolidato, nel periodo d’imposta precedente a quello di rendicontazione, di almeno 750 milioni di euro e che non è controllata, direttamente o indirettamente, da altra impresa del gruppo multinazionale o da altri soggetti tenuti a tale obbligo.Parallelamente, l’obbligo di scambio automatico, le prime linee guida in merito all’obbligo di rendicontazione Country by Country Reporting  (CbCR) e allo scambio delle informazioni tra le amministrazioni finanziarie si rinvengono nel BEPS (Base Erosion and Profit Shifting) cd. «Progetto BEPS» – Action 13 (“Guidance on the Implementation of Transfer Pricing Documentation and Country-by-Country Reporting”), pubblicato il 5 ottobre 2015, a conclusione dei lavori del progetto. Le indicazioni contenute nel BEPS – Action 13, in tema di rendicontazione paese per paese, sono state recepite nell’ordinamento interno con la Legge 28 dicembre 2015, n. 208.
    Per la normativa italiana di riferimento vedi: https://www.agenziaentrate.gov.it/wps/content/Nsilib/Nsi/Schede/Comunicazioni/Scambio+Automatico+Finanziario+Internazionale/Normativa+di+riferimento+Scambio+Automatico+Finanziario+Internazionale/?page=schede
  • direttiva n. 2016/2258/UE (DAC 5) del Consiglio del 6 dicembre 2016 che modifica la direttiva del 2011 per quanto riguarda l’accesso da parte delle autorità fiscali alle informazioni in materia di antiriciclaggio.
  • direttiva n. 2018/822/UE (DAC 6) del Consiglio del 25 maggio 2018 che modifica la direttiva 2011/16/UE per quanto riguarda lo scambio automatico obbligatorio di informazioni nel settore fiscale relativamente ai meccanismi transfrontalieri soggetti all’obbligo di notifica.La Direttiva riflette ampiamente l’azione 12 (BEPS – Action 12: Disclosure of aggresive tax planning) del piano OCSE del 2013 per combattere la riduzione della base imponibile e il trasferimento degli utili a seguito di una pianificazione fiscale aggressiva.
    La Direttiva pone l’obbligo di comunicazione a carico degli intermediari (art. 3, punto 21: “qualunque persona che elabori, commercializzi, organizzi o metta a disposizione a fini di attuazione o gestisca l’attuazione di un meccanismo transfrontaliero soggetto all’obbligo di notifica”. Quindi per. es. commercialisti, avvocati….)
    I nuovi obblighi di segnalazione si applicheranno a partire dal 1 ° luglio 2020. Gli Stati membri saranno obbligati a scambiarsi informazioni ogni tre mesi, entro un mese dalla fine del trimestre in cui sono presentate le informazioni. Il primo scambio automatico di informazioni sarà quindi completato entro il 31 ottobre 2020.

 

Ufficio di Rappresentanza – Stabile Organizzazione – Società Controllata

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Le forme giuridiche mediante le quali un’impresa italiana può insediarsi all’estero sono essenzialmente tre:

  • l’ufficio di rappresentanza;
  • la stabile organizzazione (o branch);
  • la società.
“Le fattispecie individuate sono differenti sia in termini di costi sia di implicazioni legali e regolamentari che comportano. L’ufficio di rappresentanza è la modalità che comporta minori costi di costituzione e dalla quale discendono i minori obblighi civilistici (bastando la registrazione dell’unità locale nella Camera di Commercio dello Stato estero di insediamento). Pertanto, l’impresa italiana potrebbe decidere di iniziare ad operare in tale modo, per poi aprire una branch e successivamente trasformarla in società, ma potrebbe anche avvenire che, per le ragioni più diverse, il soggetto italiano opti per l’apertura diretta di una nuova joint venture. È il caso ad esempio dell’insediamento in Paesi nei quali per legge interna è necessario un socio locale.
È evidente che le diverse tipologie di insediamento, oltre a comportare implicazioni legali e regolamentari differenti in termini di obblighi civilistici e contabili, hanno anche implicazioni fiscali differenti.

L’ufficio di rappresentanza

L’ufficio di rappresentanza è un soggetto senza autonomia giuridica e fiscale rispetto alla casa madre. Pertanto, nello Stato estero non insorgono obblighi fiscali per l’impresa italiana. Essa verrà quindi tassata nel Paese estero come soggetto non residente, solo per i ricavi ivi prodotti. Alcuni Paesi, come accade in Italia, prevedono la tassazione degli utili di impresa di un soggetto non residente solo in presenza di stabile organizzazione, e pertanto l’impresa italiana che opera in uno Stato estero mediante ufficio di rappresentanza potrebbe non essere soggetta a tassazione in tale Stato.
Tuttavia, massima attenzione deve essere posta alle attività svolte dall’ufficio di rappresentanza. Il rischio è la riqualificazione di un ufficio di rappresentanza in stabile organizzazione all’estero dell’impresa italiana, con la conseguente tassazione nel Paese estero dei redditi ivi prodotti. Infatti, ai sensi della definizione di stabile organizzazione contenuta nel modello OCSE di Convenzione contro le doppie imposizioni, costituisce stabile organizzazione (tra l’altro) la presenza di una sede fissa di affari in cui l’impresa esercita in tutto o in parte la sua attività, salvo che le attività svolte non siano di carattere preparatorio o ausiliario all’attività della casa madre.
L’ufficio di rappresentanza potrà essere utilmente aperto in caso di laboratori, magazzini, depositi, uffici, negozi, in cui vengono svolte ad esempio attività promozionali, presentazione di merci (come gli show roomdove non viene svolta attività di vendita), la consegna delle merci, le ricerche di mercato.

La stabile organizzazione

L’apertura di una stabile organizzazione all’estero non sempre è una decisione dell’impresa italiana, ma dipende dal tipo di attività esercitata. Le autorità fiscali sono spesso molto attente a verificare se un insediamento estero configuri o no “stabile organizzazione” in quanto la stabile organizzazione è soggetta ad imposta nello Stato estero per i redditi ivi prodotti. Senza entrare nel dettaglio di quali sono le attività che comportano l’insorgere di una stabile organizzazione all’estero, basti qui notare che si può creare nello Stato estero una stabile organizzazione materiale (in virtù della presenza fisica di una sede fissa di affari della impresa italiana) o anche personale (in presenza di agenti non indipendenti che hanno il potere di concludere contratti in nome e per conto della società italiana). Una attenta disamina della situazione fattuale e delle attività effettivamente svolte all’estero è fondamentale per evitare di incorrere in sanzioni, anche pesanti, per omessa tassazione dei redditi prodotti all’estero.
Al di là dei casi in cui l’apertura di una stabile organizzazione all’estero non sia la mera conseguenza delle attività svolte dall’Italia mediante una sede estera o un agente dipendente), è possibile che un’impresa italiana decida volontariamente di aprire all’estero una stabile organizzazione e non costituire una società controllata.
Da un punto di vista civilistico, con il termine stabile organizzazione si intende un soggetto che non ha autonomia giuridica rispetto alla casa madre italiana, essendo più che altro la longa manuattraverso cui questa esercita la sua attività all’estero. Non avrà dunque necessità di un capitale sociale (anche se tipicamente la stabile organizzazione viene fornita di un fondo di dotazione adeguato allo scopo, soprattutto per problematiche fiscali), di organi gestori propri o di obblighi di redazione di bilancio. Per le passività della stabile organizzazione dunque risponde la casa madre italiana con il proprio patrimonio.
Al contrario, dal punto di vista fiscale, la stabile organizzazione è un soggetto rilevante, tanto da avere una propria numero identificativo estero (come la partita IVA o il codice fiscale). La stabile organizzazione è un autonomo centro di imputazione di ricavi e costi, e viene tassata nello Stato estero per i redditi ivi prodotti. La stabile organizzazione è considerata come un soggetto fiscalmente residente nello Stato estero ai fini fiscali, e come tale è soggetto alle ordinarie regole sulle imposte sul reddito previste per i soggetti esercenti attività di impresa (in Italia, le stabili organizzazioni di soggetti non residenti sono soggetti IRES tassate come le società di capitali italiane).
In sostanza, le operazioni svolte dalla stabile organizzazione, pur essendo registrate in una contabilità separata rispetto a quella della casa madre, confluiscono nelle registrazioni contabili dell’impresa italiana. La contabilità della stabile organizzazione è tenuta ai soli fini fiscali, al fine di calcolare il reddito ad essa afferente. Tale reddito viene tassato nello Stato estero, e viene anche incluso nel reddito complessivo della casa madre. Le imposte pagate all’estero vengono scomputate dal reddito della casa madre mediante il meccanismo del reddito di imposta.
Conseguentemente, le perdite realizzate dalla stabile organizzazione nello Stato estero sono portate in diretta deduzione del reddito imponibile italiano, e pertanto immediatamente recuperate. Tale peculiarità comporta inoltre un evidente vantaggio durante i primi periodi dell’insediamento all’estero, quando la possibilità di incorrere in perdite è elevata. Mentre in caso di società controllate estere che realizzano perdite consistenti potrebbe divenire necessario procedere con una ricapitalizzazione, in caso di branch estere non sarà necessario ripristinare il fondo di dotazione iniziale, semprechè lo stesso si mantenga congruo rispetto all’attività esercitata. Inoltre, in caso di perdite civilistiche una società potrebbe non essere in grado di ripagare dividendi alla casa madre, anche se in possesso di “cassa” libera (c.d. fenomeno del trapped cash, tipico in caso di ammortamenti molto elevati in conto economico).
Inoltre, le distribuzioni del fondo di dotazione dalla branch alla casa madre non sono soggetti a ritenuta nello Stato estero. Le linee Guida OCSE sull’attribuzione di profitti alla stabile organizzazione consentono, a certe condizioni, l’allocazione di finanziamenti tra la casa madre e la stabile organizzazione. Tali interessi passivi, unitamente agli interessi passivi su finanziamenti contratti direttamente dalla stabile organizzazione possono essere dedotti secondo le regole ordinarie dello Stato estero.”
Fonte: http://www.ipsoa.it/documents/fisco/fiscalita-internazionale/quotidiano/2014/08/05/la-variabile-fiscale-per-l-insediamento-all-estero

Sul tema della Stabile Organizzazione è utile tenere presente, per una corretta pianificazione fiscale la modifica introdotta dal  DECRETO LEGISLATIVO 14 settembre 2015, n. 147 “Disposizioni recanti misure per la crescita e l’internazionalizzazione delle imprese”  che, attraverso l’Art. 168-ter (Esenzione degli utili e delle perdite delle stabili organizzazioni di imprese residenti), ha inserito nell’ordinamento nazionale la Branch Exemption

“La società controllata

La costituzione di una società all’estero rappresenta la modalità più completa di insediamento all’estero. La società estera ha una propria personalità giuridica separata dalla casa madre, deve avere un proprio capitale sociale rispondente ai limiti minimi previsti dalla legislazione locale con il quale la controllata estera risponde per le proprie obbligazioni.
Una società estera, anche se controllata dalla casa madre italiana, deve avere organi decisionali e gestionali propri. Quest’ultimo aspetto risulta di particolare importanza anche alla luce delle numerose normative antielusive presenti nel nostro ordinamento, volte ad escludere la possibilità di una fittizia localizzazione all’estero di una società ai soli fini di beneficiare di regimi fiscali di favore rispetto a quello italiano, soprattutto in caso di società controllata costituita in paradisi fiscali.
Si tratta ad esempio delle norme in tema di esterovestizione, mediante le quali l’amministrazione finanziaria italiana può disconoscere la localizzazione all’estero dell’attività (e la conseguente tassazione nello Stato estero), quando la gestione della società estera venga svolta in Italia. Bisognerà dunque prestare attenzione alla “sostanza” della società estera, per evitare che l’autorità fiscale italiana consideri fittizio l’insediamento all’estero. A tale fine, saranno utili sia elementi propri della società estera, come la disponibilità di uffici funzionali allo svolgimento dell’attività, la presenza di dipendenti, di contratti di fornitura anche di servizi basilari come l’energia e il telefono, di conti correnti esteri intestati alla società, etc. Inoltre, le principali decisioni del consiglio di amministrazione dovrebbero essere prese all’estero, nel corso di riunioni tenute a cadenza regolare.
Inoltre, le società estere controllate o collegate residenti o localizzate in paradisi fiscali sono soggette alla disciplina delle c.d. controlled foreign companies(o CFC), che prevede la tassazione per trasparenza in capo alla società italiana dei redditi realizzata dalle società controllate o collegate estere che non dimostrino l’effettivo svolgimento all’estero di un’attività economico o alternativamente che dalla partecipazione non consegua l’effetto di localizzare i redditi in Stati c.d.black list. La disciplina CFC si applica anche in caso di partecipazioni localizzate in Paesi white list, quando i redditi da queste prodotti siano per la maggior parte redditi c.d. passive, ovvero derivanti dallo sfruttamento di attività materiali, immateriali o finanziarie.
La società estera è tassata nel Paese estero secondo le regole ordinarie. I dividendi distribuiti dalla società estera possono essere soggetti a ritenuta nel Paese estero, e confluiscono nel reddito imponibile della società italiana (per il 5% del loro ammontare se si tratta di società estere in Paesi White List). Le ritenute subite all’estero possono essere scomputate dalle imposte dovute in Italia secondo il meccanismo del credito di imposta.
La scelta della forma giuridica con cui effettuare l’investimento all’estero deve essere attentamente ponderata, per evitare di incorrere in problematiche fiscali che ex post è più difficile gestire.”

Fonte: http://www.ipsoa.it/documents/fisco/fiscalita-internazionale/quotidiano/2014/08/05/la-variabile-fiscale-per-l-insediamento-all-estero

DISAMINA DELL’ART.167 DEL TUIR ALLA LUCE DELLE MODIFICHE INTRODOTTE DALLA LEGGE DI STABILITA’ 208/2015.

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La Legge di Stabilità n. 208/2015 con l’art. 1, comma 142, ha novellato l’art. 167 del TUIR “disposizioni in materia d’imprese estere controllate”.

Per una chiara e semplice visione dello stesso articolo è necessario esaminare il controllo esercitato da parte di un soggetto residente in Italia :

  • nei commi dal n.1 al n. 8, controllo di un’impresa, di una società o altro ente, residente o localizzato in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, così come identificati dal comma 4 dell’art. in argomento;
  •  nei commi 8-bis e 8-ter,  in cui i soggetti controllati sono localizzati in Stati o territori diversi da quelli richiamati al comma 1 o in Stati appartenenti all’UE ovvero aderenti allo Spazio Economico Europeo con i quali l’Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni.

L’art. 1 comma 142 della L. 208/2015, ha modificato, superando in sostanza la precedente divisione, basata sui precedenti criteri, tra Stati black e white list, il comma 4 dell’art.167 del TUIR, ponendo un criterio distintivo oggettivo: “i regimi fiscali, anche speciali, di Stati o territori, si considerano privilegiati laddove il livello nominale di tassazione risulti inferiore al 50% di quello applicabile in Italia”.

Qualora ricorrano le condizioni di cui al comma 4, dell’art. 167 TUIR, in base al comma 1 del medesimo articolo, i redditi conseguiti dal soggetto estero controllato sono imputati ai soggetti residenti in proporzione alle partecipazioni da essi detenute a decorrere dalla chiusura dell’esercizio o periodo di gestione del soggetto estero controllato.

Le condizioni in base alle quali, alternativamente, è possibile, per un soggetto residente, non applicare le disposizioni di cui al comma 1, vengono elencate nel comma 5 alle lettere:

  • a) (svolgimento di una effettiva attività industriale o commerciale come principale attività nel mercato dello Stato territorio di insediamento, lo stesso per le attività bancarie, finanziarie e assicurative), da considerare in abbinamento anche con il disposto di cui al comma 5-bis);
  • b) (dalle partecipazioni non deve conseguire l’effetto di localizzare i redditi negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al comma 4).

Ai fini del comma 5, il contribuente può interpellare l’amministrazione, ai sensi dell’art. 11, comma 1, lettera b, della Legge 27/07/2000, n. 212, recante lo Statuto dei diritti del contribuente.

Nei commi 6 e 7 viene specificato il metodo di assoggettamento a tassazione.

L’art. 1 comma 142, lettera n.4 , ha modificato il comma 8-bis dell’art.167 TUIR, stabilendo che la disciplina di cui al comma 1 del medesimo articolo (imputazione in capo al soggetto residente dei redditi prodotti dal soggetto estero controllato) trova applicazione anche nell’ipotesi in cui i soggetti controllati sono localizzati in Stati o territori diversi da quelli ivi richiamati o in Stati appartenenti alla UE ovvero aderenti allo Spazio Economico Europeo con i quali l’Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni, qualora ricorrano congiuntamente le condizioni di cui alle lettere:

  • a) (assoggettati a tassazione effettiva inferiore a più della metà di quella a cui sarebbero stati assoggettati ove residenti in Italia);
  •  b) (proventi derivanti per più del 50% da specifiche attività ivi previste dello stesso comma).

Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia dell’ entrate sono indicati i criteri per determinare con modalità semplificate l’effettivo livello di tassazione di cui alla precedente lettera a).

Il comma 8-ter sancisce che le disposizioni di cui al comma 8-bis non si applicano se il soggetto residente dimostra che l’insediamento all’estero non rappresenta una costruzione artificiosa volta a conseguire un indebito vantaggio fiscale.

Ulteriori disposizioni in termini di diritto di interpello e di procedura di accertamento sono contemplati nei commi 8-ter/quater e quinquies.

Art. 165 T.U.I.R. – Credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero

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Art. 165

1. Se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi prodotti all’estero, le imposte ivi pagate a titolo definitivo su tali redditi sono ammesse in detrazione dall’imposta netta dovuta fino alla concorrenza della quota d’imposta corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all’estero ed il reddito complessivo al netto delle perdite di precedenti periodi d’imposta ammesse in diminuzione.

2. I redditi si considerano prodotti all’estero sulla base di criteri reciproci a quelli previsti dall’articolo 23 per individuare quelli prodotti nel territorio dello Stato.

3. se concorrono redditi prodotti in piu’ Stati esteri, la detrazione si applica separatamente per ciascuno Stato.

4. La detrazione di cui al comma 1 deve essere calcolata nella dichiarazione relativa al periodo d’imposta cui appartiene il reddito prodotto all’estero al quale si riferisce l’imposta di cui allo stesso comma 1, a condizione che il pagamento a titolo definitivo avvenga prima della sua presentazione. Nel caso in cui il pagamento a titolo definitivo avvenga successivamente si applica quanto previsto dal comma 7.

5. la detrazione di cui al comma 1 può essere calcolata dall’imposta del periodo di competenza anche se il pagamento a titolo definitivo avviene entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al primo periodo d’imposta successivo.  L’esercizio della facoltà di cui al periodo precedente e’ condizionato all’indicazione, nelle dichiarazioni dei redditi, delle imposte estere detratte per le quali ancora non e’ avvenuto il pagamento a titolo definitivo.

6. L’imposta estera pagata a titolo definitivo su redditi prodotti nello stesso Stato estero eccedente la quota d’imposta italiana relativa ai medesimi redditi esteri costituisce un credito d’imposta fino fino a concorrenza della eccedenza della quota d’imposta italiana rispetto a quella estera pagata a titolo definitivo in relazione allo stesso reddito estero, verificatasi negli esercizi precedenti fino all’ottavo. Nel caso in cui negli esercizi precedenti non si sia verificata tale eccedenza, l’eccedenza dell’imposta estera può’ essere riportata a nuovo fino all’ottavo esercizio successivo ed essere utilizzata quale credito d’imposta nel caso in cui si produca l’eccedenza della quota di imposta italiana rispetto a quella estera relativa allo stesso reddito di cui al primo periodo del presente comma. Le disposizioni di cui al presente comma relative al riporto in avanti e all’indietro dell’eccedenza si applicano anche ai redditi d’impresa prodotti all’estero dalle singole società’ partecipanti al consolidato nazionale e mondiale, anche se residenti nello stesso paese, salvo quanto previsto dall’articolo 136, comma 6.

7. Se l’imposta dovuta in Italia per il periodo d’imposta nel quale il reddito estero ha concorso a formare l’imponibile e’ stata già’ liquidata, si procede a nuova liquidazione tenendo conto anche dell’eventuale maggior reddito estero, e la detrazione si opera dall’imposta dovuta per il periodo d’imposta cui si riferisce la dichiarazione nella quale e’ stata richiesta. Se e’ già’ decorso il termine per l’accertamento, la detrazione e’ limitata alla quota dell’imposta estera proporzionale all’ammontare del reddito prodotto all’estero acquisito a tassazione in Italia.

8. La detrazione non spetta in caso di omessa presentazione della dichiarazione o di omessa indicazione dei redditi prodotti all’estero nella dichiarazione presentata.

9. Per le imposte pagate all’estero dalle società’ , associazioni e imprese di cui all’articolo 5 e dalle società’ che hanno esercitato l’opzione di cui agli articoli 115 e 116 la detrazione spetta ai singoli soci nella proporzione ivi stabilita.

10. Nel caso in cui il reddito prodotto all’estero concorra parzialmente alla formazione del reddito complessivo, anche l’imposta estera va ridotta in misura corrispondente.

Articolo 2359 del codice civile – società controllate e collegate

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2359
. Società controllate e società collegate.

Sono considerate società controllate:

1) le società in cui un’altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria;

2) le società in cui un’altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria;

3) le società che sono sotto influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.

Ai fini dell’applicazione dei numeri 1) e 2) del primo comma si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta; non si computano i voti spettanti per conto di terzi.

Sono considerate collegate le società sulle quali un’altra società esercita un’influenza notevole. L’influenza si presume quando nell’assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei voti ovvero un decimo se la società ha azioni quotate in borsa.

Art. 110 T.UI.R. – commi da 10 a 12 bis abrogati da Legge di Stabilità 208/2015

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Art. 110

Norme generali sulle valutazioni

commi da 10 a 12 bis abrogati da Art. comma 142 lett. a della Legge di Stabilità 208/2015

………………………………………….

10. Non sono ammessi in deduzione le spese e gli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse con imprese residenti ovvero localizzate in Stati o territori diversi da quelli individuati nella lista di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell’articolo 168-bis. Tale deduzione e’ ammessa per le operazioni intercorse con imprese residenti o localizzate in Stati dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo inclusi nella lista di cui al citato decreto.

11. Le disposizioni di cui al comma 10 non si applicano quando le imprese residenti in Italia forniscano la prova che le imprese estere svolgono prevalentemente un’attivita’ commerciale effettiva, ovvero che le operazioni poste in essere rispondono ad un effettivo interesse economico e che le stesse hanno avuto concreta esecuzione. Le spese e gli altri componenti negativi deducibili ai sensi del primo periodo sono separatamente indicati nella dichiarazione dei redditi. L’Amministrazione, prima di procedere all’emissione dell’avviso di accertamento d’imposta o di maggiore imposta, deve notificare all’interessato un apposito avviso con il quale viene concessa al medesimo la possibilita’ di fornire, nel termine di novanta giorni, le prove predette. Ove l’Amministrazione non ritenga idonee le prove addotte, dovra’ darne specifica motivazione nell’avviso di accertamento.

12. Le disposizioni di cui ai commi 10 e 11 non si applicano per le operazioni intercorse con soggetti non residenti cui risulti applicabile gli articoli 167 o 168, concernente disposizioni in materia di imprese estere partecipate.

12-bis. Le disposizioni dei commi 10 e 11 si applicano anche alle prestazioni di servizi rese dai professionisti domiciliati in Stati o territori diversi da quelli individuati nella lista di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell’articolo 168-bis. Tale disposizione non si applica ai professionisti domiciliati in Stati dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo inclusi nella lista di cui al citato decreto.

LEGGE 28 dicembre 2015, n. 208 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita’ 2016). (15G00222) (GU Serie Generale n.302 del 30-12-2015 – Suppl. Ordinario n. 70)

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Art. 1

……….

142. Al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto
del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e
successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) i commi da 10 a 12-bis dell’articolo 110 sono abrogati;
b) all’articolo 167:
1) al comma 1, le parole: «di cui al decreto o al provvedimento
emanati ai sensi del comma 4» sono sostituite dalle seguenti: «di cui
al comma 4, diversi da quelli appartenenti all’Unione europea ovvero da quelli aderenti allo Spazio economico europeo con i quali l’Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni»;
2) il comma 4 e’ sostituito dal seguente:
«4. I regimi fiscali, anche speciali, di Stati o territori si
considerano privilegiati laddove il livello nominale di tassazione
risulti inferiore al 50 per cento di quello applicabile in Italia»;
3) al comma 6, le parole: «e, comunque, non inferiore al 27 per
cento» sono sostituite dalle seguenti: «e, comunque, non inferiore
all’aliquota ordinaria dell’imposta sul reddito delle societa’»;
4) al comma 8-bis, alinea, dopo le parole: «localizzati in
Stati o territori diversi da quelli ivi richiamati» sono inserite le
seguenti: «o in Stati appartenenti all’Unione europea ovvero a quelli
aderenti allo Spazio economico europeo con i quali l’Italia abbia
stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di
informazioni».
143. Quando leggi, regolamenti, decreti o altre norme o
provvedimenti fanno riferimento agli Stati o territori di cui al
decreto e al provvedimento emanati ai sensi dell’articolo 167, comma 4, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto delPresidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, il riferimento si intende agli Stati o territori individuati in base ai criteri di cui all’articolo 167, comma 4, del citato testo unico, come da ultimo modificato dal comma 142 del presente articolo.
144. Le disposizioni di cui ai commi 142 e 143 si applicano a
decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31
dicembre 2015.
145. A fini di adeguamento alle direttive emanate
dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico in
materia di obbligo delle imprese multinazionali di predisporre e
presentare annualmente una rendicontazione Paese per Paese che
riporti l’ammontare dei ricavi e gli utili lordi, le imposte pagate e
maturate, insieme con altri elementi indicatori di un’attività’
economica effettiva, con decreto del Ministro dell’economia e delle
finanze, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in
vigore della presente legge, sono stabiliti modalità’, termini,
elementi e condizioni, coerentemente con le citate direttive, per la
trasmissione della predetta rendicontazione all’Agenzia delle entrate da parte delle società’ controllanti, residenti nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo 73 del testo unico delle imposte sui
redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22
dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, che hanno
l’obbligo di redazione del bilancio consolidato, con un fatturato
consolidato, conseguito dal gruppo di imprese multinazionali nel
periodo d’imposta precedente a quello di rendicontazione, di almeno 750 milioni di euro e che non sono a loro volta controllate da
soggetti diversi dalle persone fisiche. L’Agenzia delle entrate
assicura la riservatezza delle informazioni contenute nella
rendicontazione di cui al primo periodo almeno nella stessa misura
richiesta per le informazioni fornite ai sensi delle disposizioni
della Convenzione multilaterale sulla mutua assistenza amministrativa in materia fiscale. In caso di omessa presentazione della rendicontazione di cui al primo periodo o di invio dei dati
incompleti o non veritieri si applica la sanzione amministrativa
pecuniaria da euro 10.000 a euro 50.000.
146. Agli obblighi di cui al comma 145, alle condizioni ivi
indicate, sono tenute anche le società’ controllate, residenti nel
territorio dello Stato, nel caso in cui la società’ controllante che
ha l’obbligo di redazione del bilancio consolidato sia residente in
uno Stato che non ha introdotto l’obbligo di presentazione della
rendicontazione Paese per Paese ovvero non ha in vigore con l’Italia
un accordo che consenta lo scambio delle informazioni relative alla
rendicontazione Paese per Paese ovvero e’ inadempiente all’obbligo di scambio delle informazioni relative alla rendicontazione Paese per Paese.
147. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze sono
stabiliti i criteri generali per la raccolta delle informazioni
relative agli acquisti di beni e alle prestazioni di servizi ricevute
da soggetti residenti fuori del territorio dello Stato, necessarie ad
assicurare un adeguato presidio al contrasto dell’evasione
internazionale. Con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle
entrate sono definite le modalità’ tecniche di applicazione del
presente comma ed e’ disposta la contestuale soppressione di
eventuali duplicazioni di adempimenti già’ esistenti.

…………………..