Una corretta pianificazione fiscale internazionale – Il presupposto delle “valide ragioni economiche”

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Una corretta pianificazione fiscale internazionale si prefigge l’obbiettivo di strutturare le operazioni economiche e gli investimenti, al fine di ottimizzare anche il carico tributario, senza incorrere in un’applicazione illegittima o distorta delle norme.

” Anche” in quanto l’articolo 37-bis del d.P.R. n. 600/1973 definisce elusiva  un’operazione  quando sussistono tre condizioni:

  1. il vantaggio fiscale, costituito dall’ottenimento di rimborsi o riduzioni di imposte, è indebito
  2. vi è aggiramento di obblighi o divieti previsti dall’ordinamento tributario
  3. il soggetto ha agito in assenza di valide ragioni economiche.

Ora è evidente che una corretta pianificazione fiscale internazionale non può prescindere da valide ragioni economiche.
Qualora queste manchino e l’unico motivo per concludere atti, fatti o negozi sia stato l’ottenimento di un rimborso o una riduzione d’imposta tramite l’aggiramento di obblighi o divieti siamo in presenza di un’evidente pratica elusiva.

Quando si rispettino le condizioni di cui sopra, la scelta della via fiscalmente meno onerosa non è certamente vietata a priori.
Se così non fosse qualsiasi forma di pianificazione fiscale sconfinerebbe nella elusione.

I contribuenti sono dunque liberi, nello esercizio della loro autonomia negoziale e d’impresa, di seguire tra più alternative possibili (sempre supportate da valide regioni economiche) quella che conduce ad un maggior risparmio di imposta.

La Corte di Cassazione, Sezione V,  Sentenza del 04/04/2008 n. 8772, ha anche sottolineato come le ragioni economiche debbano essere di “carattere non meramente marginale o teorico”.

La Suprema Corte nella medesima sentenza ribadisce che: “In definitiva, deve essere formulato il seguente principio di diritto cui dovrà attenersi il Giudice di rinvio: “non hanno efficacia nei confronti della amministrazione finanziaria quegli atti posti in essere dal contribuente che costituiscano “abuso di diritto”, cioè che si traducano in operazioni compiute essenzialmente per il conseguimento di un vantaggio fiscale; ed incombe sul contribuente fornire la prova della esistenza di ragioni economiche alternative o concorrenti di carattere non meramente marginale o teorico“”.

Nella stessa sentenza viene però ribadito che: “Per quanto attiene alla esistenza nel diritto comunitario di un “principio antielusivo” ovverosia della irrilevanza fiscale degli atti che costituiscano “abuso di diritto”, il Collegio ritiene di condividere le argomentazioni della sentenza 21221 che non si nasconde “le particolari cautele che devono guidare l’interprete nella ricostruzione di una vera e propria Generalklausel antielusiva” in quanto “deve essere riconosciuta la liceità dell’obiettivo della minimizzazione del carico fiscale; ed il ricorso a clausole generali non deve, a sua volta, rappresentare uno strumento di elusione del principio di legalità e della difesa del contribuente in materia d’imposizione fiscale. A cio’ si aggiunge l’esigenza fondamentale di non invadere il campo della liberta’ d’impresa, garantito dall’art. 42 Cost.“.

Il diritto del contribuente a scegliere la forma degli affari che consenta di limitare gli oneri fiscali è riconosciuto e garantito non solo a livello interno, ma anche a livello europeo. La Corte di Giustizia della Comunità Europea, nella famosa sentenza Cadbury Schweppes, ha affermato che la ricerca del risparmio fiscale mediante l’insediamento di strutture societarie in Stati membri che adottano un regime tributario favorevole, non costituisce di per sé comportamento censurabile evidenziando come:

“La mera circostanza che una società residente crei uno stabilimento seconda­rio, per esempio una controllata, in un altro Stato membro non può fondare una presunzione generale di frode fiscale, né giustificare una misura che pregiudichi l’esercizio di una libertà fondamentale garantita dal Trattato. Per contro, una misura nazionale che restringe la libertà di stabilimento è giustificata da motivi di lotta a pratiche abusive quando concerne specificamente le costruzioni puramente artificiose, prive di effettività economica, finalizzate ad eludere la normativa dello Stato membro interessato e, in particolare, ad eludere la normale imposta sugli utili generati da attività svolte sul territorio nazionale.”

Come si vede anche nella Sentenza di cui sopra viene evidenziato il concetto di “costruzioni puramente artificiose, prive di effettività economica

 

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